Capitolo 7

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Tarzana, Los Angeles, California - 10 Aprile 2005 - 20:30 P.M.

Un'ora più tardi, venimmo chiamati a raccolta al piano inferiore, nello spazioso ingresso di quella villa a due piani, pronti per uscire, ancora una volta mancava Bill e sorrisi un po' a disagio, cominciando davvero a credere che mi odiasse a tal punto da non volermi nemmeno vedere, quando sentì Gordon urlare rivolto verso il piano superiore, sulle scale "Whilelm Kaulitz, se entro tre secondi netti non sei pronto qui davanti a me, ti lascio a casa a digiuno, e credo che non ti convenga, Mr. Scheletro!", vidi Georg e Gustav scoppiare a ridere mentre Simone scuoteva la testa con una certa rassegnazione addosso, così mi trovai a sorridere, conscio che Gordon non fosse Jörg, lui stava solo incitando suo figlio a far presto, lui non avrebbe mai davvero lasciato a digiuno uno dei suoi figli, perché lo vedevo chiaramente nei suoi occhi quanto e come quell'uomo amasse profondamente le persone che componevano la sua famiglia.

Ancora una volta mi ero perso nelle mie elucubrazioni quando, dopo aver sentito dei passi in cima alle scale ed essermi voltato per puro istinto, per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva, ritrovandomi a sgranare gli occhi nel vedere quella bellissima ragazza ferma nella metà esatta della scalinata con un'espressione contrariata sul bel viso.

Era magrissima, dal fisico davvero esile e i capelli colore dell'ebano, lasciati più lunghi sul collo ed impreziositi da una lacca brillantata, ricordavano un cielo notturno stellato; i suoi occhi, color ambra, erano perfettamente truccati e contornati da un gioco di grigi, neri e bianchi, da far invidia ai migliori make up artist; le sue guance dalla pelle morbida e pallida; il suo naso piccolo e grazioso; le sue labbra piene e ricoperte da un gloss rosa confetto effetto trasparente ne risaltava la carnosità e faceva venire l'acquolina in bocca, mi ritrovai a desiderare pazzamente di poter saggiare, mordere e lambire quelle labbra che sembravano essere state scolpite da uno di quei maestri dell'arte dei millenni andati; i suoi fianchi stretti; il petto glabro sotto ad una nera t-shirt di qualche band di cui non avevo mai sentito parlare; i jeans più neri e aderenti possibile ad evidenziare un fondoschiena che mi fece prudere le mani dal desiderio mai provato prima di poterlo stringere con possessione; i bracciali borchiati che adornavano le sue braccia magre e pallide; le mani, dalle lunghe dita affusolate e le unghie ricoperte da una perfetta french manicure.

Tutto di quell'essere mi stava letteralmente richiamando a sé, e mi ritrovai con la bocca aperta, non sapendo né quando, né come, né perché l'avessi spalancata, ma probabilmente era aperta da tanto poiché avevo la gola talmente arsa e secca da bruciare e forse avevo su anche un'espressione davvero tanto idiota perché avvertì lontanamente la risata di Georg e mi ricomposi il più velocemente possibile, per quanto veloce potessi riconnettere il cervello con il corpo ed entrambi alla realtà nella condizione di stordimento in cui versavo, e allungai quindi la mano destra verso la ragazza per balbettare un improbabile "P-piacere, s-sono Tom" non rendendomi nemmeno conto di aver usato il nomignolo datomi da Gordon, e cercai di sfoderare il mio sorriso migliore, conscio del fatto che probabilmente mi fosse uscita soltanto una smorfia da totale imbecille, quando per poco non mi strozzai con la saliva per la seconda volta nel giro di cinque minuti quando l'essere finalmente parlò, concedendomi di bearmi del suono saove della sua voce "Mamma, pensavo aveste adottato un ragazzo di New York, non una sottospecie di scimpanzé talebano spacciatore di metanfetamina scadente vestito come un brutto incidente tra 50 Cent ed Eminem dei poveri" proferì in tono acido colei, o forse meglio dire colui, che capì essere Bill, dopo avermi squadrato da capo a piedi, incrociando le braccia sul petto, spostando il peso sul piede sinistro e inarcando il sopracciglio destro, dove faceva la sua bella figura un piercing circolare, e nonostante avesse parlato solo ed esclusivamente per insultarmi, la sua voce mi risultò soltanto melodiosa e armonica come mai nessun suono, capace di incantare chiunque e fui certo di sentire anche un coro di angeli cantare in sottofondo, così la mia mente elaborò due semplici parole che mi si impressero davanti agli occhi a caratteri cubitali, decretando ciò che sarebbe stata la mia vita da lì in poi: SEI. FOTTUTO.

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