Capitolo 21

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Sentivo il petto pesante e gli occhi bruciare a causa delle lacrime. Non potevo più sopportare questa situazione ed ora a tutto ciò si era aggiunto un legame affettivo con Fabio, che casualità, scoprivo una persona meravigliasa troppo tardi, troppo tardi perché il mio cuore potesse appartenergli.
Con lo sguardo assente fissavo distratta il finestrino e allo stesso modo scesi dal taxi dopo aver pagato.
"Signorina, si sente bene? Ha bisogno di qualcosa?" mi domandò il tassista, probabilmente notando che il mio aspetto non era dei migliori, scossi il capo e lenta mi avviai all'altro capo della strada, fissando distratta il cellulare.
"Mattia..." sussurrai dopo che lui mi aveva risposto.
"Emma." mi chiamò lui con voce più roca del solito.
"Sto per andare da ..." poi avvertii il suono di un clacson suonarmi nelle orecchie, un rumore acuto e una puzza di gomma bruciata vicino a me; un dolore forte prima al petto e poi al capo.
"Emma! Emma!" sentivo le urla del mio uomo appena, mentre gli occhi erano sempre più pesanti ed il dolore sembrava sparire per un'istante.


Lui dall'altro capo del cellulare stava dando di matto, chiamava il suo nome disperato, sperando rispondesse, ma non sentiva nulla, sentiva dei rumori in sottofondo, ma non riusciva a capire cosa stesse suvcedendo, era solo certo che fosse successo qualcosa ad Emma.
Aveva sentito qualcosa dentro di se spezzarsi ed era purtroppo certo che le fosse successo qualcosa.
"Emma cazzo!" urlò ancora il suo nome e non ricevendo una risposta per l'ennesima volta chiuse il cellulare correndo fuori di casa.
Dove voleva andare? Non lo sapeva nemneno lui, ma era certo che il suo amore, da qualche parte, avesse bisogno di lui.
In quel momento si ricordò dove sarebbe dovuta andare lei e ricollegando la destinazione alla precedente telefonata, capì tutto.
Si avviò correndo verso casa sua e per strada notò un enorme trambusto, una folla di gente si era radunata, l'ambulanza e la polizia erano accorse, un'auto giaceva sfasciata contro ad un muro.
"Emma!" urlò sorpassando la folla e dirigendosi veloce verso il nastro della polizia, vedendo i teli bianchi che di solito si usavano per coprire i cadaveri.
Sentii il cuore smettere di battere e dovette appellarsi a tutte le sue forze per reggersi in piedi.
La sua Mimma era forse... morta?
Si guardò attorno, disorientato, il mondo gli girava attorno e si sentiva come se gli mancasse la terra sotto i piedi, credeva fosse un brutto sogno, lo sperava con tutto il cuore, ma purtroppo si dovette rendere conto che così non era.
Vide i teli spostarsi, lasciando spazio a uno scenario terribbile, una pozza con del sangue ricopriva un sacco vicino l' auto.
Sperava non fosse lei, guardava il sacco sconcertato, non trovando più la forza di fare nulla.
"La vittima è una donna sulla trentina." sentì bisbigliare un uomo in divisa e il mondo gli crollò addosso.
"L'uomo e l'altra donna stanno per essere caricati sull'ambulanza." continuarono i loro discorsi e finalmente Mattia alzando lo sguardo vide una ragazza bionda, pronta ad essere caricata su un'ambulanza.
"Emma!" urlò trovando improvvisamente le forze, forse quella era lei. Anzi lo era, il suo cuore glielo diceva.
"Dove crede di andare!" urlò un uomo, ma a lui non importò.
"Amore mio..." sussurrò vicino alla ragazza, notando con gran sollievo fosse ancora viva, ma gli occhi erano chiusi e delle bende sporche di sangue le coprivano più parti.
"Lei chi è? Che cosa vuole?" domandò un ragazzo, mentre lei veniva caricata sull'ambulanza.
"Sono il suo fidanzato, tra qualche mese ci sposeremo." mentí spudoratamente, doveva stargli accanto.
"Salga, si muova!" affermò frettoloso, non era un buon segno.
Il mezzo sfrecciva veloce e tutti sembravano mobilitarsi per lei. Che diavolo era successo alla sua Emma?
Non parlava, non aveva parole, aveva solo occhi lucidi, pronti a scoppiare e lui sapeva che presto sarebbe accaduto, avrebbe pianto.
In ospedale gliela strapparono dalle braccia portandola d'urgenza in sala operatoria.
Fissava incredulo la porta, aveva paura gli stessero portando via la sua Emma.
Si sentiva dannatamente in colpa, se solo l'avesse accompagnata a casa lui, se solo l'avesse trattenuta ancora, se solo l'avesse stretta tra le braccia di più, forse lei non sarebbe mai arrivata in quell'ospedale.
Aveva notato lo sguardo di molte persone addosso a lui, li ingnorava, non aveva tempo modo di pensarci.
La sua Emma era chiusa in una sala operatoria, gli occhi, da quando lui l'aveva raggiunta, non aveva accennato ad aprirli.
"Emma..." sussurrò in ginocchio difronte a quella porta.
Era nel panico e non sapendo cosa fare chiamò Francesca, doveva pur avvisare qualcuno e quel qualcuno non sarebbe certo stato il suo fidanzato.
"Francesca..." sussurrò con voce rotta Mattia.
"Mattia? Che è successo?!" si preoccupò subito dall'altro capo Francesca, anche lei aveva capito che era successo qualcosa di brutto, lo sentiva, aveva avuto una brutta sensazione.
"E-Emma..." singhiozzò, vergognandosi di se stesso, stava piangendo, di fronte a tante di quelle persone...
"Emma ha- ha fatto un incidente. È in sala operatoria. L'hanno investita. Vieni qui." parlò lui con frasi semplici, non ne riusciva a formulare di differenti, era così scosso, la sua Emma.

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