Ma che persona?

58 4 0
                                    

Daniel's POV

Sono talmente stanco o talmente ubriaco da promuovere l'idea di Leo, alla fine. Potrebbe essere divertente, in un certo senso. Non la sfiorerei nemmeno con un dito, perché non mi eccita per niente forzare una persona che non vuole, ma potrebbe essere divertente guardare la scena. Un intrattenimento come un altro: invece di guardare un film, guardo lei. E loro.
Poi cosa cazzo me ne frega? So di non aver paura della reazione di Jacopo, altrimenti non avrei mai fatto ciò che ho fatto con lei.

Allora cosa mi ferma?

Mi ha baciato. È questo il punto.
É che non riesco a togliermi il pensiero delle sue labbra sulle mie. Cazzo, lo sapevo sarebbe finita così.
L'alcol che ho in corpo continua a ripropormi nella mente il suo visino stanco dell'altro giorno, quando mi si è addormentata in braccio mentre tornavamo alla villa. La sua voce che mi ordinava di svegliarmi, di tornare alla realtà, mentre soffrivo in quell'incubo. Il suo della sua voce, scontroso e afflitto ma bellissimo.

È come se, di baci, me ne avesse dati mille.

E questa cosa non va bene. Non posso permetterle di avere uno strapotere su di me, come lo aveva Meredith. È giusto che io dimostri a lei, agli altri, e a me stesso, che non è così, e l'unico modo per farlo è concretizzare il mio menefreghismo nei suoi confronti proprio ora.

Per la ragione di cui sopra, scelgo di seguire i miei "amici" su per le scale fino alla camera di Bambi. La ferita sul fianco strilla e brucia, non si dev'essere ancora recicatrizzata del tutto. Di fronte alla sua porta, Davide armeggia con le chiavi ma è troppo ubriaco per centrare la serratura e delega me: impiego anch'io i miei trenta secondi abbondanti per mirare il buco e aprire la porta.

Una volta rimosso il problema dell'accesso, capitomboliamo letteralmente tutti insieme all'interno della camera. Bambi si siede di scatto sul letto.

Dormiva? Sono le quattro di notte passate, ovvio che dormisse.

Mi guarda terrorizzata, i suoi occhioni marroni spalancati, mentre i ragazzi la sollevano di peso e iniziano a trascinarla fuori dalla sua bolla di salvezza. Distolgo lo sguardo concentrandomi sulla porta del bagno.

Non è la prima volta che guarda me in cerca di rassicurazione o aiuto, che cosa cazzo pretende? È Jev il suo angelo custode, che vada da lui. Sicuramente la proteggerà meglio di me, io non so proteggere manco me stesso.

Ma che persona sono? Non ho le palle per aiutare me, figuriamoci lei.

Seguo in silenzio i ragazzi di sotto. Davide la sta portando di peso in braccio, ma lei non si dimena: sa che non otterrebbe niente contro cinque di noi, e io so che ha paura. E la paura ti immobilizza.

Mi gira la testa mentre cammino, per cui mi concentro sul suo viso, che spunta da sopra la spalla di Davide: sbatte le palpebre ogni secondo e ha gli occhi lucidi, le guance arrossate e respira così velocemente che temo vada in iperventilazione. Il bisogno che provo di rassicurarla, di prenderla tra le mie braccia per sentirla calmarsi, di sapere che si fida di me, mi spaventa talmente tanto da spingermi a dimostrarle che sono io il primo di cui deve avere paura.

Devo dimostrare a lei, a me stesso, e agli altri che non me ne frega niente di lei.

Supero gli altri per arrivare in cucina, dove prendo una bottiglia di Vodka che alberga in quell'armadio da chissà quanto tempo. Ne trangugio due lunghi sorsi per prepararmi allo spettacolino che sto per inscenare, poi mi reco dagli altri con la bottiglia in mano.

Sotto sotto, ma poi non così tanto in profondità, spero che quest'alcool possa stordirla abbastanza da farla essere consapevole della situazione il meno possibile.

BambiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora