Capitolo 22

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Tarzana, Los Angeles, California - 19 Maggio 2005 - 11:05 A.M.

Pensare di studiare quel giorno era praticamente impossibile, e nonostante il medico mi avesse dato l'ok per tornare a frequentare le lezioni, facendo comunque attenzione a non sforzare troppo la caviglia, avrei seriamente preferito restare a casa un altro paio di giorni, giusto il tempo necessario a metabolizzare l'accaduto di alcune notti prima, anche perché non facevo altro che pensarci ininterrottamente, rendendo vani i vari tentativi di prestare attenzione alle parole dei vari insegnanti che si susseguivano in quelle ore.

Bill non era ancora pronto a tornare a scuola, e ormai le sue assenze cominciavano a minacciare leggermente i suoi ottimi voti, mentre io avevo esaurito le scuse da rifilare ai professori che mi chiedevano di lui: Simone e Gordon mi avevano chiesto di tenere per me le reali motivazioni che costringevano Bill a restare a casa, perché altrimenti sarebbe stato oggetto di derisione e avevo già sperimentato quanto in quella scuola la gente a tal proposito fosse disgustosa, senza il bisogno di dire che avevano cominciato anche a circolare voci circa la mia assenza prolungata in concomitanza con quella del moro; una di loro ci voleva come amanti fuggitivi, scappati chissà dove, e non riuscì seriamente a trattenere una risata quando Andreas me la raccontò.

Tornato a casa lasciai che la stanchezza accumulata a scuola, scivolasse via, non appena scorsi la figura di un visetto paffuto e rilassato che ad occhi chiusi si godeva un sonnellino con le labbra tirate in un sorrisetto e perennemente accessoriate dall'ormai inseparabile ciuccio che Angel voleva sempre con sé, come d'altronde la maggior parte dei neonati.

Stavo per andare in cucina a preparargli il biberon di latte, dato che ormai era quasi ora della pappa per il mio angioletto, quando un lieve bussare alle mie spalle mi indusse a voltarmi e ad incrociare un paio di occhi che erano il mio inferno e paradiso, il mio personale tormento, ma al contrario del solito, sembrava quasi intimorito ed imbarazzato, e ciò mi lasciò sorpreso, ma mi riscossi per fargli segno di uscire dalla camera poiché il piccolo riposava e non volevo svegliarlo senza il biberon pronto, così lo seguì nella sua stanza, non riuscendo ad evitare al mio corpo di rabbrividire al ricordo dell'unica volta che avevo messo piede lì dentro, lui sembrò captare i miei pensieri e mi sorrise colpevole "Credo di doverti delle spiegazioni per ciò che hai..." sussurrò lasciando la frase in sospeso quando mi vide scuotere la testa "Non mi devi alcuna spiegazione, Bill. Sono solo felice di essere arrivato in tempo... credo di non esser mai stato tanto felice del fatto che Angel produca quantità industriali di pupù! Se non avesse finito i pannolini non sarei mai venuto a cercarti e non ti avrei trovato... e sarebbe stata solo colpa mia..." dissi mestamente, abbassando lo sguardo "Tom, non sarebbe mai stata colpa tua... non potevi sapere della mia malattia, e onestamente se io fossi stato più attento avrei evitato di correre quel pericolo... che cosa assurda eh? Rischiare di morire per essere svenuto in vasca da bagno a causa di una stupida vitamina che il mio corpo non riesce a riprodurre... sai, è per questo che mia madre decise di darmi in adozione a quasi un anno di vita, per lei ero difettoso, ero malato, di una malattia stupida ma che può essere fatale, così decise di ignorarmi come se non fossi mai esistito, decise di darmi via come si fa con le cose che non vuoi più quando non puoi semplicemente dimenticarle in uno scatolone in cantina. Lo psicologo dice che è per questo che vesto in un modo che viene definito appariscente, androgino: perché così tutti si accorgono di me e nessuno può ignorarmi come fece lei, che io sia difettoso o meno" mi sorrise un po' forzato e portò la sua attezione al suo comodino, sulla quale se ne stava in bella mostra un barattolino arancione contenente alcune pillole; mi morsi le labbra non sapendo né cosa fare, né cosa dire, sentendo l'aria appesantita e intristita da quelle parole e da quei ricordi, così dissi l'unica cosa che il mio cervello fu in grado di elaborare "Ti va di fare una passeggiata con me ed Angel?" chiesi d'istinto e fui felice di averlo fatto quando in risposta ricevetti un enorme sorriso riconoscente che si affievolì pochi istanti dopo "Tom... volevo chiederti scusa per... ciò che ho detto a mamma quella mattina... non è vero che è successo tutto a causa dell'alcol... io lo volevo, noi lo volevamo... ma mamma non avrebbe mai capito... nessuno accetterebbe che due fratelli gemelli facciano-" si bloccò non appena si rese conto di ciò che aveva detto e del mio viso divenuto una maschera impenetrabile dalla quale non traspariva alcuna emozione, così come la mia voce che chiedeva "Cosa hai detto?", lo vidi cercare una soluzione mentre accennava un sorriso nervoso "Cosa?" chiese nel tentativo di prendere tempo, per poter inventare un qualcosa che salvasse la situazione "Hai detto che nessuno accetterebbe che due fratelli gemelli facciano certe cose, Bill." dissi glaciale; volevo verità, non altre menzogne "Ho detto gemelli? Scusami, mi sono sbagliato, volevo dire adottivi, ho avuto un lapsus... Tom!" urlò vedendomi lasciare la stanza dopo che ebbi risposto tra i denti un duro "Certo Bill, un lapsus freudiano".

Percorsi le scale come un'automa mentre nella mia testa si affollavano mille e mille pensieri, domande; piombai in salotto dove trovai sia Simone che Gordon 'perfetto' pensai prima di fermarmi esattamente di fronte a loro, seduti su un divano "Io e Bill siamo fratelli gemelli? Esigo delle risposte sincere ed esaustive, voglio sapere chi sono, chi era mia madre, perché, se io e Bill siamo gemelli, lui è stato dato in adozione ad un anno mentre io sono stato abbandonato sulla porta di Jörg Trümper, un dannato ubriacone che ha fatto di me il suo schiavo, la sua puttana, costringendomi a vendere il mio corpo ai suoi amici dall'età di sei anni, anche solo per una lattina di birra?!? VOGLIO DELLE RISPOSTE CAZZO, PERCHÉ?!?" urlai completamente fuori di me, con le vene che minacciavano di lacerarmi la gola ed il cuore che correva furioso in petto, ruggendo, perché ero stanco delle menzogne, ero stanco di non sapere chi fossi e perché mi capitò quel destino infame, volevo sapere tutto e volevo saperlo subito.

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