Capitolo 23

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Santa Monica, California - 19 Maggio 2005 - 09:25 P.M.

Scappato, di nuovo, ma quella volta non più da solo, non con uno skate.
Alla fine Simone e Gordon furono costretti a raccontarmi tutto, tutto quello che sapevano: Kayla, questo era il nome di nostra madre, originaria del Bronx, rimase incinta a sedici anni, nostro padre invece era un turista tedesco e probabilmente quando ripartì non sapeva neanche che sarebbe diventato padre, o forse lo sapeva ma tornò comunque in Germania.
Kayla rimase sola dopo essere stata cacciata da casa da suo padre che le disse di non volere una puttana in casa sua, che non avrebbe sfamato un moccioso solo perché lei non era riuscita a tenere le gambe chiuse; così, dopo che tutti le voltarono le spalle, agli sgoccioli della gravidanza, sola ed incinta di otto mesi, si rivolse a Jörg Trümper -padre del ragazzo della quale era rimasta incinta- che inizialmente le offrì ospitalità finché non avesse avuto di che mantenere sé e suo figlio, e che successivamente le impose di prostituirsi per "rientrare delle spese sostenute" non appena io e Bill venimmo alla luce nel peggior quartiere del Bronx, alle prime luci del primo settembre.

Lei per un quasi un anno sopportò di tutto pur di far avere un tetto sulla testa ai suoi bambini, ma arrivata al punto di rottura, una notte fuggì, riuscendo a portare con sé solo uno dei suoi figli.
Vagò per giorni, stanca, affamata, indebolita, finché non decise di rinunciare al bambino per amor suo e portò Bill in un orfanotrofio, di me disse che ero morto, perché era certa che fosse così: era convita fossi morto di fame o che Jörg mi avesse ucciso, peccato solo che Jörg aveva deciso di crescermi, alla stregua del suo schiavo personale e di una puttana, usandomi come merce di scambio per droghe ed alcol, approfittando del fatto che nessuno al mondo sapesse della mia esistenza.

Bill venne adottato qualche mese dopo, dopo diversi affidi andati male, proprio da Gordon e da sua moglie, che avevano adottato già altri due bambini poco più grandi e furono gli unici a credere che potessi essere ancora vivo quando seppero che alla nascita Bill avesse un gemello, perciò mi cercarono con ogni mezzo possibile, ma non era facile cercare qualcuno che per lo Stato non esisteva, senza prove del fatto che fossi effetivamente ancora vivo, fino a quando riuscirono a trovare Kayla che diede loro l'indirizzo di Jörg, raccontando tutto ciò che era accaduto, disse anche che Jörg abitava ancora nella stessa casa ma che non aveva mai visto me.

Simone e Gordon allora contattarono Lucy, l'assistente sociale che li aveva seguiti nell'adozione di Bill, e le chiesero di cercarmi, riferendole tutto ciò che avevano scoperto.
Lucy fece le sue ricerche e dopo essersi accertato che fossi in quella casa, si mobilitò con un giudice per salvarmi, ed il resto lo sapevo già da me.

Guardai verso il mare in silenzio, perso nei miei pensieri e Bill, seduto al posto di guida, rispettò il mio silenzio a lungo, finché non calò la notte, inghiottendoci con le sue oscurità; voltai lo sguardo verso di lui, scontrandomi con i suoi occhi che per la prima volta trovavo uguale ai miei: Bill era me, era l'altra faccia della mia anima, anche se ormai, per l'ennesima volta, non sapevo realmente chi io fossi.

I feel lost
In myself
There's an alien in me
Who are you?
Who am I?
Blood is all I see
The words in the mirror
Are makin' me shiver

Save me with your love tonight
Come and bring me back to life
Alien...

Lay down
On the edge
Feel my whole life on rewind
See your face
In the crowd
A million times
I'm drowning I'm falling
I head myself callin'

Save me with your love tonight
Come and bring me back to life
Safe me with your light tonight
You can make the darkness shine
Alien...

Come and kill the dream gone bad
Alien to love
Come and wake me from the dead
Alien to love
Need your love
...Need your love...

Me ne fregai di tutto: di avere lo stesso DNA, di essere nel parcheggio di una spiaggia pubblica, di essere in auto, semplicemente me ne fregai e lo baciai, lo baciai con tutti i sentimenti che provavo nei suoi confronti, come quella sera in discoteca, solo che in quel momento non c'era nessun drink di troppo alla quale addossare la colpa, eravamo solo noi due, spogliati da ogni cosa e lentamente lo divenimmo anche dei vestiti.
Sapevo di volerlo dal primo momento in cui miei occhi si erano poggiati su di lui e nulla mi avrebbe fermato.

Lo tirai con me sui sedili posteriori, facendolo sdraiare di schiena senza mai separare le nostre bocche che fameliche si cercavano con la stessa bramosia che avevano le nostre mani nello scoprire e accarezzare i corpi accaldati ed eccitati, pronti ad amarsi.
Ben presto mi ritrovai ad ancheggiare contro il suo bacino, nella speranza di alleviare il dolore che attanagliava entrambi, alla ricerca di piacere; gli divaricai le cosce con entrambe le mani, sollevandolo e avvicinandolo ancora di più contro di me, mi separai per pochi istanti dalle sue labbra rosse e gonfie di baci e lessi nei suoi occhi lo stesso desiderio e la stessa consapevolezza che albergavano nei miei, così mi prese una mano per portarsela alla bocca e leccarmi alcune dita, lasciandoci contro un'abbondante dose di saliva che mi permise di prepararlo una volta che ebbi portato quelle stesse dita alla sua stretta apertura che cominciai a massaggiare lentamente e in modo circolare usando solo i polpastrelli, facendo delle leggere pressioni sui muscoli che si contraevano eccitati, così dopo poco lo penetrai lentamente con un dito, vedendolo inarcarsi sotto di me e rilasciare un sospiro di piacere mentre con le mani cercava di aggrapparsi alle mie spalle, chiedendomi di più tra gli ansimi, e non lo feci attendere oltre non appena avvertì i suoi muscoli arrendevoli, sfilai il dito e mi afferrai il membro duro, dirigendolo contro la sua apertura e penetrando lentamente, fino in fondo, dove rimasi fermo per alcuni istanti per dargli la possibilità di abituarsi all'intrusione ben più consistente di un dito, infatti ansimò control mio orecchio "Dio quanto sei grosso Tomi..." sorrisi mentre quelle parole finivano dritte ad ingigantire il mio ego inesistente e cominciai a muovermi al suo interno con lente spinte e nonostante quella fosse la mia prima volta, i nostri corpi sembravano combaciare tanto perfettamente che il da farsi veniva in automatico.
Ben presto mi ritrovai a spingere con sempre più urgenza e forza, rincorrendo assieme a lui quel piacere perfetto che sembrò coglierlo all'ennesimo affondo da parte mia, lo vidi inarcare la schiena e trattenere il respiro prima di proruppere in un gemito più sonoro mentre le sue unghie graffiavano la mia schiena, lasciando un chiaro segno del loro passaggio e gemette ancora "Lì Tomi... ti prego, lì, di nuovo" mi implorò e seppi di aver trovato il punto che lo faceva impazzire dal piacere, perciò presi a spingere contro quel punto, torturandolo con stoccate decise e mirate al raggiungimento dell'orgasmo, mentre le nostre bocche fameliche mordevano e baciavano instancabili, fino a quando il piacere non travolse entrambi, improvviso e potente, facendoci irrigidire i muscoli e riversare i nostri umori, lui tra i nostri corpi accaldati e sudati, io dentro di lui.

Ci rilassammo molto lentamente mentre cercavamo di riprendere fiato ormai illanguiditi dal piacere e dopo essermi steso al suo fianco lo tirai ad accoccolarsi al mio petto e lo guardai in silenzio per alcuni istanti, contemplando la sua bellezza che dopo l'orgasmo era aumentata a dismisura, e mi sorrise "Lo abbiamo fatto senza preservativo... e tu sei stato spettacolare" sussurrò con un soffio di voce, come se un tono più alto avrebbe potuto distruggere la quiete, e annuì sorridendo divertito dalle sue parole "Bill... sei la parte più perfetta di me, sei il mio sangue, la mia vita, condividi con me lo stesso inferno e lo stesso paradiso, abbiamo le stesse cellule... e poco mi importa di aver fatto l'amore con te senza preservativo, perché di te mi fido e lo rifarei altre mille volte ancora, lo avrei fatto senza anche prima di sapere che sei la metà migliore della mia anima" sussurrai prima di baciarlo ancora, ma con una dolcezza che non credevo nemmeno di possedere.

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