Passeggiata notturna

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Quando la faccio scendere dalle mie gambe per alzarci entrambi, una fitta lancinante di dolore dal fianco mi ricorda che: uno, dovrei cambiare le bende e disinfettare tutto da capo; due, sarebbe opportuno farsi fare una visita di controllo in ospedale.

La faccio scendere giù da me e mi alzo anch'io, una fitta di dolore dal taglio sul fianco. Forse devo cambiare i medicamenti.

Nell'armadio trovo una tuta grigia abbastanza pesante per me, che mi infilo sopra i boxer neri, e un'altra orribile verde fluo più piccola che non metto da anni per lei.

-Grazie- borbotta mentre scivola nei pantaloni larghi.

Le passo un mio maglione grigio e per me afferro una felpa nera col cappuccio. Indosso le mie Nike bianche senza calze per poi guidarla fuori dalla mia stanza.

Regna un rigoroso silenzio mentre sfiliamo per i corridoi della villa, solo i passi che rimbombano tra una parete e l'altra mentre mi rimprovero per non aver messo i calzini: mi fanno già male i talloni per colpa della mia stupida pigrizia. Il cassetto dei calzini è dall'altra parte della stanza e non avevo proprio voglia di perdere tempo di andare fino a lì.

Il fatto che penso ai calzini non mi relega nella categoria dei pazzi scervellati, mi aiuta semplicemente a non pensare al fatto che sono un cazzo di assassino.

Ora che lei non mi è più in braccio temo che possa scappare via, spaventata da me. Quindi, con la coda dell'occhio, la mente divisa tra calzini in cassetti lontani e il cadavere di mio fratello, cerco di assicurarmi che non si allontani troppo da me.

Raggiunto il pianterreno apro lo sgabuzzino alla sinistra del portone d'ingresso e accendo la luce, restandone per un attimo accecato.

Non appena Bambi riconosce le sue scarpe buttate in un angolo vi si fionda sopra come se fossero una pozza d'acqua nel deserto del Sahara, facendomi scoppiare ridere.

-Che c'è?- domanda, legandosi le stringhe. È seduta per terra in una maniera scomoda e scoordinata e le sue dita non mi sembrano particolarmente abili su quei fili.

-Nulla.- ribatto trattenendo un sorriso.

-Stai ridendo di me.

-No.

-Sì.

-No. Muoviti prima che qualcuno si svegli.- ordino sbrigativo alla fine, anche se sono palesemente divertito dalla situazione.

Non appena usciamo dalla villa, incespica sul vialetto di ciottoli sghignazzando e corre via.

Rimango sulla soglia di casa a guardarla, mentre un sorriso involontario piega le mie labbra. Vorrei poter essere senza peso come lei, volare via dai problemi come lei. Dicono che i bambini siano più forti degli adulti a superare i traumi. Lei mi sembra tanto una bambina, ora, mentre corre per la prima volta dopo giorni e giorni di prigionia.

Non pensi a quanto sia gratificante correre, finché non ti privano della libertà di correre. E lei l'ha appena capito.

-Daniel, muoviti!- si lamenta già lontana, rallentando l'andatura per aspettarmi.

Nonostante io sia o meno consapevole di quanto sia assurdo ciò che sto facendo, mi permetto di andarle dietro raggiungendola al cancello della proprietà che, senza le mie chiavi, non può oltrepassare.

Non appena la serratura scatta, la nostra folle corsa verso il nulla inizia.

Nel silenzio della notte, i respiri affannati, i passi affrettati, i cuori palpitanti, ogni singola parte di noi agitata nel profondo da quello sforzo senza senso percorre la via sterrata fino a raggiungere quella asfaltata.

BambiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora