3. Una di notte

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Dopo averle spiegato il terribile combattimento che avevo dovuto affrontare, Elvia mi aveva fatto sedere sul divano del nostro alloggio e aveva preparato delle borse di ghiaccio, da posizionarmi sul viso. Lei era una donna forte, determinata e, per quanto ne sapevo, mi odiava. Ero sicura che avesse premura nei miei confronti in quel momento solo perché aveva paura che con il viso gonfio e ferito la mia arma segreta, che doveva essere proprio il fascino, era inutilizzabile.

-Non capisco.- Dissi. Elvia, che era seduta accanto a me, con lo sguardo perso nel vuoto, si voltò nella mia direzione. -Cosa non capisci? - Chiese. -So che ti preoccupi per me in questo momento solo perché non vuoi che io entri nell'arena con il viso rovinato, ma la cosa che non capisco è perché vuoi che vinciamo a ogni costo. A te non interessiamo, né io né Grover, quindi sicuramente non è perché ci vuoi salvare la vita. C'è una ricompensa in denaro? - Lei mi fissò, con uno sguardo duro, dopo si alzò dal divano e si incamminò verso la porta per uscire dall'alloggio. -Non è per il denaro e non è per salvare le vostre vite.- Disse chiudendosi la porta alle spalle.

Come avevo previsto non aveva risposto alla mia domanda. Odiavo sempre di più quella donna e sicuramente lei odiava me. Mi stesi sul divano, adesso che c'era lo spazio, e chiusi gli occhi. Senza volerlo il mio flusso di pensieri mi riportò a pensare a ciò che era successo con il ragazzo del 2. Durante il combattimento non sembrava avere avuto alcuna pietà per me, eppure dopo aveva addirittura voluto accompagnarmi al mio alloggio. Ma non era quello che mi mandava più in confusione. La cosa che mi turbava di più era che lui sembrava voler escogitare un modo per non entrare nell'arena, era possibile? Voleva rischiare tutto per provare a fuggire? Era assurdo, non ci sarebbe mai riuscito, in più, avrebbe risvegliato l'ira di Capitol City. Pessima idea. Un'altra parte di me, però, avrebbe voluto aggregarsi a lui. Prima di poter valutare questa seconda opzione, caddi in un sonno profondo.

***

M svegliai improvvisamente quando sentii qualcuno toccarmi i piedi. E una voce squillante iniziò a gridare.  -Non ci siamo proprio, non ci siamo. I piedi sul divano non si mettono. Possibile che a voi dei distretti non vi insegnino nulla? - Aprii gli occhi e tolsi i piedi dal divano, sedendomici semplicemente. A urlare era stata la donna dai capelli rossi che aveva estratto i nostri nomi sul palco. Se avesse scelto qualcun altro non mi sarei ritrovata in questa terribile situazione. -I piedi sul divano non si mettono, va bene?- Cominciò a passare freneticamente le mani sulla stoffa, come se la volesse pulire da non so che cosa, visto che era candida come tutto il resto del divano.

Ripresi le forze e mi alzai. -Che ore sono? - Chiesi. Mi voltai e mi accorsi che la tavola era già apparecchiata e il cibo era già pronto sul tavolo. -Ora di cena.- Disse la donna.

Nonostante anche il giorno precedente avessi cenato con lei, comunque non ricordavo ancora il suo nome. Mi incamminai verso il tavolo e mi sedetti vicino a Grover. Non ci parlavamo molto, eppure era quello che potevo considerare più di tutti un amico in quel momento. Elvia mi lanciò un'occhiata e cominciò a mangiare quello che era già servito nel suo piatto. Abbassai lo sguardo e vidi una massa rossa e dura sul mio piatto. Guardai la donna dalla voce squillante, che ci aveva seguiti e si era seduta vicino a Elvia.

-Aragosta. - Disse. Io annuii e impugnai forchetta e coltello. Non ne avevo mai vista una e non avevo idea di come si mangiasse, così mi voltai verso Grover, che aveva rinunciato alle posate e mangiava con le mani cercando di scavare tutto ciò che c'era dentro. -Davvero non sai cos'è un'aragosta?- Chiese la donna, impugnando le posate. Cominciai a imitarla, mi sembrava il modo giusto per  mangiarla.

-Nel mio distretto avevo scelto storia antica come indirizzo, non scienze. Per questo non la conosco.- Dissi semplicemente, non avevo mai sentito parlare di quell'animale. Portai nuovamente lo sguardo sul mio piatto e sentii la donna ridacchiare con la sua voce squillante. -Storia antica, sembra interessante. - Disse. -Lo è. Purtroppo ciò che si sa è semplicemente ciò che ci viene tramandato oralmente. Non sono pervenute molte testimonianze scritte.- Dissi, ma la donna sembrava già aver perso interesse e aspettava che io finissi di parlare per poter dire qualcosa lei stessa. -Io ho studiato scienze politiche, invece, e guarda dove mi sono ritrovata. Mangio con voi, che siete, insieme agli altri tributi, i più acclamati di Panem e lavoro addirittura per il presidente Campbell.- La donna sorrise emozionata e si perse nei suoi pensieri. Nello stesso momento Elvia sgranò gli occhi, ma rimase in silenzio, a mangiare. Solo il nominare il presidente Campbell faceva provare sentimenti diversi a coloro che ti stavano intorno, per lo più, come nel caso della donna dalla voce acuta, quel sentimento era amore, desiderio. Nel mio di caso, invece, era terrore.

Hunger Games: LE ORIGINIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora