6. VERNISSAGE E LAVATRICI

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Si fece vivo il pomeriggio seguente con un messaggio. Io ero a lezione.

-Ciao. Ti va di vedere una mostra?

-Hei! Perché no, quando?- Pacata traduzione della mia ola interiore.

-Ora. Sto andando alla metro. Ti aspetto lì.
'Ma tu guarda questo! Cioè, crede che aspetti lui, che non abbia niente da fare, che basti un messaggio per farmi correre'.
Ci pensai un po' su, mi maledissi e poi:
-Ok arrivo- Risposi.
Radunai le mie cose. E corsi.

L'esposizione era dei lavori di una sua conoscente. Quando mi strinse la mano mi sentii inondata dal candore del suo sorriso. Era una bellezza. Aveva tratti delicati e un incarnato olivastro che faceva da contrappunto ideale alla dentatura smagliante. Il suo viso parlava di un'attitudine energica e di quotidiana serenità. Mi piacque subito.

Purtroppo, niente di tutto ciò traspariva nella sua opera, che spiccava per il suo piattume desolante. Mi sforzai comunque di osservare con compunzione, mentre ci illustrava ciascuna tela. Era adorabile.

Durante il viaggio di ritorno in metro, Aydin mi chiese:

-Ti è piaciuta?

-Sì- Mentii educatamente

-A me no.

-Meno male.

-Posso fare di meglio.

-Ma dai.- Trovavo irresistibile e sconcertante quella sua spensierata arroganza.

-Organizziamo una mostra.

-Con cosa?

-Con delle lavatrici.

-Oddio

-Masssssì ascolta: andiamo in discarica, recuperiamo qualche rottame, lo aggiustiamo ed è fatta.

-Ma non mi dire...

-Certo. Poi in una sala piazziamo tre o quattro lavatrici con la centrifuga attiva. Dentro una ci mettiamo le pagine strappate di qualche tomo letterario, nella seconda dei soldi e nella terza, che ne so, magari i vetri rotti di un' automobile.

-Mi sa che quelli rischiano di intopparla, la centrifuga..

-Chiamiamo l'installazione 'capitalismo ready made' o qualcosa del genere- concluse.

Cominciavo a chiedermi se avessi a che fare con un genio incompreso o con un demente inveterato. Lì per lì optai per la seconda. Considerai anche la possibilità che mi stesse garbatamente pigliando per i fondelli.
Ad ogni modo, impiegammo il viaggio di ritorno in un'ilare conversazione riguardo altri tipi di installazione che avrebbero potuto far parte di quella collezione sconclusionata, considerando phon, forni a microonde e qualsiasi elettrodomestico da listino.

Fu un pomeriggio incantevole.

Quando, il giorno seguente, mi arrivò il suo messaggio, stavo ancora scarabocchiando distrattamente, sul mio quaderno degli appunti, cartelloni pubblicitari con mirabolanti centrifughe stilizzate.

Era un invito a cena.
A casa sua.
Accettai.

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