Capitolo 4

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Dallas Love Field Airport - Dallas, Texas - 10 aprile 2005 - 02:00 PM

Lucy mi aveva avvisato che l'aereo che avevo preso fermava a Dallas, in Texas, e che da lì avrei poi dovuto prendere un altro aereo all'incirca due ore e mezza dopo.

Ne approfittai per andare al bagno e mangiare qualcosa con i soldi che la donna mi aveva generosamente elargito, e chiamatemi pure codardo, ma io il coraggio di alzarmi dal sedile dell'aereo per andare in un bagno grande quanto lo sgabuzzino delle scope dove dormivo, nonostante me la stessi facendo letteralmente addosso, non ce lo ebbi, se fosse successo qualcosa sarei morto con l'uccello in mano e decisamente non mi andava, preferivo farmela addosso piuttosto che alzarmi da lì, perciò dopo essere atterrato, correre al bagno fu quasi doveroso, come se avessi qualcuno alle spalle che mi seguiva con un machete.

Quindi dopo aver preso un panino e una bibita, chiesi ad una delle hostess di indicarmi la strada per poter prendere l'altro aereo, e forse credette che fossi una specie di ritardato perché mi ci accompagnò di persona al gate dove dovetti consegnare il biglietto e mostrare il documento di riconoscimento temporaneo, ricevendo come unica indicazione quella di aspettare lì, su una delle sedie di quella stanza gremita di gente che come me doveva prendere lo stesso aereo.

Aspettare non fu mai così noioso come quella volta, non avevo nulla da fare se non osservarmi attorno per cercare di capire quel mondo completamente nuovo ai miei occhi e per certi versi quasi incomprensibile, perché se io in passato avrei dato qualsiasi cosa per avere una famiglia che mi portasse in giro per il mondo, molti ragazzini della mia età che erano lì, sembravano quasi scocciati all'idea di passare del tempo con le proprie famiglie, altra gente sembrava semplicemente annoiata dalla vita stessa e mi accorsi di come tutti sembrassero semplicemente ignorare la grande fortuna che avevano anche solo nell'essere vivi e liberi da gabbie in cui qualcun altro poteva decidere di rinchiuderli, come era successo a me fino a quel momento e promisi a me stesso che mai più avrei permesso di incatenarmi, che avrei sfruttato questa nuova possibilità che il fato mi aveva servito su un vassoio d'argento purissimo, avrei vissuto a pieno ogni giorno, impegnandomi ogni giorno con l'unico obbiettivo di diventare un uomo capace di migliorare sé stesso sempre e comunque.

Quando, quasi due ore dopo, chiamarono il mio nome per farmi salire a bordo dell'aereo che mi avrebbe portato a Los Angeles, mi ero ormai appisolato sulla sedia.

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