Capitolo 8

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Emily
Un altro incubo mi fa aprire gli occhi di scatto, sono tutta sudata e sento le tempie pulsare doloranti. Abbasso lo sguardo e mi rendo conto di essere nel mio letto. Cosa ci faccio qui? Accidenti a me e alla mia testardaggine. Accendo l'abat-jour per afferrare il cellulare e noto che è notte fonda. Quand'è che mi sono addormentata? Improvvisamente, avverto uno strano rumore provenire ai piedi del mio letto, precisamente sul pavimento. Il cuore comincia a battermi fortissimo, al pensiero che possa esserci qualcuno, allora gattono lentamente sul letto, fino ad arrivare all'estremità e guardare di sotto. Cosa ci fa Sam sul pavimento? Scendo dal letto e mi chino verso di lui, scuotendolo per una spalla. Apre gli occhi e mi fissa confuso, dopodiché si tira su di scatto.

«Emy, sei sveglia.»

Annuisco e lo guardo in modo strano. Non ci sto capendo molto.

«Sam, cosa ci fai sul pavimento?»

«Be'...» si gratta il capo a disagio. «Mi sembrava irrispettoso, da parte mia, dormire sul letto con te.» Aggrotto le sopracciglia e lo guardo ancora più confusa. «Non ti ricordi nulla?» Scuoto la testa in senso negativo. «Quando sono tornato a casa, ti ho trovato nella vasca piena d'acqua.»

Sgrano gli occhi, incredula e mi sento una povera pazza.

«Cosa ci facevo nella vasca?»

«È quello che avrei voluto chiederti domani.» Ero scossa per il modo in cui mi aveva trattata Mark, sono stata davvero malissimo e così ho cominciato a bere la prima cosa che ho trovato in frigo, ma non ricordo affatto di essere andata nella vasca. Oddio, sono davvero da ricovero. «Ho provato a telefonare Mark, ma aveva il cellulare spento.» Lui ha chiamato Mark? Perché? «Cavolo, Emy, cosa ti ha fatto?» chiede con tono duro.

Quello che mi fa sempre; prendersi gioco di me, per poi sparire.

«Nulla, se n'è andato.» dico singhiozzando e sprofondando sul letto.

Sam si siede accanto a me e mi accarezza la testa, mentre i miei singhiozzi si fanno più intensi, non avrei voluto che accadesse davanti a lui, odio piangere in presenza di altre persone.

«Perché è andato via?»

«Lui... si è sentito tradito da me.» cerco di giustificarlo.

«Non riesco a capirti. E smettila di piangere!» mi rimprovera.

«Non c'è nulla da capire... pensava che stessi insieme a Cem ed è andato via.»

«Senza neppure esserne certo?»

«Ha parlato al telefono con lui, non so cosa si siano detti, ma qualcosa l'ha fatto scattare.»

«Tuo fratello è un vero coglione!» ringhia, meravigliandomi.

«Non dire così, si è sentito male, l'ho letto nei suoi occhi.»

«Non posso credere che lo stai difendendo, Emy.» si alza dal letto e cammina su e giù per la stanza. «Quel bastardo schifoso continua a farti del male e tu non ti ribelli mai!» urla. Resto a bocca aperta, mentre osservo la sua agitazione. Non posso fare altro che dargli ragione, Mark mi fa del male in continuazione ed io non riesco a mandarlo definitivamente a fanculo, sono una debole. Si siede nuovamente al mio fianco, asciugando le mie lacrime. «Perdonami, non avrei dovuto urlare in quel modo.»

«No, hai fatto bene.»

«Non avevo alcun diritto di urlarti contro, mi sono comportato male, quindi ti chiedo scusa.»

«Okay, scuse accettate.» sorrido tristemente.

«Adesso rimettiti a dormire, domani hai il lavoro, non vale la pena piangere per lui.» Ha ragione, anche se non riuscirò a smettere di farlo. Mi sdraio e solo allora mi rendo conto di indossare il pigiama.

«Sam...» lo chiamo.

«Sì?»

«Mi hai... spogliato?»

«Ehm... io...» si gratta il capo e tira un lungo respiro. «eri tutta bagnata, non volevo che dormissi in quel modo...» ammette a disagio.

«Mi hai... vista?»

Che domanda idiota, ovvio che ti ha vista. Cacchio! Perché ti agiti, tanto è gay. Lo so, ma è pur sempre un ragazzo... che imbarazzo assurdo.

«Ti giuro che ho voltato lo sguardo altrove, vestendoti con difficoltà...»

«Okay...»

«Se hai bisogno di qualcosa... non esitare a chiamarmi.» dice, mentre raggiunge la porta.

«G-grazie.» dico balbettando e imbarazzata.

«Buonanotte.»

«Buonanotte, Sam.»

Esce dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle. Non posso credere che mi abbia vista mezza nuda...

***

La giornata è appena cominciata e mentre sistemo la biancheria sugli scaffali, mi capita più volte di pensare a lui; vorrei tanto sapere che fine ha fatto e se sia realmente tornato a Seattle, oppure si trova ancora a New York? Non riesco più a ragionare, mi sento così triste, per non parlare del fatto che stamattina avevo un mal di testa assurdo, mi ci sono volute due aspirine per rimettermi in posizione verticale, poi non sono riuscita a guardare Sam in faccia, ero troppo imbarazzata e lui altrettanto. Ora i miei pensieri sono tormentati e l'ansia che ho avvertito i primi giorni che ero qui è tornata a farsi sentire. Ho già fatto cadere la biancheria sul pavimento per due volte, fortuna che la Kent non era nei paraggi, altrimenti avrei dovuto sorbirmi anche le sue lamentele. La mia attenzione viene attirata da una cliente che sta per varcare la soglia del negozio. La raggiungo, ma a metà strada mi capita di inciampare, come una vera idiota e stavolta non è colpa di Violet. Katy corre verso la cliente, per servirla e distoglierla dalla mia goffaggine, mentre Violet mi dà una mano a rialzarmi.

«Ma cosa ti prende, sei distratta!» mi rimprovera.

«Lo so.» ammetto, mentre mi tiro su.

«Allora vattene a casa, se non vuoi essere licenziata.» Il suo tono è duro e distaccato, ma in un certo senso ha ragione, se la Kent avesse visto tutto questo, mi avrebbe cacciata via all'istante, è una persona molto intransigente. Abbasso lo sguardo verso il pavimento e mi rattristo, non per le sue parole, ma per quello che ho dentro. «Adesso che ti prende?»

«Niente, è tutto a posto.» rispondo con voce roca.

«Scusami, sono stata troppo brusca.»

«Non è colpa tua, ho la testa altrove. Hai ragione, devo andare a casa.»

Faccio due passi verso il camerino e Violet mi blocca, afferrandomi per un braccio.

«Cosa ti succede?» chiede preoccupata. Mi fa davvero tenerezza vederla in quello stato, si è sempre comportata in modo antipatico e distaccato. Scuoto la testa e le rivolgo un sorriso falso. «Be', è comprensibile se non vuoi confidarti con me, sono così odiosa e comprendo se non mi sopporti. A volte non mi sopporto nemmeno io.» Le sue parole mi fanno ridere, non avevo mai scoperto questo suo lato ironico. «Stai ridendo di me, Johnson?» si acciglia e incrocia le braccia al petto.

Non so se è offesa sul serio oppure sta fingendo, con lei non riesco mai a capirlo.

«No, affatto!» rispondo divertita.

«Buon per te.» assume un'aria da superiore e poi scoppia a ridere.

Dovrebbe ridere più spesso, l'aria da cattiva non le si addice molto. Spero che un giorno potremmo diventare amiche sul serio, sento che ha molto da raccontare e credo che questo suo lato da aggressiva sia solo un modo per nascondere i suoi problemi, come un muro per tenere lontano le persone. Mi ricorda un po' Mark, anche lui si comporta in modo scostante e credo che abbia un gran cuore. Adesso finiscila, non puoi sempre difenderlo, ti ha trattata male, ti ha usata e continui ad amarlo? Hai ragione, ma non lo faccio apposta, non riesco proprio a dimenticarlo.

Ti amo e ti odio! 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora