23 Novembre 2016

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Anastasia.

Il bip della moka elettrica indicava che il caffè era pronto.

Si diresse verso il bancone della penisola sollevando i lunghi capelli rosso rame, fermandoli con un elastico mentre canticchiava l'ultima canzone dei Coldplay che stavano trasmettendo sul canale di musica satellitare.

Sentire musica. La prima cosa che faceva appena alzata.

La seconda era quella di spalmare con la Nutella i suoi amati pancakes per poi piegare il disco di pastella fritta a metà, facendo combaciare perfettamente i bordi. Prese lo zucchero a velo e diede una bella spolverata a quei sofficini deliziosi che la aspettavano in trepidante attesa sotto i suoi occhi.
Invitanti e goduriosi.

Questo era il suo rituale di ogni mattino davanti al quotidiano aperto, sopra il bancone della cucina.
Prese posto sull'alto sgabello e cominciò a mangiare.

Mentre assaporava ogni singolo boccone buttò lo sguardo sulle notizie del giorno fino a quando non trovò quella relativa al ritrovamento dello scheletro, che occupava un trafiletto di cinque righi a margine della pagina, giusto il necessario per informare.

Nel versare il caffè nella tazzina il suo pensiero andò su Vittorio e a quello che si erano detti durante la breve pausa che si erano concessi dopo l'ispezione cadaverica, nel vecchio capannone dismesso.

Era nei casini ma Anastasia non poteva aiutarlo, e non aveva una soluzione per il suo problema.
Non lo aveva mai visto così tormentato durante i loro dieci anni di matrimonio, prima del pomeriggio di ieri.

Neanche quando lo scoprì in flagranza di corna con una collega del suo commissariato, Irene Barbato, sposatissima e dedita al lavoro come poche ma saltimbanca come nessuna.
Sopratutto con i colleghi. Del turno di notte.

Il tallone d'Achille del suo ex marito erano le donne.
Non sapeva resistere, era più forte di lui.

Questo era stato il motivo del loro divorzio e di gran parte dei suoi problemi. Anche di quello attuale.
L'ennesimo tradimento alla sua attuale compagna che aveva avuto un esito ben diverso da tutte le altre scappatelle.

Questa volta ci aveva rimesso lo zampino. Lasciando incinta l'amante.
E non un'amante qualsiasi, ma la procuratrice Letizia Anselmi che non gliel'avrebbe fatta passare liscia. L'avrebbe rovinato.
Nel vero senso della parola.

Ma lui liscia la voleva passare scappandosene all'estero, dove due università americane lo allettavano con proposte di incarichi ben retribuiti per cattedre di antropologia forense e ricerca scientifica di antropologia fisica.

«Questa volta sono nella merda, Ana.»

«Vittorio, non parlare così. C'è un bambino nel mezzo. Prenditi le tue responsabilità, ormai sei un uomo fatto e finito.»

«Ma capisci che è stato solo sesso? Che dovevo fare? Finta di nulla davanti alle sue avances?»

«Hai detto la stessa cosa quando ti sei scopato la dog sitter, la banconista e l'avvocato, che adesso è la tua compagna! E non dimentichiamo quella puttana di Irene, per giunta dentro la mia macchina! Ma quando la finirai e te la terrai un po' a riposo dentro i pantaloni, Vittorio!»

«Non parlare così. Alla fine è una brava ragazza, tutta casa, lavoro e figli.»

«E sotto la divisa non porta le mutandine! Senti... ho le mie fonti. Certe. Non ti sentire l'unico perchè non sei stato e non sarai nemmeno l'ultimo.»

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