Un piccolo panda

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Daniel's POV
-Jev! Jev apri questa cazzo di porta!- grido sbattendo i pugni sul legno. -Jev!
-Che vuoi?- urla il ragazzo nella stanza.
-Ho bisogno di aiuto! Ti prego.- supplico.
Apre la porta e mi squadra. -Per cosa?
-I punti. Penso che siano saltati, non lo so.- spiego, una mano premuta sullo stomaco. Rivoli di sangue scorrono tra le dita, e sento le ginocchia sul punto di cedere.
-Porco cane, Den. Entra.
Un'ora dopo, Jev mi ha ricontrollato i punti (non sono saltati, solo stirati per fortuna), disinfettato, cambiato le garze e imbottito di pillole varie.
-Non puoi andare avanti così.- ragiona -Devi andare in ospedale.
-Sono scappato da un collegio sette anni fa, pensi che dopo avermi guarito mi farebbero anche uscire?
-Almeno saresti vivo.
Jev è sempre stato il più apprensivo di noi. Non è mio amico, io e lui non ci troviamo, ma forse è quello più a posto qua dentro.
-Ce la fai a tornare in camera tua?- mi chiede.
Nella mia stanza mi cambio i vestiti sporchi di sangue e vado a letto.
Qualche ora dopo qualcuno bussa alla porta, svegliandomi. Davide entra senza che io dica niente e apre il mio comodino.
-Che cazzo stai facendo?- domando, lui non si ferma.
-Continua pure a dormire, ho bisogno di un po' d'erba.
-L'ho finita.- mento -Vai da mio fratello.
-Sul serio? Drew mi ha detto esattamente la stessa cosa.
Alzo le mani in segno di resa e lui sbuffa. -Terzo cassetto in basso a destra.- cedo.
-Grazie. Jacopo vuole che la bambolina stia ogni giorno con uno di noi a partire da domani, lo sapevi?- mi informa.
-No, ora comunque con chi è?
-Boh. Com'è che tutti siete così interessati a lei, comunque?
-Tutti?
-Già, poche ore fa Jacopo mi ha fatto la stessa domanda.- spiega.
-Quindi è con Jacopo?
-Non lo so, amico. Grazie per la roba, ci si vede.
Dieci minuti dopo sono in sala, Jacopo mi dà le spalle, sta fumando.
-Lei dov'è?- gli chiedo.
-Non lo so, cazzo. Non la vedo da ore. Mi fai un favore? Dai un'occhiata in giro.- ridacchia.
-Che hai fatto?- gli chiedo. In tutta risposta mi soffia il fumo in faccia. Fanculo.
Inizio dal pian terreno, stanza per stanza. La trovo in un bagno del primo piano, accanto al water, raggomitolata su se stessa.
-Bambi.- alza di scatto la testa, appena sente quel nomignolo. Ha il viso gonfio per le lacrime, i suoi bei occhioni marroni ora sono cerchiati di rosso e trema, posso addirittura sentire i denti che sbattono. Faccio un passo verso di lei e lei indietreggia di colpo, sbattendo la testa contro il muro. Geme dal dolore e ricomincia a piangere silenziosamente. -Ehi. Va tutto bene, ok?- sussurro inginocchiandomi davanti a lei. Sento la ferita pulsare ma la ignoro. Bambi gira la testa di lato, gli occhi chiusi, come se non mi volesse ascoltare. Sulla guancia sinistra ha un ematoma a forma di mano, cazzo. Non sono stato io, stamattina l'ho a malapena sfiorata, e per di più sono mancino: l'ho colpita alla guancia destra. Le afferro il mento con tre dita e la obbligo a guardarmi.
-Chi è stato?
Lei per tutta risposta stringe gli occhi solo per far uscire più lacrime. Le sfioro il livido, è gonfio e la sua pelle è gelata. Da quanto tempo è qui?
-Dai, andiamo.- le prendo una mano e la metto in piedi. -Forza, vieni.- provo a tirarla gentilmente ma rimane ferma. Mi avvicino a lei, sembra così piccola ora. I suoi sedici anni fanno effetto, nonostante sia alta è così fragile che potrei spezzarla con un dito. E forse è quello che han fatto. La prendo in braccio il più delicatamente possibile, e lei si arpiona a me come un piccolo panda.
-Ti porto a letto. Domani andrà meglio, vedrai.
La sento annuire e fruga nel mio collo con la testa.
La mia stanza è sul piano e decido di portarla lì, voglio tenerla sotto controllo. È strano, non la conosco nemmeno... Dovrei divertirmi con lei come stanno facendo gli altri, non proteggerla da loro. Non ho mai avuto riguardo per nessuno se non per Drew e mio figlio, quell'Istituto mi ha reso completamente anaffettivo, eppure eccomi qui. Cammino lentamente lungo gran parte del corridoio principale, poi né prendo uno più piccolo sulla sinistra, fermandomi davanti all'ultima porta. La ferita mi procura fitte lancinanti, quindi la apro con fatica. Zoppico fino all'enorme letto a due piazze, il copriletto blu notte, e ci adagio sopra Bambi.
-Cambiamoti.- borbotto, vedendo che indossa ancora quell'orribile maglietta di Spongebob. Prendo dal mio armadio una maglietta nera e dei boxer puliti dello stesso colore, poi torno da lei. È ancora nella stessa posizione in cui l'ho lasciata.
-Ce la fai?- le domando, porgendole i vestiti. Lei scuote la testa.
-Ok, Bambi. Ci penso io.
La metto seduta e delicatamente le sfilo la maglietta. Non ha il reggiseno, cazzo. Wow, non me lo aspettavo. Belle tette. Deglutisco e faccio finta di niente mentre le metto la mia t-shirt, poi la alzo in piedi e controllo. La maglietta le arriva fino a metà coscia, gliela arrotolo sui fianchi e infilo due dita nei boxer per toglierglieli. Per la prima volta lei reagisce, caccia via le mie mani dal suo corpo e schizza verso la porta, io riesco a bloccarla da dietro prima che la apra.
-Calmati. Calmati, non ti faccio niente.- provo a convincerla, ma lei continua a dimenarsi. -Calmati, cazzo!- la afferro per le spalle e la giro di 180 gradi, in modo tale che mi guardi negli occhi. Ha ricominciato a piangere e trema.
-Hai... hai- tu hai fatto come lui, i-io non...- balbetta, posso tranquillamente affermare che è terrorizzata. "Lui" chi? Chi l'ha ridotta così? Jacopo?
-Guardami.- le ordino scuotendola leggermente per le spalle. -Guardami. Io non sono lui, ok?
Annuisce e si lascia trascinare al centro della stanza. Eppure dentro di me so perfettamente di essere molto peggio di Jacopo, se voglio.
-Fidati di me.- sussurro, baciandole la fronte. Tengo le labbra premute sulla sua pelle mentre le mie mani viaggiano sul suo corpo, fino a sfilarle i boxer. Risucchio un respiro sapendo che è nuda difronte a me, sento già la costrizione dei jeans e spero solo che lei non senta il mio eccitamento. Mi inginocchio davanti a lei e le faccio passare i boxer sporchi per i piedi, sostituendoli con quelli puliti. Mi alzo e la guido verso il letto, la infilo sotto le coperte e le bacio ancora la fronte. Mi piace la sua pelle, è liscia. E lei ha la febbre. Impreco mentalmente e la corpo meglio, poi mi siedo accanto a lei. Mi assicuro che non guardi mentre allargo la cintura dei jeans, ho il cazzo così in tiro che inizia a farmi male. Devo distrarmi. Guardo l'ora: sono a malapena le cinque del pomeriggio, e ora che faccio?

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