22. SOLE

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Dopo quel giorno, decisi dunque di rimettermi in riga. Passavo spesso i pomeriggi a casa di Aydin, studiavo e disegnavo abbracciata dalla luce obliqua e dorata che penetrava dalle vetrate del soggiorno, mentre lui si esercitava al piano.
Il coinquilino, Pietro (che si era guadagnato il nome proprio di persona visto che mi ero praticamente trasferita da loro) non era quasi mai a casa, il che la rendeva un luogo ideale di pace e concentrazione.

Mai come in quel periodo fui prolifica ed ispirata. In pochi giorni recuperai il ritardo che si era accumulato e avanzai ben oltre la mia consueta velocità di crociera.
A volte, se il pezzo su cui stava lavorando mi piaceva particolarmente, abbandonavo per qualche minuto il mouse e la rigida ortogonalità dello schermo, per ritrovare la morbidezza del polso che accarezza la carta e le racconta con mille toni una fiaba in musica.

Il momento che preferivo era il tè di metà pomeriggio. Come una distinta coppia inglese, spesso ci concedevamo una pausa. Quando decideva che era l'ora, Aydin interrompeva la sua attività e si dirigeva in cucina senza proferire verbo, per poi rispuntarne fuori con due tazze fumanti.
Un pomeriggio ero talmente assorbita da una planimetria, che non si decideva in alcun modo a risultare lontanamente credibile, che inavvertitamente mi si era materializzato davanti, immobile, con i due recipienti in mano.

Mi osservava. Ricambiai lo sguardo.

-Sei bella- sancì.

Accettai il responso senza ribattere.
Mi porse la tazza e ci nascosi dentro un sorriso.

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