Capitolo 70

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Emily
Ho un freddo tremendo e sono esausta, non credo di riuscire a sopravvivere ancora a lungo, le forze mi stanno abbandonando lentamente e la gola brucia, dato che ho gridato tanto. Non ho più lacrime da versare e la voce mi si è completamente abbassata, mi fa male anche solo respirare. Vorrei chiudere gli occhi e non riaprirli più. Se solo riuscissi a sciogliere queste dannate corde, potrei provare ad uscire da qui e scappare il più lontano possibile. Se ho ben capito, devo trovarmi su una montagna e al di sotto c'è il mare, non ho sentito nemmeno una macchina da quando sono qui e alle volte in cui Adam è uscito, ho scorto degli alberi al di fuori. Potrei riprovare a mordere la corda, magari stavolta ci riesco. Stringo le mani ai braccioli della sedia e mi chino con molta difficoltà, sono in questa posizione da troppo tempo e ho tutto il corpo intorpidito, quasi fosse morto. Non posso arrendermi, devo riprovarci. Riesco a raggiungere la corda e la stringo tra i denti, tirando con tutta la forza che mi è rimasta. Un piccolo sorriso mi appare sul viso, dato che sono riuscita a lacerarla ancora un po', un altro sforzo e sarò riuscita a romperla del tutto. Al secondo tentativo, nel tirare forte, mi mordo il labbro, fino ad avvertirne il sapore del sangue, ma sono troppo felice per preoccuparmene, la corda è completamente rotta. Con la mano libera, riesco a sciogliere l'altra corda, dopodiché le gambe. Una lacrima mi riga il viso e la gioia mi fa alzare di scatto, ma una fitta tremenda mi percorre lungo la schiena, costringendomi a cadere sulle ginocchia e facendomi gemere dal dolore. Avrei dovuto alzarmi con cautela, ma l'euforia era talmente tanta che non ci ho riflettuto. Con calma, riesco a tirarmi su e raggiungo il tavolo metallico alla mia destra. Inizio a tastare le mani su di esso, alla ricerca del mio cellulare. Ti prego, deve esserci, ho bisogno di telefonare qualcuno per chiedere aiuto. Non c'è! Piagnucolo e mi dispero. Devo stare calma, andrò via da qui, con o senza il telefono. Raggiungo la porta, cerco di spingerla ma è chiusa a chiave. Deglutisco e mi dispero di nuovo, poi mi guardo intorno, scorgendo la finestrella in alto e poi quella che era alle mie spalle. Raggiungo quest'ultima e vedo il mare, ma è impossibile tuffarsi, è pieno di scogli e morirei. Raggiungo l'altra finestra, salendo su una delle sedie logore e cercando di aprirla, ma è chiusa. Piango più di prima, accovacciandomi completamente sul pavimento sporco. Smettila di piangere e cerca qualcosa per spaccare il vetro. Sì, hai ragione! La sedia, potrei provare a scaraventarla contro il vetro. Ma ce la farei a sollevarla? Decido di provarci ma non ci riesco, è troppo pesante e quel poco di forza che ho in corpo non me lo permette. Dev'esserci di sicuro qualcosa su quel tavolo. Lo raggiungo e comincio a prendere ogni oggetto che mi capita, ma sono solo degli attrezzi troppo piccoli e nulla di questa roba potrà scalfire il vetro. Respiro in modo irregolare e devo fare affidamento su tutto il mio autocontrollo, per non crollare. Mi guardo intorno e il mio sguardo viene attirato da quello che sembra un vecchio estintore. Sorrido appena e lo afferro, dopodiché raggiungo la sedia di plastica sotto la finestra. Ti prego, fa che non sia vetro blindato. Tiro un lungo sospiro e do dei colpi al vetro, al terzo colpo si frantuma e l'aria fredda mi attraversa le narici e una strana felicità si sta impossessando di me. Esco da quel luogo infernale e comincio a correre, senza avere la minima idea di dove andare. Raggiungo un fitto bosco, ma non so che direzione prendere, è tutto troppo buio e mi sento la protagonista di un film dell'orrore. L'ansia sta crescendo, mentre mi guardo intorno ed esamino ogni centimetro. Se solo avessi il cellulare... Adesso non devo pensarci e trovare un modo per raggiungere la strada, a meno che non mi trovi su un'isola deserta. Cammino ancora per un po', facendo attenzione a dove metto i piedi. Questo posto è dannato e gli alberi sono talmente alti che non riesco a vedere neppure il cielo. Improvvisamente, inciampo su qualcosa e una fitta al ginocchio sinistro si fa sentire. Impreco e mi lamento per il dolore, poi mi metto seduta e cerco di esaminare il danno ma non riesco a vedere nulla. So per certo che c'è del sangue, lo sento dall'odore. Ora non è il momento di farsi venire un attacco di panico, devo andare via da qui. Mi aggrappo alla corteccia di un albero e cerco di tirarmi su, con molta difficoltà, la ferita dev'essere profonda, fa malissimo. Zoppico, tenendomi agli alberi che ci sono e poi una strana luce mi illumina il viso. Qualcuno mi vede e corre verso di me, allora cerco di fare altrettanto ma nella direzione opposta. Purtroppo non riesco nel mio intento e la persona alle mie spalle mi raggiunge e mi afferra.

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