Capitolo 21

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Tarzana, Los Angeles, California - 17 Maggio 2005 - 07:59 P.M.

Bill si era preso alcuni giorni di tempo per organizzare la festa di Angel fin nei minimi particolari, anche se io non credevo che organizzare una festicciola in famiglia per festeggiare i quattro mesi di vita di un neonato potesse essere così impegnativo come lui asseriva, ma ciò a cui naturalmente nessuno di noi, eccetto Bill, aveva pensato era di unire una festa di Benvenuto in famiglia e una per il compimento dei quattro mesi, preparando per l'occasione anche un discorso stile Vecchia Zia e costringendo noi, povere vittime ignare della sua creatività, a prendere parte ad un video girato e montato da lui in cui facevamo i nostri migliori auguri al piccolo, ed il peggior trattamento lo aveva avuto Georg, che nel video compariva anche piuttosto esasperato, sulla tazza del water mentre cercava di esplatare i suoi bisogni con il fratello minore che lo tartassava con la telecamera, fratello che si dichiarò indignato del fatto che anche se ancora non capiva, Angel, a suo parere, fosse il componente più intelligente della famiglia, dopo di lui ovviamente; perché nessuno aveva capito che quel video sarebbe rimasto al neonato finché non fosse stato abbastanza grande da capire e che quindi sarebbe stato per lui un bel ricordo della sua infanzia e del suo arrivo nella nostra casa.

Perciò quel pomeriggio soleggiato, ero finito seduto su una poltrona in salotto a gonfiare palloncini -dai colori e le forme più svariate- da appendere poi in vari punti strategici che Bill aveva indicato a due poveri Gustav e Georg, dopo averli altamente banditi dalla cucina dove erano stati rinchiusi momentaneamente i viveri che Simone -dietro preciso ordine- era andata a comprare per l'occasione, Gordon invece era stato spedito -senza possibilità di replica- nella saletta della musica a cercare canzoni adatte al tema della festa, e dietro minaccia di essere svenato fino all'ultimo penny in una boutique di Chanel, da parte di un certo ragazzo, gli era stato imposto di comporre egli stesso le canzoni se non avesse trovato nulla di soddisfacente, mentre Angel, messo comodo nella sua sdraietta posta sul basso tavolino di cristallo -spostato lateralmente assieme ad altri preziosi mobili di Simone, per creare in sala uno spazio di cui ignoravo totalmente l'utilità- osservava compiaciuto tutti noi che sembravamo tante piccole marionette stregate nelle mani di un demonio della quale potevi fare la radiografia solo mettendolo in controluce in una giornata di sole come quella.

Dopo i preparativi, ci incontrammo -come ordinato da un severo tanto quanto improvvisato party planner- in salotto, tutti vestiti accuratamente, persino il festeggiato, grazie alla carta di credito di Simone e a Bill, era vestito elegantemente in un completino tre pezzi - giacca e pantalone blu navy, con camicia blu alice e jilet International Klein Blue- con l'inseparabile bavaglino appeso attorno al collo, mentre succhiava indisturbato il suo ciuccio, tranquillamente sistemato nella sdraietta; all'appello mancava solo Bill, nonostante avesse vietato categoricamente a tutti di essere in ritardo -minacciando addirittura Gustav di lasciarlo digiuno se anche solo uno di noi avesse ritardato di un solo secondo-.

Ci guardavamo l'un l'altro in attesa, senza sapere cosa fare, quando lo sentimmo scendere le scale "Dio, l'avevo detto che l'unico intelligente qui è Angel! Non sapete cosa diamine si fa ad una festa?! Per dio! Papà: musica; Georg, Gustav... anzi, meglio di no; mamma: cibo dalla cucina; voi due: state lontani dal cibo, e tu, Tom, tu... resta seduto e divertiti, e nel caso fingi di divertirti, intesi?" ordinò elencandoci uno ad uno come un comandante con la sua truppa e mentre gli altri eseguivano senza fiatare, io mi voltai a guardarlo, restando folgorato per l'ennesima volta dalla sua bellezza disarmante, perché stretto in quei leggins di pelle e in quella camicia nera che gli lasciava il petto glabro scoperto e arrivava sulle cosce snelle e vagamente femminili, era totalmente da togliere il fiato.

Fu come essere catapultati in un mondo in cui non esisteva nessun altro se non solo noi due, io e lui, come uniti da un unico filo conduttore, tanto sottile da poter essere spezzato via con la prima brezza leggera di primavera, ma tanto tenace da sembrare fatto di acciaio, che all'occorrenza poteva stringere fino a far male, fino a soffocare e lasciarti agonizzante.
Capì che il mio cuore non era disposto a scendere a patti: lo desiderava, fregandosene altamente delle innumerevoli volte che aveva ed avrebbe ricevuto un duro colpo, o di tutte le innumerevoli difficoltà che si ergevano lungo il percorso, come montagne insormontabili: se fosse stato necessario si sarebbe armato di dinamite per crearsi un varco, dinamite che avrebbe ottenuto ogni qual volta il mio sguardo si fosse posato su quell'esile figura corvina e da quelle volte che il mio corpo avrebbe voluto stringere tra le braccia quello scheletro.

Venni ridestato dal vortice di emozioni, sentimenti e pensieri in cui mi ero perso nel vedere Bill, da Angel, che probabilmente stufo di essere momentaneamente ignorato proprio alla sua festa, emise un vagito che risuonò quasi come uno dei lamenti del moro, ottenendo di far scoppiare tutti i presenti in una fragorosa risata.

12:05 A.M.

La festa era stata relativamente un successo, essendoci divertiti tutti, tra i regali che il piccolo aveva ricevuto da ognuno di noi e i mille battibecchi tra Georg, Gustav e Bill.
Da parte mia, non feci quasi altro che osservare il moro per tutta la sera, non riuscendo ad evitarmi di incantarmi a fissargli le labbra, gli occhi e qualche volta anche il sedere che ad ogni passo, ancheggiava invitante davanti al mio sguardo, simile a quello di un tossico in astinenza dinanzi ad una dose della sua droga preferita, droga che si era imposto di non toccare più, ma si sa: la volontà è forte e la carne è debole, ed è per quello che non appena mi misi a letto, con Angel che dormiva beatamente lì accanto nella sua culletta, cominciai a sentire una certa eccitazione mentre la mia mente rievocava immagini di Bill, del suo sedere, delle sue labbra, del suo corpo nudo, e tutto ciò portò ad una consistente e dolorosa erezione all'interno dei boxer, così con un gemito di frustrazione portai una mano al di sotto dell'elastico dell'intimo, con l'intento di darmi sollievo.
Cominciai a sospirare sottovoce per il piacere e quando poco dopo riaprì gli occhi, incrociandone un paio che stavo immaginando anche a palpebre calate, mi venne spontaneo imprecare "Cazzo, la mia immaginazione è di sicuro supersviluppata!" mormorai sorpreso di me stesso, finché il Bill ai piedi del letto, quello che avrebbe dovuto essere frutto della mia immaginazione supersviluppata, inarcò un sopracciglio mentre incrociava le braccia al petto, portando il peso tutto su un solo piede "Forse la tua immaginazione sarà supersviluppata, ma il tuo cervello di sicuro no, razza di scimmia pervertita del Madagascar!" sibilò lanciandomi contro una delle mie scarpe, senza che riuscissi ad evitarla nonostante avessi lasciato la presa sul mio membro come un bambino sorpreso a rubare caramelle "Cosa ci fai qui?" chiesi momentaneamente non in grado di formulare una domanda migliore "E poi dai a me della scimmia pervertita per una sega, nel mio letto, di notte, ma non sono io quello che solo tre settimane fa si è intrufolato in piena notte nella mia stanza per fare una sessantanove con tanto di penetrazione con suo fratello adottivo che conosceva si e no da quarantott'ore!" sbottai poi fintamente indignato e non mi sfuggì il lampo malizioso che attraversò il suo sguardo "Tieni il conto del tempo che passa, piccolo Tomi?" domandò sogghignando prima di abbassare spudoratamente il suo sguardo alla mia erezione ben visibile anche da sopra al lenzuolo, lo vidi leccarsi lentamente il labbro superiore in modo lascivo prima di riportare la sua attenzione al mio viso "Bhé, mica tanto piccolo Tomi..." mormorò malizioso e se da una parte ero felice che le cose tra noi sembrava stessero tornando lentamente alla normalità, dall'altra avevo un doloroso bisogno di continuare ciò che avevo cominciato e lui interrotto, sospirai pesantemente "Bill, credi, non per essere scortese, sono felice della tua visita, ma se non hai bisogno di qualcosa di strettamente urgente, potresti tornare tra una mezz'oretta?" domandai implorante, sperando non decisesse di torturarmi nonostante il ghigno presente sulle sue labbra promettesse proprio sadica tortura, ma ciò che mi rispose, mi lasciò senza fiato, confuso, incapace anche solo di creare un ragionamento 'a che razza di gioco sta giocando?' mi chiesi quando con tutta la tranquillità del mondo mi chiese candidamente "Posso darti una mano?"

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