La lussuosa berlina nera correva veloce, guidata da un autista sconosciuto che sembrava domarla con perfetta abilità. Patrick, seduto accanto a lei, le accarezzava distrattamente il dorso della mano con il pollice guardando fuori dal finestrino, ad ornargli il volto mentre inseguiva la strada scorrere sotto di lui un sorriso rilassato che lo rendeva così bello da spezzare il fiato. Tuttavia Hermione si sentiva inquieta, dubbiosa, e soprattutto in colpa verso Draco a cui aveva promesso di farsi trovare in casa: chissà come c'era rimasto male, arrivando a trovandola vuota, chissà a cosa aveva pensato... purtroppo non era riuscita a opporsi, aveva dovuto seguire Patrick, era stata una imposizione istintiva, più forte di qualsiasi replica, una voce autoritaria che le era rimbombata nella testa e che l'aveva lasciata confusa, quasi non si trattasse di un suo pensiero. L'unico obiettivo, in quel momento, era stato vestirsi e raggiungere l'uomo, non aveva pensato nemmeno a lasciargli un bigliettino con le dovute spiegazioni, o a telefonare a Ginny per avvisarla.... si era affidata completamente nelle mani di Patrick senza pensare e solo ora che la macchina correva veloce stava riacquisendo un minimo di lucidità utile a farla preoccupare.
- Patrick, dove stiamo andando?
- A casa mia, amore.
- A... a casa tua? – balbettò Hermione, confusa. – Ma... ma non avevi detto...
- Al ristorante? Beh, si, in un certo senso. Ho fatto venire lo chef più famoso di Londra nell'appartamento che ho preso in affitto. Cucinerà a casa, per noi. Volevo un posto.... intimo... e accogliente.
- Ma... ma... - continuava a sillabare la ragazza, senza capire. La sensazione che stava iniziando a serpeggiarle nella pancia non le piaceva affatto.
- Ma cosa? Non vuoi vedere casa mia? – chiese Patrick, con un tono da cucciolotto ferito.
- Non è questo, ma....
- E allora guarda, eccoci, siamo arrivati.
Si trovavano ai piedi di un enorme condominio cubico e nero. Sembrava quasi un immenso dado, con le finestre chiare come puntini.
Patrick l'afferrò saldamente per un braccio e la condusse fermo ma gentile all'interno, rivolgendo un breve cenno con il capo al portiere, e poi dentro l'ascensore digitò un codice sul tastierino.
- Sei... sei nell'attico? – chiese Hermione per tranquillizzarsi, stringendo la borsetta più forte sotto l'ascella, tranquillizzata dalla presenza della bacch...
Cazzo.
Cazzo!
La bacchetta!
Maledizione, lei non aveva una bacchetta!
La consapevolezza di essere disarmata la immobilizzò sul posto, pietrificata dall'orrore, e sentì inequivocabilmente un rivolo di sudore freddo scenderle lungo la spina dorsale mentre inspirava tutta l'aria presente nello stretto spazio. Da quando aveva undici anni non era mai, mai, mai stata senza bacchetta, nemmeno d'estate nel mondo babbano si separava mai dalla sua fida compagna. Cosa le era venuto in mente? Si era lasciata distrarre prima dalla chiacchierata con Ginny, poi da Draco, quando invece per primissima cosa sarebbe dovuta correre da Olivander!
Chiuse per un attimo gli occhi e si impose di rimanere lucida e razionale. La magia era qualcosa di più di una semplice stecca di legno, la magia era lei, era dentro di lei, checchè ne dicessero gli snob era un dono che le era stato elargito nel momento stesso della sua nascita. Era una strega, lo era sempre stata, lo sarebbe stata sempre. La magia le fluiva nelle vene, le irrobustiva i muscoli, le infiammava il coraggio e le ronzava nella mente, la permeava fino all'ultima fibra, all'ultima cellula, all'ultimo neurone. Forse sarebbe stato più faticoso, più difficile, ma non si sarebbe fatta sopraffare dal suo stesso potere. Quando si era arrabbiata, nei sotterranei, aveva fatto qualcosa che nemmeno credeva fosse possibile; niente le avrebbe impedito di rifarlo in quel momento, se non una sua eventuale paura di non farcela. Doveva pensare positivo, doveva convincersi del suo potere, crederci con tutta se stessa e, in caso di pericolo, ne sarebbe uscita comunque vittoriosa. Animata da questa nuova certezza si raddrizzò e sorrise. Lei era Hermione Granger, aveva combattuto una guerra, non si sarebbe di certo fatta mettere al tappeto da niente e da nessuno.
- Si, certo - si sentì dire, non ricordando nemmeno la domanda che aveva posto. - Vedrai.... Vedrai che meraviglia.La porta dell'ascensore si aprì direttamente nell'ambiente.
In tutti i modi Hermione l'avrebbe definito, tranne che meraviglioso.
Era freddo, sterile, anonimo, apatico, tutto di bianco e nero smaltato, sembrava più un ambulatorio dentistico che una casa. Dov'erano le decorazioni, foto, quadri, un po' di sano disordine? Non era un ambiente vissuto. Sembrava più che altro un'area piena di forme geometriche a scacchi.
Un orrendo senso di claustrofobia l'assalì. Patrick, apparentemente, non lo notò.
- Prego, amore, siediti – sorrise, indicandole un pouf bianco vicino ad un piccolo tavolinetto di vetro. - Cosa bevi?
- Niente, grazie – gli sorrise fintemente. – Dov'è il cuoco?
- Arriverà a momenti, Neil è andato a prenderlo. Gin? Succo di zucca? Acquaviola?
- Nulla, davvero.
- Come vuoi – le fece l'occhiolino mentre mandava giù un sorso di quello che pareva scotch. Poi le si avvicinò cauto e le si inginocchiò ai piedi, prendendole le mani nelle sue. – Bene, amore mio, mia dolce stella. Ora puoi dirmi la cosa che tanto ti tormenta.
- Ma no, ma no – rispose Hermione, ottenendo solo un ghigno impaurito, tentando di guadagnare tempo per pensare a come muoversi – hai ragione tu, godiamoci la serata, perché...
- Vedi, stellina – la interruppe Patrick, intensificando la presa sulle sue mani – io sono un tipo tanto curioso. Ora tu mi hai messo la pulce nell'orecchio e non mi gusterò la cena se tu non mi dici la verità. Qualunque essa sia. Forza, sputa il rospetto.
- Patrick...
- Sputa il rospo – sibilò, continuando a mantenere quel sorriso da folle che le faceva venir voglia di urlare.
- Beh... ecco... io .... Io... - tentennò Hermione, incerta e tremendamente spaventata. Era proprio tutta quella gentilezza a farla star male, era troppo artefatta, troppo costruita. Era la maschera perfetta di un pazzo.
- Tu? Forza, bimba, non ti mangio mica – le sorrise, incitandola a continuare.
- Ecco.... Io... - Hermione prese il coraggio a due mani e lo guardò dritto negli occhi. – Io non voglio più stare con te. Mi dispiace.
Se pensava di vederlo strabuzzare gli occhi, esplodere in una scenata di gelosia o ancor peggio piangere, fu amaramente delusa. Fu come se non avesse proferito parola. Patrick continuò a mantenere il suo dolcissimo sorriso, scuotendo il capo quasi divertito.
- Oh.... mio cioccolatino... perché dici queste brutte cose?
- Perché... perché non voglio più stare con te, Patrick. Scusami... ma è la verità.
- D'accordo, ma perché non mi vuoi più?
- Beh, ho capito che... che non siamo compatibili e che....
- Oh... oh... - continuava o sussurrare lui, continuando a sfiorarla con estrema delicatezza. – Oh... la mia dolce bimba mi rifiuta... lei pensa che... che non siamo.... compatibili...
- Patrick...
- In effetti, sai, non è proprio falso. In teoria è vero che non siamo compatibili. Tu non sei... adatta... a me.
- Cosa vuoi.....
- Vuoi vedere un trucchetto, amore? - le sorrise, un luccichio orribile negli occhi, un sorriso da folle.
- Patrick... - pronunciò Hermione senza voce, definitivamente terrorizzata.
- Lo vuoi vedere un trucchetto niente male?
- Cosa...
- Lo vuoi vedere, sì o no?
- S... sì....
- Va bene – acconsentì l'uomo, lasciandole le mani e portandosi le mani sul proprio viso. – Guarda... guarda bene eh! Uno.... – disse, infilandosi le dita in bocca – due... - continuò, prendendo tra pollice e indice l'arcata superiore...
- Patrick...
- Tre!
Hermione urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Continuò ad urlare anche dopo che uno schiaffo micidiale l'aveva gettata faccia a terra.
E mentre si sentiva trascinare per i capelli, capì immediatamente l'identità di Patrick.
Non solo un pazzo, ma anche un vampiro.
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Deeper Inside
FanfictionAutore: kiddoB 22/07/2013 La vita di Hermione Granger procede, tutto sommato, tranquilla, tra gli amici ed un lavoro temporaneo ma monotono ed insoddisfacente. All'improvviso, però, tutto si stravolge: incontra un uomo perfetto (forse troppo pe...