29 Novembre 2016.

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Agata.

Quel martedì mattina, ancora con il buio dell'alba novembrina, la ragazza non andò dritta per la fermata, come faceva di solito, ma deviò per lo stretto sentiero di campagna, diretta verso la casa di Diego. Doveva parlargli e non poteva aspettare.

Deve sapere chi è stato a ridurre così sua madre, pensava continuamente mentre camminava a passo spedito, impaziente di arrivare a destinazione.

Non c'era anima viva e il freddo le entrava fin dentro le ossa, condensandole il respiro in una spessa nuvoletta bianca evanescente.

Dopo pochi metri vide il retro del cortile delimitato da un'alta ringhiera, e una luce accesa che filtrava attraverso la persiana semichiusa della finestra.
Intuì che fosse la camera di Diego.

Appena poco prima di voltare l'angolo, le si pararono davanti due uomini con un passamontagna. Il cuore le arrivò in gola, ma non ebbe il tempo di gridare. Uno schiaffo talmente violento le fece perdere l'equilibrio, facendola cadere rovinosamente sul terreno fangoso.

Perchè?

Uno degli uomini le si mise cavalcioni, sopra le cosce, tappandole la bocca con un fazzoletto di tessuto, bloccandola col suo peso quasi a mozzarle il fiato.
Ma la paura, invece di annichilirla dal terrore, la caricò di un'adrenalina cieca e furiosa.
Solo da morta non avrebbe opposto resistenza e, ancora, non lo era.

Devo lottare per salvarmi.

Cominciò a dimenarsi e scalciare, tentando di liberarsi dalla mano che non le permettere di gridare. Opponeva resistenza anche verso il secondo uomo, che voleva bloccarle i polsi sopra la testa.

Perché ?

Poi, il calcio alle costole le tolse qualsiasi forza e un altro schiaffo, ancora più forte del precedente, le annebbiò la vista. Il sapore dolciastro del sangue in bocca le suggerì di non aprire gli occhi e di abbassare al minimo il respiro, fingendosi svenuta.
Il troppo dolore non le permetteva di ragionare e rimanere lucida.
E come poteva?

Mille aghi conficcati nella carne dilaniavano il suo respiro.

Il rumore di passi frettolosi che si dileguavano nel silenzio della campagna intorno le fecero capire che era sola, finalmente.
Le fecero capire che era ancora viva.

Mille aghi ricamavano nella sua carne fitte trame di sofferenza.

Dietro l'angolo c'era la porta della casa di Diego, solo pochi metri. Ma troppi per come l'avevano ridotta e conciata.

Devo farcela... devo alzarmi...

Lo fece, faticosamente, aggrappandosi alla ringhiera col fango addosso e il sangue misto a saliva, che le riempiva la bocca e il mento. Si passò il dorso della mano sulle labbra, e la vista del rosso intenso sulla pelle le provocò un violento capogiro.

Prese più fiato possibile e gridò con tutta l'aria rimasta nei polmoni il nome di Diego, rivolta alla finestra. Poi, sentì le gambe mancare, ritrovandosi a stringere forte la barra di ferro per non cadere.

Fu l'ultimo ricordo.

Una vertigine, pesante come la pece, la trascinò giù, facendole perdere consistenza e conoscenza.

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