Capitolo 16

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Le sue labbra sono ruvide e salate, come il mare. La sua pelle è calda, come la mia, bagnata dalle lacrime che mi stanno scendendo sulle guance arrossate. Posso sentire la strana sensazione che la cicatrice sul lato della sua bocca mi provoca sul labbro, i contorni in rilievo e lisci.

James mi sta baciando.

Sono ancora arrabbiata e non riesco a togliermi dalla testa il fatto che lui lo stia facendo solamente per distrarmi, per tenermi occupata. Non riesco a non pensare a quello che stava accadendo tra di noi fino a pochi secondi fa.

Interrompo immediatamente il contatto, indietreggiando di qualche passo. 

James mi guarda confuso, poi sospira. «Mi dispiace, non avrei dovuto farlo.»

Stringo le mani a pungo, mi sento imbarazzata ed infastidita da questo suo comportamento. «No, non avresti dovuto.» 

Non posso negare di averlo desiderato altre volte, il rapporto che si era creato tra noi due negli ultimi tempi era molto bello. Ma questo bacio non doveva esserci. Non ora, non qui. Mi è sembrato sbagliato, forzato. 

Lui mi guarda negli occhi, lo sguardo triste. «Solo...non ti avevo mai vista così. Arrabbiata e decisa. Come una vera Ribelle. Non mi sei mai sembrata così tanto simile a me come in quel momento. E ti ho baciata perchè non ho pensato. Ho agito d'impulso. Sono stato uno stupido, lo so. Possiamo dimenticarlo, fare finta di niente. Tornare a parlare del nostro piano, questa volta senza perdere la testa.» 

Sospiro, vorrei non doverlo fare. Dio quanto vorrei non doverci pensare mai più. Torno a sedermi sul letto, James mi segue. Questa volta si sistema lontano da me, e ne sono felice.

La sensazione delle sue labbra sulle mie è ancora presenta forte e chiara nella mia mente, nonostante i miei sforzi di dimenticare tutto. Il quaderno rimane chiuso ai piedi del letto, ormai è inutile continuare con la storia dei messaggi scritti a penna. 

«Lo so che non vuoi farlo. Ti capisco.» abbassa lo sguardo, facendosi improvvisamente serio. «Il problema è che non hai scelta. Nessuno di noi l'ha avuta. Io sono nato da genitori Ribelli, non ho mai potuto scegliere una vita diversa da quella della Resistenza.» 

Mi giro di scatto verso di lui, i suoi genitori sono ribelli? «Quindi Robert e Jocelyenne...» 

James alza lo sguardo verso di me, un sorriso triste gli compare sul volto. «Loro non sono i miei veri genitori. Mi hanno accompagnato fin qui perchè dovevano completare una missione, proprio come me. È tutta una copertura.» Alza lo sguardo verso il soffitto e continua. «Ci scelgono in base alle nostre capacità e al tipo di missione da svolgere. Per la maggior parte delle volte si tratta di reclutamenti, come nel tuo caso.» Mi guarda negli occhi. «Ci forniscono delle nuove vite ogni volta. Nomi, età...Classi. Tutto inventato e pianificato nei minimi dettagli. Ci inseriscono perfino momentaneamente nei documenti della Dichiarazione, in caso qualcosa vada storto e cerchino delle informazioni. Viviamo centinaia di vite diverse, ma sono tutte false.»

Un brivido mi scuote fin nel profondo. Tutto quello che sapevo su di lui, tutte le storie...erano semplicemente menzogne. «Tu non hai una sorella. La storia di Cassiopea era tutta una bugia architettata per farmi sentire in pena per te, per avvicinarci.» 

La rabbia e il disgusto che provo in questo momento sono immensi, non posso credere di esserci davvero cascata come una stupida. 
James scuote la testa, senza più nessuna ombra di sorriso sul volto. «Cassiopea non è mia sorella, è vero. Però è figlia di Robert e Jocelyenne.» Stringe i pugni, il suo respiro si fa veloce. Poi lo dice.

«Non è stata rapita dai Ribelli, è stata rapita dagli Scienziati.»

Si alza di scatto, sembra tormentato. «Non avrei dovuto dirtelo.»
Mi raggiunge, inginocchiandosi davanti a me. Mi prende le mani nelle sue, stringendole. L'intimità di questo gesto mi fa sentire quasi a disagio, come se mi stesse supplicando. 
Le immagini del bacio di prima tornano ad affacciarsi nella mia mente.

«Ascoltami Marlene. Puoi piangere, urlare, arrabbiarti con me e darmi del bastardo, non importa. Le cose non cambieranno, tu non puoi cambiarle. Non vuoi lasciare la tua famiglia per imbarcarti in un viaggio con un ragazzo che conosci appena, per raggiungere delle persone che ti sembrano dei folli. Saresti una stupida a gettarti a capofitto in questa situazione senza fare domande. Lascerai la tua famiglia, perchè è questo che devi fare. E lo farai per loro, per proteggerli.»

Le sue parole sono così disperate, così urgenti. Non riesco a respirare. «La mia famiglia sarà in pericolo se sparirò così all'improvviso, senza dire una parola. Gli Scienziati vorranno fare delle domande a cui loro non sapranno rispondere, li arresteranno James. O peggio.»

Lui lascia andare le mie mani, si raddrizza. Continua a guardarmi negli occhi. «No, gli Scienziati non faranno niente. Perchè si verrebbe a sapere ovunque, e questo loro non possono permetterselo. La tua famiglia sarà distrutta? Certo. Ma non li metterai in pericolo. Ti puoi fidare di me, Marlene.»

Ti puoi fidare di me. Le sue parole mi rimbombano nella testa, come pronunciate da migliaia di voci contemporaneamente. Una risata amara mi scuote. «Posso fidarmi di te James? Mi stai davvero chiedendo questo? Dopo tutto quello che mi hai appena detto, hai ancora il coraggio di pensare che io possa fidarmi di te? Non so niente. Non ho nessun motivo per fidarmi. Nessuno.»

Sussulta, come se lo avessi schiaffeggiato nuovamente. La sua voce è bassa e rabbiosa. «Se non vuoi fidarti di me, allora fidati di tua sorella Ivy.» 
La mia mano corre immediatamente al ciondolo che indosso al collo, la croce che mi è stata regalata solo pochi giorni fa. Un ricordo fa capolino nella mia mente, il messaggio in segreteria lasciato da William nel mio telefono. Un avvertimento, una rassicurazione. 

Fidati 

del ragazzo
con la cicatrice

Loro sapevano che non mi sarei fidata di James, per questo mi hanno avvertita. 
Per la prima volta mi ritrovo a pensare al ruolo di mia sorella in tutta questa faccenda, al suo posto nella Resistenza. Fino a quale punto si è spinta?

Quando finalmente decido di parlare la mia voce è rotta dal pianto. «È davvero James il tuo nome?» 

Sorride, un lato della bocca più alzato dell'altro. Lentiggini. 

«Il mio nome è Alexander James Core. Ma non troverai mai nessun documento ufficiale con questo nome. Non sono stato inserito nella Dichiarazione alla nascita. Nessuno dei Ribelli lo è.»

Viene interrotto dal rumore della porta di casa che viene chiusa con forza. Sento Eureka chiamarmi ad alta voce dall'entrata, sembra felice. Improvvisamente penso al fatto che probabilmente questi sono gli ultimi quattro giorni che passerò con lei prima di doverle dire addio per sempre. Mi si forma uno spazio vuoto al posto del cuore, la mia mente è un buco nero. Penso di non essere mai stata così triste in vita mia. Poi mi accorgo che in realtà non sono triste, ma vuota. Privata di qualsiasi emozione. Privata della mia vita.
Mi alzo dal letto e mi avvicino alla porta della camera, i miliardi di atomi che compongono il mio corpo si sono liberati e ora vagano indisturbati per la stanza. Non sono più niente. 

«Verrò con te.» sento James irrigidirsi, lo vedo di sfuggita mentre si posiziona alle mie spalle. La sua mano mi sfiora la schiena, una sola lacrima calda mi scivola sulla guancia, lasciando una scia di fuoco dietro di sé. 

E improvvisamente tutti gli atomi scivolano fuori dalla finestra, abbandonandomi per sempre.  


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