Capitolo XXXI - L'antica ballata

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- Draco?! - esclamò, confusa ma anche felice, appena aperta la porta.
- C'è quello? - esordì, gelido come una bufera di neve.
- No, no... ma tu come....
- Potter.
- Ok, ma... senti, non voglio....
- Mi fai entrare o mi procuro una sedia?
- Vedi di moderare i toni, prima cosa. Secondo.... prego, entra.
Hermione si scostò per lasciarlo passare ed il ragazzo si guardò intorno, familiarizzando con l'ambiente.
- Perchè mi hai seguita al Min....
- Non ti ho seguita, Granger - si affrettò a chiarire, burbero. - Dovevo recuperare la mia bacchetta e andare a denunciare lo stato di Tintagel. Dev'essere messa in sic...
Quando arrivò nell'ampia cucina e vide le due tazze sul piano americano si girò verso di lei e la fissò con due occhi furibondi, abbandonando la maschera di indifferenza dietro cui si era fino ad allora celato.
- È stato qui?
- Non sono fatti tuoi - sbuffò lei, irritata. - E poi potrebbe esserci stato chiunque!
- A me non importa di chiunque. Ti ho chiesto se c'è stato lui.
- No. E adesso ti spiacerebbe dirmi per quale motivo sei qui?
- E chi è venuto?
- Ti sto avvisando. Continua così e ti sbatto fuori senza nemmeno farti capire com'è accaduto.
- Avrò diritto di...
- Diritto? Diritto? Che diritti vorresti accampare su di me, di grazia?
Draco aprì la bocca per risponderle ma si bloccò istantaneamente ed incrociò le braccia, un'espressione mortalmente odiosa sul viso.
- Ah sì, mi ero dimenticato. Non sono niente per te.
Hermione si erse in tutta la sua statura e gli puntò contro l'indice teso, rossa dal nervoso.
- Non ho detto questo, pezzo di cretino. Ma ciò non significa che puoi controllarmi a vista e farmi l'interrogatorio. Questa è casa mia, ci faccio entrare chi diavolo mi pare, e se voglio bere un thè con un'amica lo faccio senza dover rendere conto a terzi. Chiaro il concetto?
- Cristallino - le sillabò, un sopracciglio alzato e la stessa aria supponente che le faceva venire voglia di tirargli una pantofola.
- Bene - concluse, sedendosi a braccia conserte sul divano lì vicino - ora, per quanto la tua visita mi onori, cosa ci fai qui?
- Se non sono gradito...
- Basta, basta, basta! - urlò lei, esasperata, sbattendo le mani sui braccioli. - La smetti di prendere ogni mia parola e rigirarla come un'accusa? Sono stanca di litigare!
- Non fare la povera martire, riascolta quello che hai detto! "Per quanto la tua visita mi onori"... - la imitò in falsetto. - Se ti dò fastidio, o se aspetti visite, tolgo il disturbo e ti lascio libera di tubare col tuo....
- Fuori.
Il silenzio che calò fu opprimente e raggelante quando una cortina di nebbia. Hermione nemmeno lo guardò in faccia, stringendo convulsamente la poltrona, il viso chiazzato d'ira.
- Ho. Detto. Fuori.
- No.
- Prego? - esclamò stridula, ad un passo dal prenderlo a schiaffi.
- No. Non me ne vado - replicò Draco, sedendosi accanto a lei, stranamente cauto.
- Deve venire Patrick, devo chiarire con lui. Vattene via.
- No.
- Forse non ci siamo capiti, non era una gentile richiesta. Era un ordine. Fuori da casa mia!
- Sai che non me ne andrò. Non prima di aver parlato civilmente.
Hermione si piegò su se stessa, prendendosi la testa tra le mani, più confusa di prima. Perchè dopo il discorso di Ginny credeva di aver trovato la chiave di lettura giusta, di avere tutto chiaro, di essere sicura di se stessa, ed invece ora si ritrovavano a litigare come disperati? Perchè doveva essere sempre così difficile?
Nello stesso istante sentì le labbra di Draco posarsi lievi sulla sua nuca, lì dove si era sempre annidato, il suo punto preferito, quello dove le aveva dato appuntamento per farsi ritrovare. Suo malgrado si abbandonò a quel tocco sensuale e morbido come la polpa di una pesca, mentre lui prendeva coraggio ed intrecciava le dita di una mano nella sua.
- Io non inseguo nessuno, non imploro nessuno, Granger. Neanche te. Hai visto e saputo più di quanto chiunque altro abbia mai visto o saputo di un'altra persona, di me. Non ritengo di doverti dimostrare niente. Sta tutto a te, adesso. La mossa è tua.
- Facile, vero? Scaricarmi addosso tutta la responsabilità - rispose, senza accusa nella voce. Era semplicemente stanca. - Per te è così immediato: vuoi una cosa, te la prendi....
- Non vedo che ci sia di strano. È quello che fanno tutte le persone normali. Quando uno vuole qualcosa allunga la mano, tranne te che ti metti gli ostacoli davanti apposta per autoconvincerti che non vale la pena sforzarsi per arrivarci.
- Hai una visione del mondo così... semplicistica - gli rispose, alzando la testa per guardarlo negli occhi. - Ci sono altre variabili, in gioco.
- Bugia. Non c'è nessuna variabile, a parte la tua paura. Sei tu che ti precludi tutto, lasciandoti soffocare dalle tue insicurezze.
Tasto dolente. Centro pieno.
Hermione sobbalzò involontariamente e sostenne il suo sguardo, scossa da un turbinio di pensieri impossibile da gestire.
Stai bene con lui?
Non lo so...
Come non lo so?
È che mi fa così arrabbiare....
Certo che stava bene, con lui, ma erano anche così bravi a dirsene di tutti i colori e a ferirsi.... Certo che aveva paura. Solo lei sapeva com'era stata male, non avrebbe mai più potuto reggere altri periodi simili. C'erano voluti tempo e fatica per rimettersi in piedi. Molto tempo e ancor più fatica. Era un prezzo troppo alto da pagare.
Ma forse aveva ragione Ginny, lei era persa ancora nelle sue fantasticherie adolescenziali che le facevano sognare un amore semplice, sempre rose e fiori, senza mai problemi o discussioni. L'amore non è un braccio di ferro per far cedere l'altro, e lei questo doveva stamparselo bene in mente. Non poteva pretendere da Draco atteggiamenti o pensieri non da lui, così come il ragazzo non avrebbe potuto fare altrettanto. Se voleva stare con lui, provare a dare loro almeno una possibilità, doveva comprendere su quali fronti diventare più malleabile per sua stessa volontà, non perchè costretta, ed ogni tanto fare una concessione per la gioia di fargli un piacere. Ad esempio, Draco era possessivo e diffidente, lei lo sapeva benissimo, non poteva modificare questo tratto della sua indole. Lui avrebbe dovuto rendersi conto che quell'atteggiamento le dava fastidio e tentare di tenerlo a freno, in modo da non soffocarla e da non intaccare il loro equilibrio. Lei, in cambio, avrebbe dovuto evitare di essere così acida e dare quelle risposte taglienti appena si sentiva minacciata. Non era lì per colpirla, ma per starci insieme, e ci stava provando con tutto se stesso, questo era lampante.
- Questi occhi... - mormorò lui interrompendo il flusso mentale della ragazza con tono perso, sovrappensiero, come se stesse parlando più che altro a se stesso. La prese con delicatezza da sotto il mento, per guardarla meglio. - Questi occhi qui... sempre lontani, freddi, impassibili.... è dietro questi occhi che batte un cuore di neve.*
Hermione li sbarrò, colpita da quella frase più in profondità di quanto le facesse comodo ammettere, ma Draco non le concesse nemmeno il tempo di prendere un respiro; le cercò le labbra delicatamente, saggiandone prima il sapore e la consistenza esterna a piccoli tocchi, anticipazioni che la fecero già tendere verso il suo petto, e dopo approfondendo il contatto con una lingua insinuante e morbida a cui lei non seppe sottrarsi. Il bacio divenne più intenso, lungo e morbido, così obnubilante che solo dopo qualche secondo Hermione si rese conto di averlo abbracciato forte, comandata da un'urgenza più forte dei suoi buoni propositi.

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