Emma's POV
Daniel sbatte le palpebre un paio di volte prima di aprire gli occhi completamente. Le sue iridi azzurre sono ridotte a un filo dalle pupille dilatate che tremano cercando di mettermi a fuoco. Le sue mani fredde e sudate stringono convulsionatamente le mie, ha il respiro affannoso e il cuore che sembra minacciarlo di esplodere. Il suo volto, di solito con un colorito acceso, è bianco come un lenzuolo, con riflessi verdastri.
Non ha per niente una bella cera.
Appena è svenuto ho svegliato Jev, che è corso via alla ricerca di Drew. Mi ha detto che gli succede spesso di avere mancamenti simili, che è qualcosa legato al suo passato di cui solo Drew è a conoscenza, e che solo Drew può risolvere la situazione. Dopodiché è sparito, lasciandomi sola con un Daniel semi-morente e senza avere la benché minima idea di come comportarmi. Per un secondo ho pensato di scappare: approfittare della situazione, abbandonare Daniel e sgattaiolare via nella confusione generale, che poi tanto confusione non è dato che vede coinvolti soltanto tre di loro.
-Daniel.- dico quando sono sicura che mi stia guardando. -Cosa succede?
Non mi risponde, chiude gli occhi di nuovo e molla la presa sulle mie mani. Il suo corpo, che prima si era teso, torna molle e abbandonato. È successo di nuovo, cazzo. Forse dovrei metterlo sul mio letto, ma non posso pensare di essere in grado di sollevare quasi due metri di uomo. Sul cuscino, però, vedo il lecca lecca che per qualche strano motivo mi ha mostrato prima. Credo fosse per me, ma al momento sono sicura che sia più utile a lui. Mentre mi impegno a scartarlo, Daniel prende conoscenza di nuovo. La caramella è bella grande, ma con un po' di impaccio riesco a spezzarla dopo averla sbattuta ripetutamente contro la testiera del letto. Daniel mi guarda con espressione assente mentre mi accuccio di fronte a lui, gli porgo il pezzo di caramella e ordino:
-Mangia.
Solo che lui non mangia un bel niente: sta lì immobile e tremante, pallido, con gli occhi vitrei piantati sulla parete opposta.
Dovrei imboccarlo.
Spingo la mano verso la sua bocca: la caramella si scontra con le sue labbra gonfie, che si deformano appena. Sembrano così morbide...
-Apri la bocca.- mormoro piano.
Questa volta mi ascolta. Le sue labbra si separano di qualche centimetro, quanto basta per farci scivolare dentro il pezzo di lecca lecca, e stringersi attorno alle mie dita. I suoi occhi si incastrano nei miei, più presenti e accesi di prima, il suo volto sembra aver ripreso colore, e io mi costringo ad allontanare la mano dal suo viso.
-Stai meglio?- domando pochi secondi dopo, quando inizia a ciucciare la caramella.
Ancor prima che possa rispondermi, Jev e Drew si precipitano nella stanza e Drew si lancia letteralmente al fianco del fratello, circondandogli le spalle. Inizia a parlargli nell'orecchio concitato, ma a volume troppo basso perché io possa sentire.
Jev mi fa cenno di uscire dalla stanza, ma esito: vorrei rimanere qui, essere d'aiuto, non sentirmi così impotente. Sto per raggiungere la porta quando Daniel esclama, con tono sofferente e lamentoso:
-L'ho ucciso ancora, lo uccido ogni giorno, Drew!
Suo fratello mi rivolge un'occhiata preoccupata, poi torna ad occuparsi di lui. Gli fa passare un braccio attorno alle spalle e si lascia sedere accanto a lui borbottando un "Ehi, calmati".
-Li vedo morire ogni volta che chiudo gli occhi, muoiono come mosche a causa mia. Sono morto anch'io, morto anche io, questa non è vita, questo è l'inferno!
-Emma, cazzo, andiamo!- mi rimprovera Jev, mi afferra per un braccio e mi trascina fuori dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
-Ha bisogno di stare da solo con Drew.- si spiega, con tono di scuse.
-Ma che cos'ha?
Jev lancia un'occhiata alla porta assicurandosi che sia chiusa, prima di parlare. Si passa una mano sul volto contrito, si appoggia con la schiera al muro del corridoio, poi prende un respiro e inizia a spiegare.
-Non lo so di preciso, cos'abbia. Forse non lo sa nemmeno Drew. Spesso ha attacchi di panico, svenimenti come questo; la notte ha incubi su incubi. Non si è mai ripreso da un trauma a cui ha assistito da bambino, principalmente, e credo sia condannato a riviverlo in ogni momento. Non so cosa sia successo, ma dev'essere stato atroce. Tieni conto che tutta la sua famiglia è scomparsa in un brutto incidente quando era piccolo; potenzialmente potrebbe essere sufficiente a farlo stare male così. Ha passato tutta l'infanzia e l'adolescenza in una specie di orfanotrofio, dal quale è scappato; credo fosse uno di quei posti dove ti danno il benservito, dove cresci a suon di botte. Vivevano lì, lui e Drew, ma nessuno dei due ne parla mai. Dev'essere stato davvero brutto.
Improvvisamente ricordo la conversazione che ho origliato l'altro giorno, prima che Jacopo mi trovasse: Daniel e Drew parlavano di un istituto, del passato, di "stress post-traumatico". Quando l'ho svegliato la prima volta da un incubo, lui ha esclamato: "l'ho ucciso, ho ucciso mio fratello". Pensavo fosse l'argomento dell'incubo, non che fosse reale; ora ha confidato a Drew di "vederli morire ogni giorno a causa sua". Stress post-traumatico, incubi ricorrenti... sostiene di rivivere certe situazioni; e se gli incubi fossero ricordi, magari ampliati e modificati dalla sua testa? È indubbio che si senta in colpa per la sua famiglia; se ci fosse un fondo di verità su cui la sua psiche ha elaborato interi castelli?
-Si pensa responsabile per la morte della sua famiglia.- spiego a Jev.
Lui dà un'alzata di spalle e annuisce.
-Può darsi, chi lo sa? Daniel non parla mai di sé.
-Da quanti anni vi conoscete?
-Non ne ho idea; tre, forse quattro. Non siamo mai stati grandi amici però, anche se lui è forse la persona che rispetto di più qui dentro. Quando abbiamo iniziato a stringere un rapporto di sincero affetto, si è intromessa Meredith, una vecchia amica, e ci ha separati. Meglio così comunque: Daniel non è il mio tipo di amico, e io non sono il suo.- Jev parla veloce con tono diplomatico e sbrigativo, come se non avesse per niente voglia di approfondire la loro storia d'amicizia.
-Quindi Daniel non ti ha mai detto niente? Di sé, intendo.
-No.
-Nemmeno quando eravate amici?
-Non siamo mai stati amici, Emma.
Aspettiamo in silenzio, l'uno di fronte all'altra, appoggiati di spalle contro i muri del corridoio, con gli occhi fissi sul pavimento di legno.
Se c'è qualcosa che ho imparato qui dentro, è a far passare il tempo senza impazzire per la noia. So rimanere ferma e in silenzio per ore senza dar di matto. In questo caso, sono solo pochi minuti d'attesa prima che Daniel, seguito a ruota da Drew, escano da camera mia a testa alta e passo svelto. S'avviano lungo il corridoio, senza voltarsi, senza guardarci.
Ancor prima di rendermi conto di cosa sto facendo, compio una lieve corsa fino a raggiungerli e afferro Daniel per il braccio. Si blocca e si volta a guardarmi, più sorpreso che altro.
I suoi occhi azzurri sembrano stare annegando nelle lacrime.
-Denny, andiamo.- lo richiama suo fratello. Lui si gira in modo meccanico, torna a darmi le spalle e si allontana con Drew.
Stavolta li lascio andare.
Sotto gentile invito di Jev, rientro in stanza e vi vengo chiusa a chiave di nuovo. Jev balbetta qualche scusa per giustificare la sua assenza nelle prossime ore e sparisce.
Sola, di nuovo, torno sotto le coperte. Cado in un sonno agitato da ricordi vividi e abitato da chiari sguardi angosciati.
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Bambi
RomanceBambi per me era come un bicchiere di cristallo: così bello, eppure così fragile... E in quel momento mi parve di percepire, (non nel cuore, no, più giù, nello stomaco) il frantumarsi di quel bicchiere in mille pezzi. Lentamente, ma inesorabilmente...