•Anastasia•
Sedute sul divano, di uno spartano e umido salotto, si osservavano a vicenda. La persistente scia olfattiva di muffa nell'aria le stava facendo venire un'emicrania paurosa.
Aveva appena comunicato a Katrina Palmer che i resti di sua figlia avrebbero, a breve, lasciato l'Istituto di medicina legale; per far ritorno a casa. Sentì la necessità di condividere con lei il suo pensiero, dopo averle posto delle domande sulla relazione che avevano avuto i due ragazzi, in precedenza.
«Ho studiato a fondo la documentazione sul caso di Laura. Non mi fraintenda su quello che sto per dirle ma, quando ho detto a Diego del ritrovamento dello scheletro, mi ha dato veramente l'impressione che non ne sapesse nulla. La sorpresa era evidente. Con questo, non sto mettendo in dubbio la sentenza» mentì, sfacciatamente.
Gli occhi inespressivi di Katrina erano fissi su di lei. Impassibili, come se fossero di vetro. La vide stringere le labbra in una linea dura e sottile, cominciando a parlarle dopo qualche minuto.
«Io non penso più a quella notte maledetta, mi creda. Altrimenti mi sarei buttata dalla scogliera, per raggiungere mia figlia» disse con voce piatta, indicando con la mano una pila di fogli, accatastata sopra il ripiano della cucina.
Proseguì. «Guardi lì cosa c'è da pagare. Prima lo stipendio di Jimmi serviva a pagare le bollette e le tasse. Ora lo sperpera alla tavernetta, ad alcolizzarsi; per anestetizzare la mancanza della nostra unica figlia. Quindi mi arrangio come posso, con lavori saltuari, per non finire come i Rizzi, sul lastrico. Non ho mai avuto il privilegio di lasciarmi trasportare via dal dolore, altrimenti vivremmo sotto un ponte. Ho sempre creduto di vedere tornare Laura, per poterla seppellire vicino casa; per non lasciarla mai più sola. Questa è stata la mia unica forza nell'andare avanti.»
In assoluto silenzio, Anastasia ascoltava, senza interrompere. Troppe volte si era ritrovata in quella situazione; con davanti una madre annientata dalla tragedia. Si chiedeva sempre quanta forza ci volesse per affrontare ogni singolo nuovo giorno, sapendo che nulla sarà più come prima. Continuava a fissarla, mentre Katrina proseguiva il suo monologo.
«È stato terribile sapere che era stato Diego, lo abbiamo visto crescere, conoscevo i suoi genitori. Mio marito lo allenava nella squadra di calcio, dicendomi sempre che aveva un tocco magico sul pallone. Era il suo pupillo» mormorava, amareggiata, con voce sempre più flebile. «Lo adorava quasi come fosse un figlio.»
«Non volevo farle rivangare ricordi così tremendi e dolorosi. Mi spiace.»
Si sentì in colpa per aver girato il dito nella piaga, continuando a farle domande su quella storia; spinta da una forte sensazione che qualcosa non tornava.
Decise che era arrivato il momento di andarsene, congedandosi dalla signora Palmer. Uscendo dalla villetta e attraversando il cortile, vide il marito intento a potare le siepi con una grossa cesoia. Anastasia gli si avvicinò, per farsi vedere. Voleva comunicargli che presto avrebbe potuto riavere i resti di Laura.
Lui si voltò appena, guardandola in maniera sdegnata da sopra la spalla; come se avesse intravisto un topo di campagna.Simpatia portatelo via.
«Ho da fare e non ho tempo da perdere» gli disse in maniera scontrosa, non smettendo di potare l'arbusto che aveva di fronte, senza neanche salutare.
Era con gli stessi vestiti che indossava l'ultima volta che lo aveva incontrato: uno sporco berretto con visiera, gli stessi pantaloni sformati che scendevano pericolosamente verso il basso, lasciando intravedere una disgustosa porzione del suo peloso fondoschiena, una sigaretta spenta nell'angolo della bocca, e un odore nauseabondo di sudore stantio come deodorante.

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La Rosa Eterna
Gizem / Gerilim[VINCITRICE contest - Gli Oscar Wattpadiani 2018 - in *MIGLIOR MONTAGGIO* e *PREMIO SPECIALE SUSPENCE*] Una doppia e misteriosa sparizione coinvolge un giovane uomo, Diego Rizzi, reo di non aver nessun ricordo e tanti indizi contro di lui. Per quel...