Capitolo 14

307 23 12
                                    

Tarzana, Los Angeles, California - 24 Aprile 2005 - 10:30 A.M.

Esattamente non sapevo come eravamo finiti in quella situazione, avevo il cervello completamente sottosopra e le urla di Simone di certo non mi aiutavano, anzi mi rimbombavano in testa neanche mi stesse urlando nell'orecchio con un megafono a pochi millimetri dal timpano, e faticavo anche solo a comprendere le sue parole, come se stesse urlando in una lingua sconosciuta; lanciai uno sguardo a Bill, seduto poco distante da me, comprendendo che dovesse trovarsi nel mio stesso stato e solo quando poco dopo la donna si calmò riuscì lentamente a capire le frasi che stava ripetendo da ormai un'ora, ossia da quando era entrata nella mia camera, probabilmente per prendere i panni sporchi dal bagno, e aveva trovato me e il moro a dormire abbracciati, con solo dei boxer a dividere i nostri corpi.

Cominciai a sentirmi davvero male per ciò che Simone stava ripetendo ininterrottamente "Cosa vi è saltato in testa? Dico, siete impazziti? Siete fratelli per l'amor del cielo! Non bastava esservi ubriacati da irresponsabili quali siete, ma d'altronde siete adolescenti, e avrei potuto capire la bravata, tutti lo fanno, ma diamine, da qui al finire nello stesso letto nudi! E voglio sperare che non abbiate fatto nulla, non voglio che i miei figli siano dei tali pervertiti!" tutte quelle parole non fecero altro che farmi innervosire e scattare come una molla, una mina pronta ad esplodere, perché io non sentivo Bill come un fratello, non avevamo lo stesso DNA, ci era solo toccata la stessa famiglia adottiva, quindi non capivo per quale motivo il fatto che mi fossi innamorato di lui dovesse esser visto come abominevole, perverso, se il problema non era nemmeno quello di essere dello stesso sesso; stavo già per saltare in piedi e aggredire Simone verbalmente, vomitandole addosso tutto ciò che pensavo, quando Bill, proprio lui che come me  e con me aveva voluto tutto quello, a sguardo basso, stretto in una coperta, sussurrò qualcosa che ebbe il potere di lacerarmi l'anima, in modo straziante e doloroso, molto, doloroso "Scusami, ero ubriaco, non capivo cosa stessi facendo"; sette parole che ebbero l'effetto di un proiettile sparato nel cuore "ero ubriaco, non capivo cosa stessi facendo", dunque per lui era stato tutto a causa dell'alcol, tutto fottutamente sbagliato e dettato dal fatto di non essere lucido, ma si sbagliava di grosso se credeva che io non fossi perfettamente consapevole e presente quando lo avevo baciato, quando gli avevo stretto la mano nella mia o quando per la prima volta ero riuscito a dormire felice, perché avevo lui tra le mie braccia.
Sentì lo sguardo di Simone che attendeva parole di scuse da me, qualcosa che le lasciasse intendere che anch'io comprendevo lo sbaglio fatto, ma io non ci vedevo alcuno sbaglio, perciò decisi comunque di non mentire ed indurendo la mascella feci una promessa a lei tanto quanto a me stesso, mormorando con voce cupa "Non succederà mai più nulla del genere." prima di abbandonare la sala per salire in camera mia, indossare velocemente qualche vestito, afferrare le cuffie, l'mp3 e lo skateboard e precipitarmi fuori da quella casa, con la voglia di prendere a pugni qualunque cosa, non mi preoccupai nemmeno del fatto che non sapessi ancora usarlo lo skateboard, volevo solo allontanarmi il più possibile da quella casa e da lui, dai miei pensieri, dalle sue parole che continuavano a massacrarmi la testa ed il cuore.

Luogo sconosciuto - 24 Aprile 2005 - 09:45 P.M.

Avevo passato l'intera giornata in giro, allontanandomi sempre più da quella casa e dal quartiere, avevo preso autobus su autobus, avevo vagato per le spiagge fino spostarmi ancora e non m'importava di non saper far ritorno in casa Kaulitz, tanto non avevo comunque la minima voglia di tornarci, non per il momento per lo meno.
Non avevo la più pallida idea di dove mi trovassi, sapevo solo che ormai era sera e che per quanto ne sapevo potevo già essere arrivato benissimo in un'altra città, persino in Messico, ma non m'importava, avevo solo un dolore sordo al centro del petto che lentamente si trasformava in rabbia, e non sapevo nemmeno con chi dovermi arrabbiare, se con Simone per aver catalogato la cosa come sbagliata quando non c'era nulla di sbagliato, se con Bill per aver sminuito e ridicolizzato la cosa fino a renderla un incidente causato dall'alcol o se con me stesso per aver permesso al mio stupido cuore di fare i cazzi suoi ad innamorarsi di quel demonio anoressico e non aver impedito la cosa sul nascere, ingannandomi con una scusa banale qualsiasi.

Mi lasciai andare su un prato non appena raggiunsi una zona priva di traffico e chiusi gli occhi, premendo le mani sugli occhi per non lasciarmi andare anche al melodrammatico e dal nulla mi nacque una risata di cuore, forse dovuta al pensiero che mi attraversò la mente "Grazie al cielo i giorni passati a digiuno a casa di Jörg mi hanno abituato lo stomaco a restare vuoto e a non patire la fame".
Fu con quell'ultimo pensiero e quella risata che poco dopo mi addormentai, esausto e spossato, nello spirito quanto nel fisico.

- 01:05 A.M.

Venni svegliato da alcuni rumori forti che faticai ad identificare ma che capì benissimo non appena un ragazzo dalla carnagione olivastra, probabilmente di due o tre anni più grande di me, entrò nel mio campo visivo non appena misi a fuoco ciò che mi circondava, e lo vidi puntarmi contro una pistola con un'espressione per nulla promettente in viso "Quién diablos es usted, eh?? De lo banda a la que pertenece? Quién te envió? Hablar mierda! Habla!" urlò a raffica senza mollare la mira. In che razza di guaio ero andato a cacciarmi?

LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora