Capitolo 18

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«Chi era al telefono?» 

Il panico nella mia voce è evidente, non riesco a smettere di fissare James. Lui invece guarda fisso la strada davanti a noi, le labbra contratte e le sopracciglia tese. Stringe il volante con più forza, le nocche sbiancano.
«Uno dei nostri.» mi guarda di sfuggita, poi si corregge. «Qualcuno della Resistenza.»

Nella mia mente si formano le immagini di un uomo dall'aspetto selvaggio, con vestiti laceri e sporco di terra. Così mi immagino un Ribelle. Poi però mi ricordo che io uno di loro lo conosco davvero, ed è qui accanto a me. Un normalissimo ed insospettabile ragazzo di vent'anni. Probabilmente è proprio questo il punto, devono essere persone comuni, anonime. Devono sembrare persone normali.

«Come fa a sapere che siamo in pericolo?» mi volto per abbassare il finestrino dal lato passeggero, in modo da far circolare l'aria. Mi sembra di soffocare. «Ma soprattutto, che significa che dobbiamo scappare?» 

James svolta nella nostra via, per poi accostare l'auto nel vialetto di casa sua. Si affretta a scendere, io lo seguo. Ci dirigiamo verso l'entrata, la porta è aperta. Appena varcata la soglia vengo colpita dal forte odore di cenere che si respira nell'aria, vedo del fumo uscire da una delle camere del piano terra. Guardo James allarmata, ma lui continua a mantenere la stessa espressione, sembra preparato a quello che sta accadendo. Mi supera per dirigersi in cucina, senza degnarmi di uno sguardo. Lo seguo senza capire più nulla. 

Seduta sul bancone accanto al forno troviamo Jocelyenne, il viso sporco di cenere e l'orlo della maglia leggermente bruciato. Intorno a lei sono sparsi ovunque documenti di ogni tipo, pagine e pagine strappate e accatastate in pile disordinate. Si gira a guardarci, non sembra sorpresa di vedermi qui. Poi guarda James, e prosegue a leggere le carte stese sul bancone. Non alza nemmeno lo sguardo quando inizia a parlare. «L'ho saputo circa un'ora fa, non ho fatto in tempo ad avvisarti.» trova un piccolo foglio scarabocchiato a penna e lo ripone in mezzo ad una pila di altri fogli alla sua destra. «Non sappiamo chi sia la spia, ma ormai la copertura è saltata. Abbiamo poche ore prima che vengano a prenderci.» Esce in fretta e furia dalla stanza, in mano ha una grossa cartellina contenenti altri documenti. Si dirige nella camera da dove sta uscendo il fumo, James mi fa segno di aspettarlo fuori. Non lo ascolto, ed insieme entriamo.

Tutto intorno a noi ci sono pile e pile di fogli, disegni, mappe e libri che vanno a fuoco. Al centro della stanza è stato preparato un enorme falò rovente, dove Jocelyenne getta la cartellina che teneva in mano. 
Stanno distruggendo tutto, le fiamme ormai divorano la stanza. L'aria è densa di fumo nero, devo coprirmi la bocca con una manica per respirare. 

«Perchè stai bruciando tutto?» devo alzare la voce per farmi sentire sopra il frastuono della brace ardente. 
«Dobbiamo distruggere ogni prova che potrebbe incastrarci. Ogni foto, tutte le mappe. Non devono sapere nulla sulla Resistenza.» James esce dalla stanza per ritornare alcuni minuti dopo con altre carte da bruciare. 

«Dov'è Robert?» domando a nessuno in particolare. Ancora pochi secondi e dovrò uscire a respirare aria pulita. Sento i polmoni andare a fuoco.

Mi risponde Jocelyenne. «Sta preparando alcune cose per la fuga, sarà qui tra poco.» poi continua, rivolgendosi a James. «Dovrete partire stasera, sperando che non sia troppo tardi.»

Il mio cuore si blocca al suono di quelle parole. Un eccesso di tosse mi costringe a piegarmi in avanti, vedo delle braccia aiutarmi ad alzarmi e trascinarmi fuori dalla stanza ormai fitta di fumo. Alzo lo sguardo e incrocio gli occhi scuri di James, l'espressione sempre preoccupata. 
«Mi dispiace, non abbiamo altra scelta.» mi guarda apprensivo, come se si aspettasse di vedermi crollare da un momento all'altro. 

«Non possiamo partire stasera. Non possiamo...» lo guardo implorante. Deve esserci un altro modo, deve esserci.

Le sue mani mi si posano sulle spalle, quando parla la sua voce è ferma e composta. «Ascoltami Marlene, non possiamo fare altrimenti. Ora non si tratta più di pianificare e pensare ma di agire. Ora c'è in gioco la nostra sopravvivenza. C'è in gioco la sicurezza della tua famiglia.» 

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