Capitolo VII - Il fiore di cristallo

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Theodore Nott non era tipo facile alla commozione, anzi, tutt'altro. Uno dei pochissimi momenti in cui la voce gli era tremata era stato sull'altare, quando aveva sposato Daphne, e qualche altro che non aveva piacere a ricordare.
Ma quella mattina Draco gli aveva raccontato una storia.
Ovviamente, raccontata alla sua maniera, tutta spizzichi e bocconi, con le parole sottintese da tirar fuori con le tenaglie.
In ogni caso, gli aveva raccontato una storia.
E Theodore avrebbe voluto piangere, un po' dal profondo senso di assurdità che la narrazione gli aveva suscitato e un po' per.... disperazione.
Alla fine aveva optato per rifugiare la testa tra le braccia incrociate sulla sua pregiata scrivania di mogano.
- Quanto ti faccio schifo e pietà da uno a dieci? - tentò di sdrammatizzare Draco, prendendo quel gesto come disgusto.
L'amico scosse la testa.
- Oh, Draco....
Il biondo rimase sinceramente stupito da quel tono smunto e tentò di spiare la sua espressione tra le braccia piegate, ma Theo si rialzò di colpo con il viso normalmente sereno. Tuttavia, un'ombra era passata nei suoi occhi, ma Draco ritenne più saggio non fare domande in merito.
- Ti rendi conto della posizione in cui mi trovo, vero? - disse l'altro, con un mezzo sorriso canzonatorio.
- Tu non ti trovi in nessuna posizione, che c'entri tu?
- Sai benissimo che ricadute avrà tutto questo sulla mia tranquillità familiare, per non parlare del lato sessuale. Già Daphne è una persona un po' acidella di suo, più la gravidanza non ti dico. E ti sto avvisando, prima che tu ti faccia strane idee: io non dirò una parola al caro suocerino. Quello te lo affronti tu.
- Ma se ti adora....
- Come no! Sono la luce dei suoi occhi! Ti devo ricordare che una settimana prima del matrimonio ha cercato di farmi accoppare da cinque Inferi? Ohohoh.... - ridacchiò insolente. - Non vedo l'ora di sapere cosa organizzerà per punire te. Farà le cose in grande, ci scommetto. Troverà un modo per resuscitare il Signore Oscuro e farti cruciare da lui personalmente.
- Che consolazione che sei, Theo, davvero. Menomale che son venuto a parlare con te, mi ci voleva proprio - sbottò Draco, nervoso oltre ogni dire ma, dall'altro lato, sollevato. Non sarebbe potuto restare un altro giorno a macerare nel tormento, solo in quel maniero gigantesco con unica compagnia quella di una creatura inferiore che avrebbe solo voluto strangolare. Aveva bisogno di tirarsi fuori dalla gola la verità, per la prima volta dopo troppo tempo.
- In ogni caso.... bel pasticcio, eh? - domandò retorico l'amico, comprensivo ed empatico.
- Puoi dirlo forte - acconsentì Draco, massaggiandosi la spalla fasciata.
- Ma oggi....
- Penso che abbia ricevuto il messaggio. E se nel caso non commetterò lo stesso errore.
- Ti conviene. Stando a quel che dici, Potty Potty ha tirato fuori le palle.
- Tutti son bravi a tirar fuori le palle, quando sono i capi della baracca. Anzi, ora che mi ci fai pensare, devo andare. Posso usare il tuo camino?
- Fai pure, e modera i toni.
- Ci vediamo, Theo. Stammi bene e grazie della chiacchierata - salutò Draco, prendendo una manciata di Polvere Volante.
- Draco?
- Sì?
Theo lo fissò per lunghi istanti, serio e muto. Poi espirò forte, ingoiando le parole che voleva pronunciare, e lo congedò con un cenno di mano.
- Buona giornata - salutò Malfoy, perplesso, sparendo tra le fiamme verdognole.

***


Patrick aveva insistito per accompagnarla al Ministero ed Hermione non aveva trovato una motivazione valida per dirgli di no, anche se avrebbe volentieri evitato. Non avrebbe saputo dire perché, ma il modo in cui aveva pronunciato il suo nome nella serra le aveva fatto risalire un brivido lungo la schiena, e non di piacere. Poteva capire la sua irritazione, ma era stato più.... un comando. Come se lui le volesse ordinare di stare immobile, di obbedirgli.
E da che mondo è mondo, Hermione Granger non obbediva agli ordini di nessuno.
Era stato un tono così amaro, così dissimile da tutto quello che fino ad allora lui le aveva mostrato... il contrasto era stato tanto netto da risultare intollerabile.
- Hermione? - sussurò in quel momento, timido, quasi impaurito, mentre la salutava nell'Atrium.
- Ci vediamo domani, Patrick - rispose lei, cordiale ma distante. Non voleva fargli credere di essersi arrabbiata come una bambinetta, ma non riusciva a sentirsi di nuovo a suo agio come prima.
- Senti.... per quel che vale.... scusa se prima ho usato un brutto modo per rivolgermi a te. Capisco che se ti chiamano dal lavoro devi correre. Solo che era così bello stare insieme....
- Non ti preoccupare, Patrick, va bene - tentò di tagliare corto, esibendo un sorriso così finto che persino lei stessa si accorse di starlo facendo male.
- Ecco... solo... tieni - mormorò, porgendole la magherita con cui l'aveva accarezzata poco prima.
Che era diventata di cristallo.
Hermione certo non era tipo da farsi comprare con dei gingilli, ma quel fiore reso prezioso era.... stupefacente. Si vedeva benissimo che non era un lavoro di gioielleria: i petali erano troppo levigati e fini, i dettagli dello stelo troppo curati.
- Quando.... - riuscì solo a bisbigliare.
- Quando non guardavi - rispose lui, e poi le baciò l'interno del polso. - Intendiamoci, non sto tentando di farmi perdonare. Il perdono è qualcosa che mi darai tu, se vorrai. Questo è solo un omaggio, per ricordarti che possiamo trascorrere altri mille pomeriggi così, se me ne darai l'occasione. E se spegnerai quel telefono - concluse facendole l'occhiolino.
- Va bene... - rispose lei, ancora confusa e suo malgrado catturata dalla bellezza del fiore.
Come sempre senza rendersene conto, se lo ritrovò a mezzo millimetro dalle sue labbra. Lui le sfiorò piano col pollice, schiudendole.
Eccola, di nuovo. Quella foschia dolce che le uccideva i pensieri.
E quella voce.
Lasciati baciare.
Lasciati abbracciare.
Lasciati...
- Nessun fiore potrà mai essere più bello di queste - soffiò prima di baciarla, così languidamente e profondamente, con così tanta dolcezza e passione che la ragazza non potè proprio non rispondere.
- Buon lavoro, stella. Io torno ad Edimburgo. Se ti dovessi liberare per cena e volessi vedermi, manda un gufo.
- D'accordo... - sussurrò, ancora intontita dal bacio.
Si girò e si diresse verso gli ascensori, rigirandosi l'oggetto tra le mani. Oh beh, a tutti poteva prendere uno scatto d'ira....

***


- Che ci fai qui, Ron? Non sei a Edimburgo?
- Ci torno subito, servono dei documenti. È un bel casino, da quelle parti, c'è stato un altro omicidio.
- Ok.
Un minuto di silenzio.
- Harry?
- Sì, Ron.
- Ho visto di nuovo quel damerino tutto muscoli con Hermione, nell'Atrium.
- Hermione ha tutto il diritto di uscire con chi le pare.
- Non mi piace.
- Me l'hai già detto.
- Per niente.
- L'ho capito.
- Ma proprio per niente.
- Ho capito.
- Ma per niente niente niente. Cioè, nemmeno un pochettino ino.
- Ho afferrato il....
- Ma proprio non....
- HO CAPITO, RON!

***


Draco stava aspettando da almeno mezz'ora che qualcuno arrivasse nell'ufficio. La segretaria - gran bel pezzo di strega che l'aveva guardato con fare eloquente, e se non fosse stato così terribilmente incasinato non si sarebbe fatto pregare due volte - l'aveva fatto accomodare, ma stava davvero iniziando ad infastidirsi. D'accordo, era stato maleducato. Ma la Granger doveva aver capito che non voleva più vederla e con un'altra persona non sarebbe stato scortese. Che diavolo stava succedendo?
Quando la porta si aprì alle sue spalle trovò perfettamente legittimo lamentarsi.
- È mezz'ora che aspe... Granger.
E dire che l'aveva sempre reputata intelligente.
- Non una parola, Malfoy. Non. Una. Parola. - sentenziò, senza nemmeno guardarlo.
Poi si mise a scartabellare in vari faldoni e cassetti, in un silenzio tombale.
Draco si guardò intorno con fare disinteressato per un po', e poi l'occhio gli cadde sul fiore appena poggiato sulla scrivania, che lui ritenne fatto di cristallo.
- Bello - disse, senza rendersene conto.
Hermione si voltò e lo fissò stralunata, non capendo; lui, imbarazzato, vi accennò col capo per spiegarsi.
- Ah, sì, molto - sussurrò lei, arrossendo suo malgrado.
Quel rossore, per Draco, fu rivelatore. Gliel'aveva regalato lo sgorbio impomatato.
Bah, che gusto orrendo...
- Bene, Malfoy, bisognerà fare un'ispezione preventiva - spiegò lei, gelida come ghiaccio. - Quando sei disponibile?
- Quando volete - borbottò lui, irritato a morte.
- Facciamo domani, così ci togliamo il pensiero in fretta?
- Va bene. Chi verrà?
- Io - rispose, con un tono da funerale.
- Granger - sbottò, spazientito - io ti avevo espressamente detto che sarei venuto alle dieci e mezzo per... ecco....
- Per non avere a che fare con me, l'ho capito. E ti assicuro che il desiderio è ampiamente ricambiato. Ma i miei colleghi sono tutti ad Edimburgo ed Harry ha da fare a Liverpool. Ragion per cui o aspetti la fine delle indagini o ci adeguiamo.
- Non posso aspettare. Va bene, domattina alle nove.
- D'accordo. Partiremo da qui.
- Va bene.
- Bene.
- Bene.
- Bene. - concluse Hermione, sfidandolo con lo sguardo a continuare e, contemporaneamente, invitandolo a sloggiare.
Draco si alzò, ma la tentazione fu troppo forte. Non seppe resistere.
Sapeva che l'avrebbe detestato più di quanto già non fosse.
Ma non potè proprio non farlo.
Alzandosi, fece finta di perdere l'equilibrio e urtò forte la scrivania, facendo scivolare una cartella che spostò verso l'esterno il fiore.
La margherita si sfracellò al suolo, in mille briciole.
Hermione emise un urletto dispiaciuto, portandosi una mano alla bocca. Provò con un reparo ma niente, il fiore non si aggiustò.
- Ooops, Granger.... - gongolò Draco, trionfante. - Scusami tanto, non l'ho fatto apposta. Ma comunque era una patacca. È finto.
Lo schiaffo arrivò dritto, potente e preciso, proprio come il biondo se lo aspettava. Lo prese senza opporsi: ne era valsa ampiamente la pena.
- Purtroppo ci sono cose che non si aggiustano, Malfoy. Nè ora nè mai - balbettò lei con voce strozzata dalla rabbia.
Perchè doveva essere sempre così stronzo? Perchè doveva continuamente avvelenarle l'esistenza?
Perchè non l'aveva lasciata in pace?
- Solo le cose finte non si aggiustano, Granger.
Di nuovo Hermione gli aprì la porta, schiumante di collera.
- Ma le cose vere non si rompono - rispose, spingendolo quasi fuori.
Prima di uscire, proprio come due giorni prima, Draco si fermò e la incatenò al suo sguardo, con una prepotenza tale da sopraffarla.
- Sono d'accordo. Le cose vere non si rompono.
Hermione gli sbattè la porta sul naso senza tanti complimenti.

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