Draco inviò un gufo a Hermione, invitandola a tornare, ma il poveraccio ritornò dopo nemmeno mezz'ora con attaccato alla zampetta un biglietto di sole due parole: neanche morta. Ragion per cui fu costretto a prepararsi una borsa per la notte e a smaterializzarsi a casa della ragazza, che gli aprì ancora in accappatoio, leggermente imbronciata.
- Non mi sono mai vergognata tanto in vita mia - gli berciò addosso, appena fu entrato.
- Non è mica colpa mia! - rispose, a metà tra l'offeso e il divertito.
- Io non ci metto più piede lì!
- Ma guarda che le sei simpatica...
- Come no, si è visto. Senti... con tutto il rispetto, ma io non voglio più trovarmi in una situazione simile.
- Perfettamente d'accordo. Le prossime volte ci smaterializziamo direttamente in camera - le sussurrò suadente, sciogliendole il turbante che conteneva i capelli bagnati e iniziando a divorarle il petto.
- Draco... non sono dello spirito giusto - lo allontanò, irritata senza sapere bene da cosa. Lui la fissò stranito e la guardò allontanarsi verso il piano di sopra, confuso.
In realtà Hermione, nel lasso di tempo in cui era rimasta sola, aveva avuto tempo di riflettere e di infastidirsi per tutta la situazione.
Fino a poche settimane era un'altra la fidanzata di mio figlio...
Solo fino a poche settimane prima lui... lui aveva toccato Astoria. L'aveva baciata, stretta, presa... si era svegliato accanto a lei. E se non fosse successo tutto quel pasticcio... avrebbe continuato tranquillamente nella sua routine quotidiana.
Che fine aveva fatto la ragazza? Cosa l'aspettava? Hermione non sapeva cosa provava nei suoi confronti: rabbia, disprezzo, disgusto... gelosia?
E Draco, che non aveva chiesto niente su di lei? Era semplicemente la sua cattiva abitudine di allontanare le domande scomode o voleva magari... proteggerla, aiutarla?
Probabilmente, poteva essere. Nonostante tutto, era la sua ex e non era stata certo lei, almeno in un primo momento, quella in torto.
L'irritazione crebbe a dismisura, facendole aprire la bocca per urlare a Draco di andarsene. Perché si era portato lo zaino per passare la notte da lei? Chi lo aveva invitato? Chi lo aveva autorizzato ad insediarsi in casa e nella sua vita senza nemmeno chiedere, con così tanta naturalezza?
Improvvisamente si era sentita spaventata dall'enormità della situazione, braccata, accerchiata, stretta in una morsa in cui non riusciva a respirare. Stava accadendo tutto troppo in fretta. Passare dal detestarsi, al rischiare di morire, alla passione più sfrenata nel giro di pochi giorni.... aveva bisogno di un momento per razionalizzare, inquadrare la cosa nella giusta ottica, decidere il da farsi.
Ma non stava forse sbagliando di nuovo? Non aveva forse compreso ed assimilato il rischio che aveva corso e tutto ciò che ne conseguiva? Davvero voleva allontanare Draco, proprio quando aveva rischiato di perderlo per un soffio? No, certo che no. Lo amava, lo desiderava, voleva che fosse suo e voleva essere sua.
E allora cos'era che la infastidiva, che la stava facendo innervosire? Il fatto che l'uomo che l'adorava e che era a sua volta adorato non perdeva un minuto per stare insieme a lei, per amarla, per darle piacere? Era davvero così ottusa, così ingrata, così stupida?
La domanda scomoda presente nel suo cervello, che lei faceva finta fosse inesistente, era un'altra.
Perché non ha perso un minuto anche negli ultimi quattro anni?
Lei non ci era riuscita, ad affidarsi a qualcuno, più per sfiducia generale nei confronti della categoria che per altro; certo, Draco le aveva marchiato il cuore ed il corpo in maniera così definitiva da non lasciarle scampo, ma non era stata quella la ragione principale della sua freddezza, sapeva benissimo che il tempo, se non guarisce, aiuta almeno a razionalizzare e a tentare di ricostruirsi la serenità. Comunque non aveva voluto illudere o prendere in giro nessuno, non le sarebbe piaciuto usare un altro come consolatore e non invece come reale, possibile compagno. Mentre invece lui era rimasto con Astoria nonostante amasse lei - dicesse di amarla... no, no, l'amava. Su questo non poteva, non doveva avere dubbi -. Ci era uscito, ci aveva mangiato, dormito, fatto sesso, condiviso biancheria pensieri e segreti. E in tutto quel mentre, l'amore per lei dov'era? Quanto era realmente forte e grande? Se era riuscito a sopirlo senza problemi e a farsi fagocitare dalla vita quotidiana, quanto avrebbe resistito alle difficoltà della loro ipotetica vita futura?
Tutto questo senso di incertezza, di precarietà, di solidità instabile le faceva venire voglia di piangere. Si era fidata di lui, ma ancora una volta aveva paura, e forse ancora una volta aveva sbagliato. Nonostante tutte le conferme che aveva avuto? Sì, nonostante quelle.
Non sapeva bene cosa desiderare: da un lato si sarebbe sentita patetica a dirglielo, sapendo bene che la sua utopica visione di lui inginocchiato ai suoi piedi a giurarle amore eterno ed imperituro non si sarebbe mai realizzata, dall'altro voleva solo mandarlo via, dirgli di starle lontano e piangere un po' da sola. Non era abituata a fronteggiare situazioni così complesse ed intricate, in special modo che la riguardassero. Era sempre stata una brava psicologa per gli altri, con la parola ed il consiglio giusto pronti, con la soluzione più logica e adatta in mente... ed ora per se stessa non sapeva barcamenarsi, troppo sballottolata tra voglia di abbandonarsi e paura di precipitare.
Prese un bel respiro, ridiscese dabbasso vestita da casa e gli fece un mezzo sorriso, troppo falso per passare inosservato.
- Ceniamo? - propose tentando di alleggerire l'atmosfera e aprendo il frigorifero.
Draco la osservò per un po', senza rispondere, e quando lei si voltò con le braccia spalancate e le sopracciglia alzate, un invito/sfida a rispondere, colse il nocciolo della questione.
- Sei arrabbiata con me, vero?
Hermione sussultò, colpita e affondata.
- No, non sono arrabbiata - mentì spudoratamente.
- Beh, dire che sei arrabbiata effettivamente è impreciso. Direi piuttosto che sei furibonda.
- Non sono arrabbiata.
Draco le si avvicinò piano alle spalle e l'abbracciò con cautela. Lei non lo scostò, ma rimase troppo rigida per rendere la stretta piacevole.
- Ma si può sapere che ti prende? - l'apostrofò lui, incupito.
- Niente, davvero. Sono stanca, te lo giuro.
- Granger, non ho nessuna voglia di lasciare questioni in sospeso, tra noi è una strategia sbagliatissima. Se hai qualche rospo, sputalo fuori qui e ora.
- Io non ho niente da dirti! Non sono arrabbiata, non sono niente! - sbottò, voltandosi a fissarlo.
Gli bastò uno sguardo per comprenderla. Conosceva troppo bene quegli occhi; erano gli stessi che lui aveva sempre avuto, ogni volta che la guardava da quando aveva diciassette anni.
- Aaah... ecco - modulò pacato.
- Ecco cosa? - rispose lei, cauta.
- Non sei furibonda. Sei gelosa.
Si sarebbe quasi messo a ridere di quell'espressione strafottente e di quella bocca semiaperta, se la cosa non gli avesse fatto venire voglia di stenderla sul tavolo e divorarla.
- Gelosa? Io? Stai delirando, Malfoy! Di chi poi?
- Sei gelosa - ridacchiò, prendendola di peso e sedendola sul piano di legno, abbracciandola forte e ricoprendola di baci.
- Io - non - sono - gelosa! - gli strepitò addosso, tentando di scostarlo. - Non so nemmeno di cosa tu stia parlando!
Draco soffiò sulla sua pelle ancora umida e infilò una mano sotto la canottiera, sentendola immediatamente tendersi.
- Granger, le bugie non le sai dire, rassegnati. Diventi bordeaux, le palpebre ti sfarfallano e fai dondolare le dita.
- In compenso sono brava a smascherarle - le scappò detto giusto per ferirlo, prima di riuscire a comprendere appieno la pericolosità della frase. Difatti Draco si bloccò di colpo, sfilò la mano e la fissò corrucciato ed offeso.
- E questo cosa vorrebbe dire?
Hermione si limitò a scuotere il capo, in una muta scusa per l'uscita totalmente fuori luogo, e si ricompose seduta scivolando più verso destra per non stare tra le sue gambe, iniziando a tormentarsi i capelli.
- Io non sono gelosa - ammise infine con difficoltà. - Sono... sono delusa, ecco. Io... sì, sono anche gelosa, ok? Non riesco a capire come hai potuto passare anni della tua vita accanto a una donna per cui... se poi dici che... è... sleale. Non... non lo so, forse funzioniamo in modo diverso, ma io non riuscirei a stare con qualcuno pensando a un altro. Non capisco come possa ... come possa aver funzionato. Quando pensavi a chi, quando volevi chi? È come....
- Essere spaccati? Sì, lo so benissimo, grazie tante, psicomaga del nuovo millennio.
Hermione sobbalzò, stupita da quel tono gelato e tagliente che con lei non aveva mai usato, e ritrovarsi davanti quel viso turbato e cupo la ferì più di tutto.
- Senti, io... Merlino, se avessi per le mani Astoria in questo momento le farei odiare sua madre per averla messa al mondo, ma ciò non toglie che io le ho voluto bene davvero. Non rinnegherò quello che è stato solo per dare sollievo alla tua soddisfazione femminile. Io credevo che a te non importasse di me, non avevo più i genitori, miliardi di scartoffie da fronteggiare, avvocati squali che mi contattavano continuamente... non sapevo badare a me stesso, Granger, sono stato viziato un po' troppo - ammise a capo chino. - Non avevo la più pallida idea di cosa fosse un testamento, una tassa da pagare, un passaggio di proprietà, un contratto... non sapevo nemmeno dove andare a cercare un paio di calzini puliti se la mattina non li trovavo pronti sul letto. Ti sembrerà assurdo e forse lo è, ma sono stato educato così. Un perfetto principino da salotto, che nel mondo reale sarebbe stato fregato persino sul resto della spesa.
- Io....
- Astoria mi è stata accanto, coi suoi genitori. Astoria si è preoccupata di tutto, mi ha aspettato fuori dalla porta nelle giornate orribili in cui mi chiudevo in camera di mia madre, mi ha fatto capire perché mai fossero stati inventati i cassetti, mi ha portato a Stonehenge e mi ha fatto ridere per la prima volta dopo sei mesi spaventando un gruppo di turisti babbani.
Sollevò la testa per guardarla e in quel gesto lei ci lesse un'accusa di incomprensione che la fece sentire piccola e stupida.
- Sai cosa ho imparato? La riconoscenza. Non mi fa onore essere stato con lei per quello, me ne rendo conto, ma certo è un qualcosa di più sincero di sangue, soldi o potere. Non avevo forse anch'io il diritto di farmi una vita? Credi che avrei potuto ignorare tutto questo? Forse perché siamo diversi, forse perché tu sei più splendentemente onesta e cristallina di me - sottolineò in tono pesantemente ironico - forse solo perché sei una donna, ma so che non riesci a capirmi. È ovvio che con Astoria ci sono andato a letto, non abbiamo passato quattro anni a guardarci negli occhi, e non dirò che è stato brutto perché non lo è stato. Ma con te è diverso.Devi scendere a patti con questa cosa, se vuoi che andiamo avanti.
Hermione rimase con gli occhi bassi a fissarsi le ginocchia. Lo comprendeva e non lo biasimava, ma c'era qualcosa che nel profondo, egoisticamente, non riusciva ad accettare.
- Non mi credi, vero? - mormorò Draco, con le mani poggiate sul tavolo, sguardo di marmo. Alla ragazza la situazione sembrò emblematica: sullo stesso piano, agli estremi opposti. Doveva davvero continuare ad essere così?
- Ti credo - gli sussurrò con cautela.
- E allora.
- E allora... niente. Così.
Draco si rilassò leggermente, prendendo un respiro profondo, ed allungò una mano verso la sua, trovandola già a metà strada. Quasi all'unisono entrambi compirono i movimenti giusti per incastrarsi perfettamente ad abbracciarsi, stretti, un groviglio di braccia e gambe impossibile da districare, tanto forte da fare un po' male.
Come il perdono, il sapore che quell' abbraccio aveva.***
Era stato difficile essere pronti per le dieci di mattina: la notte era volata tra un bacio, una carezza, una parola dolce e una spinta. Entrambi avevano avuto bisogno di quelle ore di lentezza, assoluta delicatezza, curiosità ed esplorazione: una volta esaurita la smania delle prime volte, erano riusciti ad essere pazienti e coordinati per scoprirsi in modo più adulto, ma anche più impudico. Si erano baciati a lungo su quel tavolo, talmente a lungo da perdere la cognizione del tempo e della posizione scomoda che aveva indolenzito il collo di lei e le gambe di lui; alla fine, a furia di passi inciampati e gradini fatti ad occhi chiusi, si erano abbandonati alla passione sul morbido materasso della camera della ragazza. Gli abiti erano stati tolti con circospezione e lentezza, ogni centimetro di pelle baciato ed accarezzato con venerazione, come se fosse degno della più devota attenzione, ogni sguardo era stato riempito con una parola troppo difficile da dire ma troppo sincera per essere completamente omessa. Solo il ricordo di come e quanto Draco l'aveva contemporaneamente baciata ed accarezzata tra le gambe, con calma e dolcezza quasi crudeli, fino a farle mordere il cuscino per non urlare, fino a costringerlo a tenerla bloccata per non farla contorcere, le spedì un brivido lungo la spina dorsale così forte da costringerla a chiudere gli occhi e dominare la memoria. Era stato tutto naturale, rispettoso, semplice, senza forzature nè vergogna da parte di entrambi; le uniche emozioni presenti erano state la gioia di amarsi, di scoprirsi e di godere del godimento dell'altro. Le ore erano parsi attimi, quelle in cui avevano dormito schiocchi di dita, ogni momento dei loro amplessi infinito e allo stesso troppo breve, gemme per sempre incastonate nella sua memoria - il singhiozzo sorpreso ed eccitato di quando anche lei era scesa a assaggiarlo nello stesso modo, scoprendo quanto fosse galvanizzante e meraviglioso potergli regalare la medesima sensazione di piacere totalizzante; il bacio che lui le aveva impresso in mezzo alle scapole, mentre le accarezzava i glutei e la faceva arrossire con parole entusiaste; la forza con cui l'aveva stretta nel momento di maggiore tensione mentre la possedeva alle spalle, affondando il viso nei suoi ricci e intrecciando le dita di una mano alle sue; il modo in cui se l'era ritrovato spalmato addosso alla mattina, con il viso poggiato sul seno, una gamba a cavalcioni delle sue e una mano che stringeva una ciocca dei suoi capelli. Erano stati gesti primitivi traslati in una dimensione quasi divina di cui, oramai lo sapeva, non sarebbe più riuscita a fare a meno. Riuscirono comunque ad arrivare puntuali, approfittando dell'assenza di persone nell'ascensore per scambiarsi ancora qualche bacio nella posizione preferita di Hermione, lei con le spalle al muro e lui che la imprigionava tra le braccia piegate. Contenersi anche in pubblico stava diventando sempre più difficile e fu con il cuore in tumulto e la voce roca che bussò alla porta di Harry.
- Buongiorno a tutti! - salutò cordiale, e purtroppo ottenne da Draco solo un mugugno schifato, dato dalla presenza contemporanea di Harry, Ron e Neville.
- Ciao, Luna - sorrise all'amica, andando ad abbracciarla.
- Ciao Hermione. Come sei bella! Ciao, Draco - salutò il ragazzo alle spalle, con una naturalezza che lo lasciò basito. Non vedeva la Lovegood da anni e in ogni caso non le aveva mai rivolto la parola.
- È da un po' che non ci vediamo... dove sei... oh mio dio - mormorò Hermione, afferrandole la mano sinistra ed osservando la sottile fede d'oro - Luna! Ti... ti sei sposata?
- Sì sì - rispose, con il suo solito tono sognante, ma più raggiante - la settimana scorsa.
- Ma.... ma Luna! - replicò la riccia, un po' delusa. - E dove...
- Tesoro, mi sarebbe piaciuto invitarvi, ma è capitato. Io e Rolf eravamo alle Galapagos per quelle tartarughe centenarie e ci si poteva sposare in spiaggia, e abbiamo deciso sul momento. Ma appena possiamo organizzeremo una piccola festa anche qui, promesso!
Hermione rimase un attimo stupefatta e poi scoppiò a ridere, divertita. Solo per Luna era perfettamente normale che un matrimonio "capitasse".
- Beh, ne parliamo dopo per bene, ti va? Adesso andiamo, così ci togliamo l'impiccio.
Ci mise un po' a smuovere il resto della truppa: Harry era ancora offeso per come era stato sbattuto fuori il giorno prima, Ron era semplicemente scocciato e Neville ancora sconvolto dalla coppia formatasi. Draco passò loro davanti con lo stesso sguardo che avrebbe riservato a tre blatte spiaccicate al suolo, fermandosi in particolare davanti all'ultimo.
- Paciock.
- Malfoy - gli rispose, forse un po' intimidito ma a testa alta.
- Che ruolo giochi tu in tutto questo?
- Io insegno. Erbologia.
Il biondo annuì senza commentare, come se avesse acquisito un nuovo rispetto nei suoi confronti, e poi scrollò le spalle.
- Se non altro non sei un inutile parassita come questi due sfigati qui.
- Furetto! - scattò Ron, puntandogli la bacchetta addosso.
- Tranquillo, Weasley! Sarai sempre il nostro Re.
- Vi silenzio a tutti e tre se non la smettete immediatamente. La mia nuova bacchetta ha giusto bisogno di essere usata - intimò Hermione, determinata. - E adesso tutti il dito sulla Passaporta, ed anche in fretta. Smettila di provocarli - sussurrò poi a Draco, furibonda - diventi pesante.
- Ma mi diverto - le rispose semplicemente, prima che lo strappo all'ombelico gli mozzasse il respiro.
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Deeper Inside
FanficAutore: kiddoB 22/07/2013 La vita di Hermione Granger procede, tutto sommato, tranquilla, tra gli amici ed un lavoro temporaneo ma monotono ed insoddisfacente. All'improvviso, però, tutto si stravolge: incontra un uomo perfetto (forse troppo pe...