Capitolo 5

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Los Angeles International Airport- Los Angeles, 10 aprile 2005 - 6:25 PM

Forse una volta decollati mi addormentai sul serio, perché una hostess mi svegliò, dicendomi di essere atterrati, così dopo aver recuperato la sacca scesi dall'aereo, pronto a gettarmi in quell'avventura che si prospettava la mia nuova vita.

Della mia nuova famiglia sapevo solo i nomi dei rispettivi componenti e le loro rispettive età; sapevo anche che Simone e Gordon erano genitori adottivi di altri tre ragazzi: Georg, diciotto anni, Gustav, diciassette e Bill, di sedici anni come me.
Non conoscevo i loro visi e mi chiesi sinceramente come avrei fatto a riconoscerli, ma questo mio dubbio fu subito messo a tacere da un cartello più o meno grande quanto i tabelloni dell'aeroporto, quelli dove segnavano le partenze, con sopra scritto a caratteri cubitali un "TOM" sbarrato per essere sostituito da un "THOMAS" sbarrato anche questo, per essere sostituito a sua volta da un foglio che probabilmente avrebbe dovuto coprire i precedenti tentativi di richiamare la mia attenzione, che riportava la scritta "IL NOSTRO BAMBINO DA MANHATTAN", tenuto in mano da un uomo sui trent'anni con accanto una bellissima donna dai capelli ramati e impegnati com'erano nel discutere animatamente, non si accorsero di me che nel frattempo mi ero avvicinato e non potei trattenermi dallo scoppiare a ridere.

"Gordon te l'ho ripetuto un centinaio di volte, dovevi lasciare scritto 'Thomas' adesso crederà che siamo quel tipo di genitori che mettono in imbarazzo i propri figli! Lo faremo scappare prima ancora che scenda dall'aereo!" stava dicendo colei che doveva essere Simone, in un fallimentare tentativo di sussurrare e non urlare dalla frustrazione, gesticolando in modo esagitato; "Simone, ed io quante volte ti ho ripetuto che scrivere solo il suo nome sarebbe stato freddo e che probabilmente gli avremmo dato l'impressione di genitori severi stile 1800 che usano ancora chiamare i figli esclusivamente col nome di battesimo? Avrebbe pensato di stare per andare in collegio e non a casa della sua famiglia! Santa donna, per una volta ascoltami, sono o no il genitore preferito dei nostri ragazzi?" "Non di tutti! Georg ti ama perche è un selvaggio come te, per Gustav invece sai bene che non fa differenza tra me e te, per lui ciò che importa è avere sempre del cibo nel pancione! Guarda Bill invece, è un ragazzo educato e a modo, questo perchè grazie al cielo ha preso da me, se veniva su come te a quest'ora vivrei in un porcile, non in una casa!".

Riuscire a contenere la risata di puro divertimento e felicità che mi nacque dal cuore fu impossibile: ancora non avevo rivolto nemmeno un saluto a quella stramba e colorita coppia, ma ero felice perché a pelle sentivo di aver trovato finalmente il mio posto, una vera famiglia, la mia famiglia. Probabilmente se fossi stato adottato da una coppia più severa e austera mi sarei sentito profondamente a disagio, ma vedendo Gordon e Simone discutere in quel modo che, nonostante le parole, lasciava trasparire affetto e amore, sapevo che con loro potevo essere me stesso senza sentirmi in qualche modo sbagliato.

La mia risata attirò la loro attenzione e fermandosi da quella discussione tanto divertente per me, si voltarono a guardarmi e ognuno mi regalò un sorriso carico di affetto, felici nel sentirmi ridere e notai come si sorrisero l'un l'altra, lasciando intrecciare tra loro le dita delle loro mani. "Thomas... sono Simone, siamo felici che tu abbia accettato di venire a vivere da noi, spero che ti troverai bene!" le sorrisi di rimando e ammiccando al cartello che Gordon ancora stringeva nella mano libera le risposi un semplice "Tom mi piace", scrollando le spalle prima di essere travolto da una chioma di capelli color rame in un abbraccio spezzacollo, sentendo Gordon borbottare "E menomale che lo avrebbe spaventato il mio cartello... gli abbracci improvvisi da wrestler stritolatore non contemplano lo spavento, ovviamente..." ma mentre lo diceva mi sorrise e quando sua moglie finalmente mi lasciò libero di espandere nuovamente i polmoni ed incanalare ossigeno, lui poggiò una delle sue grandi mani su una delle mie spalle e mi guardò negli occhi "Benvenuto a casa figliolo" disse soltanto e fu davvero così che mi sentii tra loro, a casa.

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Scusate questa piccola invadenza, ma è l'unico modo che ho per avvisare chi legge questa storia: dalla settimana prossima i capitoli potrebbero subire dei leggeri ritardi in quanto io sono in convalescenza da un intervento, essendo uscito ieri dall'ospedale, quindi dico sinceramente che sono giorni che non ho testa nemmeno per controllare i messaggi privati per farvi un esempio... in più questo mese sarà un bel po' frenetico, ma ho intenzione di rispettare l'appuntamento con voi anche solo per ringraziarvi del supporto che mi date continuando a leggere la mia storia.

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