Capitolo XLVIII - Benvenuto, Addio

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- Daphne! - si avventò Theo nella stanza, dopo essersi lavato e disinfettato. La donna passeggiava lentamente, semipiegata, sudata ed ansante, il pancione innaturalmente basso e un'espressione tesa e dolorante a trasfigurarle il viso. Quando lo vide scosse la testa in fretta e ricominciò a respirare in modo breve e rapido, forse preavvisando un'altra contrazione.
- Daphne, amore, come stai? Mi dispiace che la Granger ti abbia fatta agitare, quella stupida! Ma perché non mi hai detto che...
- Zitto, zitto un momento - riuscì a sibilare prima di digrignare i denti, colta dal dolore. Fece per appoggiarsi al muro, ma Theo fu più rapido e la prese tra le braccia, stringendola ed accarezzandole i capelli arruffati ed appiccicati alla fronte, sopportando senza batter ciglio le unghie che lei gli aveva affondato nel fianco.
- Forse è meglio se ti stendi.... - le domandò piano quando fu passata, tentando di condurla verso il letto.
- No, non voglio... i... i medici hanno detto che ci... ci vorrà ancora un bel po'. Pre...preferisco camminare.
- D'accordo, allora mettimi il braccio intorno a...
- Non c'è... non c'è bisogno che tu sia... qui - balbettò la donna, scostandosi. - Non devi far...
- Ma che stai dicendo? - esclamò lui, duro, per la prima volta arrabbiato come non lo vedeva da mesi. Daphne abbassò gli occhi e si girò verso la finestra, poggiando la fronte al muro alla ricerca di un po' di sollievo. Non aveva nessunissima intenzione nè voglia di discutere in quel momento, non possedeva la concentrazione nè il controllo del suo cervello, annichilito dal dolore e dalla sua attesa, per rendersi conto pienamente di quello che diceva; sentiva di aver bisogno di Theo in quel momento, sapeva di amarlo profondamente anche se proprio quel sentimento la feriva e non riusciva ad immaginarsi la nascita di suo figlio senza il padre. Ma non voleva che lui fosse lì solo perchè si sentiva in dovere, non desiderava che sopportasse le sue urla e il suo aspetto devastato per mantenere la facciata con medici e familiari, non avrebbe sopportato....
- Ascoltami, una buona volta! - l'afferrò quasi brusco per una spalla, voltandola faccia a faccia, il viso una maschera di stizza e preoccupazione. - Quando la smetterai di dire queste idiozie, quando la finirai di punirti e di punirmi per qualcosa che appartiene al passato e che non ci riguarda più? Sta nascendo mio figlio, per la miseria, e io non starò seduto a leggere il giornale solo perchè questo ti consentirebbe di maltrattarmi per tutta la vita!
- Io...
- No, basta, adesso parlo io e comincio dall'inizio, e tu farai una cosa di cui sei assolutamente incapace: mi ascolterai.
- Non è il momento! - strillò Daphne, sbattendo un pugno contro il letto mentre un dolore più leggero le fluttuava nel cervello.
- Invece è proprio il momento adatto, perché bisogna metterti alle strette per ottenere la tua attenzione!
Prima inizia, prima sta zitto pensò la donna, stremata. Perciò lo guardò e annuì brevemente.
- Ti chiedo scusa - cominciò Theo, serio e composto - se ti ho ferita, ho sbagliato, non avrei dovuto, me ne sono molto pentito; io ti amavo già, come tu sai benissimo, ma avevo paura, mi sentivo imprigionato da quella promessa di matrimonio a soli diciott'anni su cui non avevo avuto alcuna voce in capitolo. Ero molto felice che fossi tu, lo sai, cazzo, lo sai! Stiamo insieme da quando avevamo... quanto, quindici anni? Era la questione di principio, ad infastidirmi. Fu un intermezzo di ribellione contro mio padre; perché credi che scelsi proprio una babbana? Una sfida stupida e crudele, da ragazzino viziato, che non meritava neanche lei. Non ne vado fiero, ho combinato un disastro solo per convincermi di essere un duro...
L'abbracciò per quanto potè ed affondò il viso nei suoi capelli, poi le circondò il viso con le mani e la fissò dritta negli occhi.
- ...ma quando ti ho sposata, quando ti ho detto sì, ho detto sì a te, all'unica donna che io abbia mai amato, all'unica a cui potevo dire sì, e l'ho detto con sincera convinzione, con la gioia e la voglia di avere te accanto per tutta la vita. Quando ho comprato casa, l'ho subito amata pensando a come tu l'avresti sistemata; quando mangio qualcosa che hai cucinato tu, mi sembra più buona. Amo tutto ciò che ti riguarda e tutto ciò che ti circonda, perché riguarda e circonda te. Questo bambino è stato concepito con amore e con la consapevolezza di esso, come tutte le volte che facciamo l'amore, e lo amo proprio per questo, non perché è un maschio o un Nott o qualsiasi altra stupidaggine tu dica. In ogni caso - concluse con tono più deciso, portandosela accanto e sostenendola - sta nascendo mio figlio e sta nascendo dalla donna che amo, che tu ci creda o no, e ne ho abbastanza della tua ostinazione! Adesso tu mi metterai il braccio intorno alla vita e cammineremo insieme finché ne avrai voglia, e quando sarà il momento io ti stringerò la mano, piangerò con te e taglierò il cordone, perché voglio farlo e nessuna delle tue stramaledette convinzioni mi vieterà di vivermi questo momento unico! Spero di essere stato sufficientemente chiaro!
- Maledetto Salazar, sì, sei stato chiaro! - gli urlò addosso, in preda ad una nuova contrazione, affondandogli le unghie nel dorso della mano e facendolo urlare a sua volta.
- Mi fa piacere! E ora cammina!
- No, adesso mi voglio stendere!
- E stenditi!
Daphne si accomodò con estrema cautela sul lettino, già esausta, i capelli appiccicati alla fronte, le lacrime che ormai le scendevano impetuose. Theo le asciugò con un lembo di lenzuolo e le tamponò premurosamente collo e fronte con un fazzoletto fresco.
- Mi dispiace che ti faccia così male... non c'è un modo per...
- Non ... sto piangendo per... non solo per il dolore - riuscì a rispondergli, accasciandosi sulla sua spalla in un maldestro tentativo di abbraccio.
- Mi hai ascoltato allora? Merlino, che evento! - tentò di scherzare, stringendole forte una mano e baciandogliela.
- Sì, ti ho ascoltato, stronzo, come faccio sempre! - singhiozzò a metà tra il riso ed il pianto. Poi alzò il viso e quando vide nei suoi occhi ciò che in lui aveva sempre visto ed apprezzato, la sincerità, la limpidezza, la premura nei suoi confronti, seppe che non c'era più motivo di negarsi. - Anch'io ti amo, Theo, ti amo tanto.
- Davvero oggi è un lieto evento! Tu che mi dichiari il tuo amore! Dobbiamo chiamarlo Miracle, il bambino.
Daphne rise di gusto, divertita da un nome così ridicolo.
- E dovremo fare un sacco di figli, allora - continuò l'uomo, unendosi alla risata - pare che in questo momento ci sia il tuo picco di ricettività uditiva!
- Scordatelo, folle! Questo è il primo e l'ultimo!
Theo la strinse forte, quasi cullandola, e la baciò davvero dopo un sacco di tempo che non lo faceva, sentendosi immediatamente più tranquillo e, soprattutto, felice.
- Lo vedremo, amore mio, lo vedremo.

Nathan Thorburne Nott nacque dopo ben dodici ore di travaglio, a sera tarda, strillando come un'aquilotto e spaccando i timpani a mezzo reparto.

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