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Percy aveva sempre odiato i segreti.
Forse perché non riusciva mai a mantenerli, o forse perché gli sembrava sempre di sbagliare.
Preferiva agire alla luce del sole, senza nascondere niente e parlando chiaramente.
Lui l'aveva sempre pensata così: odiava le parole non dette, o magari sussurrate all'orecchio e tenute nascoste a tutti i presenti.
Non sopportava neanche quando Annabeth, nel bel mezzo di una cena fra amici, gli si sedeva sulle ginocchia e gli sussurrava "Ti amo".
Perché sussurrare una cosa del genere? Lui credeva che la sua ragazza dovesse urlarglielo il suo amore, come lui lo urlava a lei.
Eppure adesso egli stesso nascondeva qualcosa.
E quel qualcosa era così grande che se fosse stato rivelato sarebbe potuto andare in fumo ogni cosa.

***

Il biglietto che aveva trovato nella cassetta della posta parlava chiaro. Apple Street 17.
Mentre lo stava leggendo, Annabeth gli si era avvicinata e lo aveva abbracciato.
Per fortuna, Percy era stato abbastanza veloce da nascondere il biglietto nella tasca della felpa.
Ricambiò l'abbraccio, poi si diresse nella sua camera.
Lei lo seguì, osservandolo mentre si allacciava la camicia blu mare che gli metteva in risalto gli occhi verdi.
-Dove vai?- gli domandò, appoggiandosi alla cornice della porta e incrociando le braccia.
-Ho delle commissioni da sbrigare per conto di Jason.- mentì lui.
-Ma... Non le avevi fatte venerdì?
Percy imprecò mentalmente per aver sottovalutato Annabeth.
Lei era troppo intelligente.
-Ehm... ci hanno dato del latte scaduto e dobbiamo compilare un modulo per il risarcimento.
-La prossima volta stai più attento- disse Annabeth, prima di voltarsi per andarsene.
Percy tirò un sospiro di sollievo.
Era stufo di mentire alla sua ragazza da cinque anni.
Tutto ciò sarebbe dovuto finire.

***
Apple Street non era altro che un vicolo.
Puzzava di pesce avariato e probabilmente era pieno di topi che si nascondevano nei tombini. Bussò al numero 17, attendendo che gli aprissero.
E quando Luke Castellan, vivo e vegeto, gli aprì la porta, Percy non era mentalmente preparato.
In quegli ultimi anni si erano visti forse tre volte in tutto, ma nonostante ciò per lui, Luke era morto. Per mentire a tutti quanti doveva per primo esserne convinto lui.
Luke sorrise, il volto più magro e scavato dell'ultima volta.
Fece spazio a Percy per farlo entrare, e lui non esitò.
L'appartamento era un monolocale buio e con un'unica finestra.
Da una parte c'era il letto, dalla parte opposta un piccolo tavolino e un cucinino.
Però era pulito ed ordinato.
Si sedettero al tavolino, e si guardarono negli occhi per qualche istante.
Poi Percy esordì:- L'hai trovato?
Luke rise amaramente:- Non ancora.
-E quanto pensi che ti ci vorrà ancora?! Sono stufo di mentire ad Annabeth.
Luke alzò lo sguardo:- E pensi che io non sia stanco di questa esistenza? Ogni due giorni cambio appartamento, vado in giro camuffato per non farmi riconoscere. È stancante, sai?
-Immagino. Almeno dimmi che hai una pista, ti prego.
Luke annuì:- Sì. Devo verificare, ma le premesse sono buone.
Percy soppesò le sue parole, in silenzio.
I loro incontri erano così.
Si scambiavano informazioni, e poi si zittivano, ognuno perso nei suoi pensieri.
Luke prese un respiro profondo, prima di dire:- Lei... lei come sta?
Percy si stupì.
Non aveva mai chiesto di Talia.
-Vuoi sapere come sta adesso, o come ha affrontato la tua presunta morte?
-Entrambe.
-È stato difficile, all'inizio. Ho avuto seriamente paura che non si sarebbe ripresa. Ora va meglio, anche se non esce con nessuno. Non ancora.
-Ieri sono andato nel mio vecchio appartamento. Era notte fonda.
Sono arrivato nel parcheggio e l'ho vista uscire dal portone.
-Perché sei tornato al tuo vecchio appartamento?
-Non lo so. Ogni tanto lo faccio.
Forse perché quando hai nostalgia del passato, ti aggrappi a tutto ciò che ti ha reso felice.
Ed io, lì, sono stato felice con lei.

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