17. ANGELO CADUTO

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Da allora cominciammo a frequentarci regolarmente. Dedicavo a lui ogni minuto del tempo che avevo, e a volte anche quello che non avevo. Presto sviluppai una sorta di dipendenza da adrenalina, data dal non sapere mai come sarebbe andata la giornata.

Stargli vicino non era sempre facile.

Spesso era di cattivo umore il che lo portava a innaffiare di supponenza tutto ciò che gli stava intorno, me compresa. Un giorno fu particolarmente maligno, allora, esasperata chiesi:

-Perché lo fai?

-Cosa?

-Odi tutto e tutti, li annulli.

-Non è vero.

-Te lo si legge in fronte.

-Oggi ho mal di testa.

Avevo rinunciato a una spiegazione diretta e rimandato la comprensione di quella parte del suo carattere a una conoscenza più approfondita.

Certo, ribaltare gli schemi precostituiti faceva parte del suo essere, nel bene e nel male. Per me significava mettermi costantemente in discussione. Ma comportava anche, nelle giornate buone, avere un compagno vulcanico, che, libero da qualsiasi limite autoimposto, si lanciava in mille imprese in cui lo seguivo a testa bassa e senza mettere le mani avanti, ridendo e correndo senza fiato.

Giocavamo, come bambini, ovvero nel più serio dei modi possibili. Potevamo avere tutto e subito, per il semplice fatto che eravamo noi a immaginarlo. Non era una fuga dal mondo reale, ma il modo migliore per divorarlo senza freni.

Parlavamo di tutto e a volte di niente. Le nostre conversazioni partivano dall'archeologia, per passare al social media managing, sfociando poi nel dissertazione sul dramma teatrale novecentesco, per concludersi con la visione a ciclo continuo dell'ultimo video di you tube sui gattini doppiati in dialetto.

Spesso ci concedevamo anche lunghi silenzi.

Nei periodi più difficili della sua carriera da musicista, si era mantenuto anche grazie alle sue conoscenze nel campo del montaggio video, passione che non aveva smesso di riempire le sue giornate fra un concerto e l'altro.

Mi iniziò a quell'arte e spendemmo innumerevoli pomeriggi a zonzo per Milano, con la fotocamera in mano nel tentativo di carpire il segreto di quella gente inquieta.

La bellezza dell'uomo comune era una fonte di stupore a cui ero sempre stata sensibile ma poterla condividere con qualcuno era le letteralmente elettrizzante. Cominciammo a catturare storie in immagini.

Da dietro il mio obbiettivo, contemplavo la poesia di un artista di strada travestito da angelo sciupato, il fascino di una bella donna seduta sul tram e avvolta in un cappotto rosso, la tenerezza di un ragazzo che cammina per strada sorreggendo un mazzo di fiori più grande di lui.

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