8 Dicembre. Parte IV.

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Andrea entrò in commissariato assieme alla Cattaneo, pochi minuti dopo che Diana Raimondi era stata mandata a casa con l'obbligo di sorveglianza.

Anastasia ed Enrico confabulavano fitto nell'androne, davanti alla macchinetta delle bevande e appena si furono riuniti, decisero di chiudersi in ufficio per fare il punto della situazione che si prospettava sempre più un grave; dopo la morte di Enzo Riolo.

Il secondo suicidio in due giorni.

Nei volti di tutti era visibile l'amarezza mista a sbigottimento, dopo essere venuti a conoscenza delle confidenze di Carmela Riolo, riguardo il ruolo del marito nella vicenda, e di Diana Raimondi, su quello che aveva visto quella sera nefasta.

«Minchia, lo sapevo! Me lo sentivo che Diego non c'entrava nulla, che era stato incastrato!»

Anastasia camminava avanti e indietro per la stanza, con le mani affondate nelle tasche del cappotto. « Adesso dobbiamo scoprire dov'è e cosa la Raimondi gli ha fatto, dopo aver capito che il suo sentimento malato non sarebbe mai stato ricambiato. Potrebbe averlo anche... ucciso» sentenziò pragmatica, inchiodando il passo di fronte ai colleghi.

Si sentiva stanca, esausta e affamata. Voleva mangiare e fare un bagno, voleva Ettore e il suo odore addosso, voleva il divano e il calore della sua casa. Voleva questo e altro, e non poteva; chiusa com'era dentro una sterile stanza di uno sterile e triste edificio pubblico.

Anche lo scarno alberello di Natale era triste e sterile. Tutto lo era.

All'improvviso, le venne da piangere. Senza un motivo preciso.

Le venne in mente che era incinta, e forse era normale sentirsi così malinconiche, di colpo.

è tutta un problema di Gonadotropina Corionica, Ana.

«Potrebbe essere arrivata a tanto?» chiese Amelia, interrompendo il flusso dei suoi splenici pensieri. Nessuna notizia sembrava trapassare il volto indecifrabile della sua dirigente, solo gli occhi, attraverso le lenti degli occhiali, baluginavano di vivo interesse per le informazioni appena raccolte.

«Lo temo. Le aspettative di un amore non corrisposto, covato per anni, può portare a fare cose o commettere gesti inconsulti e molto cattivi. Specialmente in un soggetto egoista e bipolare come la Raimondi» le rispose asciutta Ana.

«Adesso sappiamo pure chi ha fatto sparire Agata e Tito» intervenne Andrea, «e prepariamoci al peggio anche per loro. Dobbiamo fermare e prendere Alfa... e troveremo i ragazzi.»

*

Andrea e Anastasia presero posto davanti alla lunga scrivania bianca di un'asettica stanca monocolore dov'era stato portato Tancredi, piantonato a vista in attesa di essere trasferito nella casa circondariale disposta dal giudice. Lo trovarono seduto a capo chino, con i gomiti puntati sulle ginocchia divaricate. Batteva nervosamente la punta della costosa scarpa in pelle sul pavimento, tenendo le dita intrecciate sospese in mezzo alle sue gambe. Il suo difensore era arrivato qualche minuto prima del loro arrivo, senza avere il tempo di scambiare due chiacchiere col suo assistito.

La voce granitica del Commissario Capo Sinaglia riempì l'ambiente. «Tancredi La Mantia, Lei è formalmente accusato di aver ucciso con un oggetto contundente Stefania Roggio, la sua giovane amante, la sera del trentuno ottobre duemilasei, all'interno del magazzino esterno di Rosario Rizzi.»

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