1-Addio Manhattan

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[Chiedo scusa per gli eventuali errori, questa è stata la mia prima storia è devo ammettere che ha bisogno di una buona revisione]

Jennifer

Non è così che doveva andare.
Sono seduta su questa panchina, da così tanto tempo che non sento più il sedere, da bambina amavo molto questo parco.
Ci venivo sempre con la mamma, mi sedevo qui, solo per fissare la statua che si trova al centro del parco. Rappresenta una donna con il viso verso l'alto, una mano sul cuore e l'altra lungo il fianco che stringe una rosa. Mi ha sempre affascinata, ai suoi piedi ci sono tante rose colorate, tra cui spicca un piccolo cespuglio di rose nere, sembrano fatte di velluto, e le lunghe spine appuntite intimoriscono chiunque voglia avvicinarsi.

Un enorme orologio posto su un palazzo difronte al parco segna mezzanotte, lascio andare un sospiro che si perde nell'aria gelida della notte creando una nuvoletta, mi alzo per incamminarmi verso la metropolitana lasciando alle mie spalle il parco immerso nel buio, le poche persone che ci sono a quest'ora fanno parte di poche categorie, spacciatori, prostitute oppure clienti di uno o entrambi.

Senza neanche badare a dove vado entro nell'unico treno che è rimasto, forse grazie ad un ritardo non passerò la notte al gelo, ma dove vado? Nel mio zainetto azzurro ci sono solo un paio di calzini, un maglione e pochi dollari.
Mi lascio cadere sui sedili di plastica grigi e cerco di mettermi comoda per quanto sia possibile, in tutto il vagone saremo sei o sette persone e nessuno fa caso a me, mi stendo cercando di trovare un po' di calore, mentre due ragazzi salgono sul vagone e si siedono proprio nei posti difronte ai miei, naturalmente gli altri venti posti liberi non li hanno considerati minimamente.
Bisbigliano da un tempo indefinito, ormai il treno ha lasciato la stazione ed io continuo a fingere di essermi addormentata, ma ho una strana sensazione, un groviglio allo stomaco così intenso da farmi quasi tremare. Sento uno spostamento d'aria e una mano sfiorare la mia testa, istintivamente prendo il coltellino svizzero che mi regalò papà e mi alzo facendolo scattare con un tic sordo vicino alla gola del ragazzo che ha provato a toccarmi.

Non sembra per nulla sorpreso della mia reazione, anzi sorride beffardo, le sue carnose labbra sono incurvate all'insù mettendo in mostra delle meravigliose fossette. Risalgo lentamente con lo sguardo fino a cadere in due enormi pozzi neri, uno tsunami di emozioni esplode nel mio petto non facendomi capire più nulla, il cuore martella nel petto e le mani tremano leggermente.

«Smettetela di fissarvi in questo modo, vi state scopando con gli occhi!»

Giro la testa così veloce da riuscire a sentire in clic alla base del collo, riservo al ragazzo che ha appena parlato uno sguardo glaciale.
Il biondo mi osserva con un sorriso mozzafiato, i suoi occhi nocciola mi osservano senza alcuna malizia, forse con curiosità, ma nulla di più, devo ammettere che è davvero molto bello.

« Ma cosa cazzo fai?» sbotto riportando la mia attenzione al moro.

Mi ero talmente distratta, che non so neanche come sono finita seduta sulle sue gambe, mi tiene ferma con un braccio, mentre con la mano libera richiude il coltellino e lo rimette negli stivali.

«Non ho intenzione di farti del male»
Ha una voce calda e roca, sento il suo respiro vicino all'orecchio, un profumo di muschio bianco mi invade le narici.

Ma non mi farò ingannare dal suo fascino, gli tiro una gomitata nello stomaco e scappo via afferrando lo zaino al volo, fortuna che il treno si è fermato ad una stazione.

Prima che riesca a scendere dal treno il mio braccio viene bloccato dalla presa forte del moro.
«Cosa cazzo vuoi?» urlo attirando l'attenzione delle poche persone presenti sul vagone.
«Voglio solo aiutarti» sussurra con uno sguardo sincero.
«Non ho bisogno del tuo aiuto»
Rispondo fredda per poi liberarmi dalla sua presa e scendere dal treno.

L'aria fredda di New York mi colpisce in pieno volto, siamo a metà novembre le strade sono piene di neve, e le strade iniziano a colorarsi di luci e addobbi natalizi.

Inizio a correre come una disperata per allontanarmi il più possibile da quei ragazzi. Mi infilo nei vari vicoli di questa città, ho bisogno di un riparo e magari un po' di cibo.
Una scena orribile mi blocca all'istante, ho appena girato un angolo e trovo due tipi che stanno picchiando una ragazza.

Uno la tiene per le braccia mentre l'altro è fermo davanti a lei.
«Sai Scott penso che mi divertirò un po', prima di rimandarla dal fratello»
Entrambi ridono in modo disgustoso, non posso andarmene e lasciare la ragazza da sola. Anche se ricoperta di sangue, si nota la sua bellezza.
I suoi lunghi capelli neri ricadono su un lato, lasciando esposto il viso bello e delicato.
Come ci sarà finita in questo vicolo sperduto?

«Vorrei divertirmi anche io se non vi dispiace, o vi divertite solo con ragazze che non possono difendersi? »

Bene ora che ho attirato la loro attenzione, dovrei farmi venire un'idea.
Il tizio che ha parlato prima sorride in   un modo che fa venire ribrezzo.  È un ragazzo molto alto e robusto, ha capelli castani e ricci, una cicatrice gli sfigura la guancia destra. Mentre sul collo si intravede un tatuaggio che va a scomparire nel maglione.

L'altro invece quello che dovrebbe essere Scott ha capelli neri rasati, muscoloso con la faccia da idiota.
«Non essere gelosa dolcezza» ridacchia lo sfregiato mollando il viso della ragazza e venendo verso di me.

«Ora vedrai come ti faccio divertire»
Adesso si che ho i brividi devo inventarmi qualcosa.
«Scappa presto» mugola la ragazza con la voce spezzata.
«Zitta troia» Scott le molla un ceffone così forte da farle sbattere la testa a terra, questa è una di quelle occasioni dove vorrei davvero potermi trasformare in un supereroe e massacrare di botte questi animali, ma purtroppo sono solo una ragazza magra e sfinita.

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