7 Dicembre. Parte II.

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Chiusa nel suo ufficio, Anastasia sorseggiava un caffè insipido e dal gusto orribile come solo un espresso della macchinetta riusciva a essere.

Si era presa qualche minuto di pausa dalla trascrizione al computer del verbale dell'interrogatorio di Zampi, Riolo e Lombardo. Immaginare quella ragazza gettata viva come se fosse un sacco della spazzatura, le sconquassava lo stomaco; ma al tempo stesso il cuore le si riempiva di speranza.

C'erano tutti i presupposti di una revisione processuale, in quanto a Diego Rizzi avrebbero finalmente riconosciuto l'estraneità dei fatti per la morte di Laura Palmer, grazie all'apporto delle nuove prove. Immersa in un limbo di totale relax, si accorse del ronzare del telefono e vide il nome del suo ex marito apparire sullo schermo.

«Dimmi Vittorio» esordì a mo' di saluto.

«Ciao Anastasia. Senti...» sospirò, «posso dirti che è stata molto interessante questa indagine su un corpo mummificato di una ragazza così giovane. Non ho tutte le analisi pronte, ma dagli esami effettuati, ho rilevato sulla vittima un mix di sostanze che hanno bloccato la normale decomposizione del corpo, permettendone la stasi. Le sto facendo analizzare. E poi...ho scoperto un'altra cosa.»

«Spara.»

«Il colpo ricevuto sulla parte sinistra del cranio è stato inferto con un corpo contundente abbastanza pesante, non appuntito e dal basso verso l'alto. Le lacerazioni nella hat brim line parlano chiaro.»

«Dagli atti risulta essere una mazza, tipo da baseball, poi ritrovata in un terreno poco distante dalla casa del Rizzi. Posso chiedere ai RIS la comparazione delle impronte digitali. Certo è che il dettaglio della brim hat è molto importante, Vittorio.»

«È fondamentale. Come sai è una zona specifica del cranio dove le lesioni risultano fatali per la maggior parte dei soggetti che subiscono dei traumi, e fattori concordanti mi hanno fatto propendere che i colpi siano stati intenzionali»spiegò. «Ho anche isolato una traccia estranea di DNA nella zona vaginale.»

«Non potevi darmi notizie migliori. Grazie Vittorio.»

«Figurati. Ti farò sapere appena saprò qualcosa dal laboratorio.»

Lo sentì esitare. Non era da lui.

«Vittorio, che hai? Tutto bene?» chiese, apprensiva.

«Insomma...» tentennò, «ieri Letizia ha chiamato Roberta, la mia compagna... e le ha detto tutto.»

«Oddio!... e che è successo?»

«Ha voluto sapere la verità. Mi aspettava al varco, appena messo piede in casa. Peggio di un interrogatorio della Gestapo. Per poi farsi un borsone e andarsene da casa mia, dopo che le ho detto le cose come stanno. Devo pure ringraziarla per non avermi tirato un coltello in pieno petto, sconvolta com'era.»

Era sul punto di fargli una ramanzina coi fiocchi, ma decise di non infierire. Restava sempre lo stesso, ma non riusciva a rimanere indifferente davanti alla preoccupazione che traspariva dalla sua voce. L'uomo che aveva sposato e che l'aveva tradita non sarebbe mai cambiato.

Lei lo sapeva. Le altre, no.

«E adesso? Cosa farai?»

«Io non amo Letizia. E lei l'ha sempre saputo anche se mi ha incastrato con la gravidanza, anche se mi ha minacciato che me la farà pagare. L'ho rassicurata che il bambino non sarà un problema, me ne assumerò ogni responsabilità, com'è giusto che sia. Ma non voglio vivere con lei» replicò, sommesso. «Il problema, semmai, è restare con il rimorso di aver perso l'unica donna che amavo davvero e ... l'ho capito troppo tardi, quando mi ha sbattuto la porta in faccia. Sono proprio un gran coglione. Non me lo perdonerò mai.»

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