LA PICCOLA BAMBINA DAI CAPELLI DORATI

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"La mia Margot è morta due anni fa"dico probabilmente più a me stessa che a loro.
Secondo la versione di mia madre Margot è deceduta proprio due anni fa.
A seguito del nostro arrivo qui ho partorito una bambina sana e bellissima,splendente come il sole.Da quei pochi capelli dorati sulla testolina si capiva che avrebbe ripreso i miei stessi capelli,ma gli occhi verdi erano di quel mostro del padre.Quando la guardavo dritta nei suoi occhioni verdi mi pareva di guardare dritto in volto l'uomo che mi ha rovinato l'infanzia,ma preferivo vederli come due pezzi di smeraldo incastonati in una pelle dalla carnagione scura.
Nonostante non fosse previsto il suo arrivo e sia stata concepita nella peggiore delle condizioni,io non l'avevo vista come un errore,bensì come quel pezzo di puzzle mancante nella mia esistenza.Sentivo come se mi avessero tolto una parte per darla a lei.Sentivo come se diventare mamma fosse come l'avvenimento più bello del mondo,nonostante la giovane età e la mancanza di una figura paterna che mi aiutasse a crescerla.Non mi sentivo come se tutto il mio futuro fosse crollato per una figlia,ma come se fossi pronta a lavorare e lasciare gli studi per lei.
L'imbarazzo di certo non mancava,e velarlo non mi era molto facile.Era complicato,infatti,coprire la pancia con maglioni e vestiti larghi.Era difficile,infatti,girare dal sesto mese di gravidanza in poi per la città sentendo gli occhi dei cittadini puntati su di sè.Era estenuante,infatti,vedere il classico bambino indicarmi e chiedere alla mamma come mai a quella età così giovane e casta una ragazza avesse già il pancione,ricevendo la classica risposta "è solo una donna di strada,non seguire il suo esempio".Ma una cosa che mi rallegrava in quel contesto tanto vergognoso c'era,ed era il pensiero che un giorno in giro per quella strada mano nella mano con un bimbo vi avrei girato io,parendo quasi sua sorella,ma insegnandogli che il prologo di un libro non è chiaro se non si conosce la trama.
Così il 18 febbraio alle ore 19:47 è nata una bellissima bimba dai capelli color grano e gli occhi più profondi di un'immensa distesa di prato,il pianto dolce e non troppo stridulo e le labbra a cuore.Mi sembrava di aver partorito un bambolotto,una statua greca,un quadro..non lo so,ricordo solo che ero stata abbagliata dalla visione di quell'essere umano tanto perfetto che era uscito da dentro di me.Cercai di nascondere l'imbarazzo e di iniziare ad imparare a fare la madre,una parola più grande di me,a volte minimizzata,ma contenente un significato profondo e maestoso.
Quando passavano nella mia stanza con il carrelletto di Margot per me era sempre una festa,e piano piano apprendevo sempre meglio ad allattarla e a cambiarle i pannolini.Pensavo che avrei avuto tutto il tempo che avrei voluto per godermela,perciò ogni giorno che mi staccava dall'uscita dall'ospedale era per me come un altro lungo giorno infernale.Ma non potevo di certo prevedere che sarei rimasta con il mio angioletto solo per poco tempo.
Il periodo tragico iniziò quando tornai a casa.Non avevo dialogato frequentemente con mia madre dopo il parto,anche se,distrattamente si faceva scappare qualche sorrisetto di gioia e compassione alla vista di quella neonata,la mia neonata.
Ma quando mi ritrovai a cullare la bimba,lei mise da parte i sentimenti e mi chiese "non avrai intenzione di tenerla,vero?".
"Cosa?È mia figlia!"risposi urlando.Era una delle poche cose buone della mia vita,e non potevo di certo lasciarmela scappare.
"In primo luogo non è tua figlia,ma il frutto di un grandissimo sbaglio,e come seconda cosa tu hai degli studi da portare avanti.Avrai un figlio con chi amerai e una vera famiglia"disse con tono freddo.Non riuscivo a capire come potesse dire certe cose a cuor leggero,considerando le persone come oggetti.Tanto che fa?Non dovrva uscire ma è uscita,buttiamola nel primo cassonetto della spazzatura e abbandoniamola alla sua sorte!
Dopo insistenze varie sembrò riuscire a desistere,ma non sapevo che avrei dovuto iniziare a fare il conto alla rovescia per i giorni che mi separavano dalla sua scomparsa.15 giorni dopo,in seguito al mio ritorno a scuola,tornai a casa con la culla della bimba vuota.Mia madre mi disse che l'avevano rapita,ma non volle denunciare la sua scomparsa per non attirare giornalisti e mostrare i loro volti sui giornali.In un modo o nell'altro riuscì a convincermi del fatto che fosse morta,riusciva sempre a farmi credere cose che non avevano delle basi logiche.
Per quanto riguarda la scuola fino al sesto mese l'avevo frequentata tranquillamente,ma dal settimo in poi l'avevo lasciata sia per non destare sospetti,che per prendermi cura della mia salute e riposarmi.
In seguito alla morte di Margot sentivo di non avere uno scopo nella vita e ho iniziato a provare la tecnica dell'autolesionismo.Sono diventata matta,e quella vipera di mia madre è riuscita a giocare a suo piacimento con la mia mente,in cui la figura di una donna crudele e tiranna ha lasciato il posto ad un'eroina e una mamma che si prodiga per la propria figlia affinchè prosegua con la sua vita.
Quando mia madre si accorse dei tagli che mi tappezzavano le braccia come cartine geografiche,mi portò subito in ospedale.Lì incontrai Cristofer,il quale aveva accompagnato la madre a fare una visita.Lo scorsi solo con la coda dell'occhio perchè cercavo di stare al passo con mia madre,ma venni abbagliata dalla sua bellezza.Lui ha sempre saputo poco su di me,e la maggior parte delle informazioni erano fatte,come quella che mi tagliavo perchè ero depressa per la morte di mio padre.È stato grazie a lui e alle sue sedute a casa sua ballando sulle note di "People help the people" se ora sono viva e per un piccolo arco di tempo ho ritrovato la voglia di vivere,sparita insieme a mia figlia.

"Credo che la tua dolce mammina si sia acordata di dirti alcune cosette"mi dice Caleb fingendo di esserne sorpreso.
"Di cosa stai parlando?"strillo con tutta la voce che ho ingola."È forse un gioco sadico per farmi impazzire?"chiedo agitata muovendomi per tutta la stanza.
"Martha,calmati.Non davanti nostra figlia"insiste l'uomo che mi ha rovinato l'adolescenza e con questa l'esistenza.
È strano sentire il termine 'nostra figlia',si addice di più ad una famiglia in cui amore e rispetto sono all'ordine del giorno,ma credo che Caleb non conosca nemmeno il significato di tali parole.
"Di cosa stai parlando?"chiedo facendo finta di ignorare la sua risposta e scandendo nervosamente ogni parola.
"Ne parleremo davanti una bellissima tavola imbandita"dice Caleb,facendomi segno di salire verso il soggiorno.Non ho scelta,se voglio scoprire che fine ha fatto Margot devo stare al suo gioco,perciò lo assecondo.
Salendo trovo una tavola ben apparecchiata,coperta da una tovaglia rossa e decorata con tre candele.Sul lavandino sono disposti cinque cartoni di pizza,cibo che contrasta nettamente con la raffinatezza del tavolo.E poi se non sono diventata tanto matta da non riuscire più a contare...siamo in 4,non 5.
Ci accomodiamo,io a capotavola tra Margot e Caleb.
"Oh,quasi dimenticavo"dice Caleb con un'insolita tranquillità.
"Il quinto ospite,non mangiate finchè non si sarà seduto anche il quinto ospite"aggiunge con un pizzico di minaccia nel tono di voce.
Va verso uno sgabuzzino e lo apre,poi strilla "che la bestia esca fuori">>Valeria racconta tutta la storia massacrandosi le mani per l'agitazione ed il nervosismo,guardando nel vuoto.
"Chi era la bestia?"chiede la psicologa,sempre più attratta da questa storia tanto inverosimile quanto coinvolgente.
"Era..era tutta sfigurata la bestia!"dice Valeria tra le lacrime ed i ricordi.
"Chi era sfigurato?"richiede la dottoressa.

Un grido nel buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora