Capitolo 28

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«... e con questo termina il nostro giro.» mi dice Nina con un ampio sorriso.
È mattina inoltrata e abbiamo appena finito il nostro tour in giro per la Base, così come aveva richiesto Cressida. A quanto pare ieri sera ero così stanca che sono miseramente crollata sul mio letto senza nemmeno cenare e mi sono svegliata solamente un paio di ore fa, quando ormai tutto il villaggio era in piedi ed operativo da parecchio tempo. 

Non vedo James da ieri, quando è venuto a trovarci nella nostra stanza. In realtà non so nemmeno se dovrei chiamarla in questo modo, forse tenda è un termine più appropriato. 

Durante il giro di perlustrazione Nina mi ha mostrato i posti più importanti della Base, che qui vengono denominati "luoghi comuni": la mensa, l'infermeria e il deposito. Ho dovuto memorizzare attentamente la posizione di ognuno di loro perchè in caso di emergenza dovrò immediatamente recarmi nel punto più vicino. 

In caso di emergenza.
Spero davvero di non dover mai vivere una situazione del genere. Anche se credo che invece sarà inevitabile, se deciderò di rimanere qui alla Base.

Per ora mi sto comportando come se avessi davvero una scelta, come se spettasse a me decidere se continuare oppure no. Questa prospettiva, questo spiraglio di luce, mi sembra l'unica cosa capace di non farmi crollare completamente. 

Voglio illudermi che questa sarà una mia decisione.

Ora ci stiamo dirigendo verso l'ufficio di Cressida, dove aspetta me e James per un resoconto della nostra fuga. Mi sento leggermente nervosa a saper di dover ripercorrere tutti gli avvenimenti successi, ma non credo di potermi rifiutare. 

Dopo pochi minuti arriviamo a destinazione, dove vedo James aspettarci di fronte alla tenda di sua madre con un grande sorriso. Lo saluto con un cenno della mano proprio mentre Nina mi sorpassa per dargli un affettuoso pugno sulla spalla. 

«Finalmente siete arrivate, pensavo di vedervi stamattina per colazione.» ci dice James.
Nina fa una piccola risatina. «La nostra amica stava dormendo molto profondamente, non me la sono sentita di svegliarla.» mi fa l'occhiolino. «Ora che ci penso più che dormire sembrava in coma.»

Arrossisco. «Probabilmente è stata una delle più belle dormite della mia vita.» 
James scoppia a ridere. «Ti credo! Per me è così ogni volta che torno da una missione, ormai ci ho fatto l'abitudine. E poi c'è sempre qualcosa da fare qui, non ho tempo di rimanere a letto una mattinata intera.»

Mi sento leggermente offesa dalle sue parole, ma cerco di non darlo a vedere.

Vengo distratta da qualcuno che urla in nome di Nina, cercando di chiamarla. Lei sbuffa, poi alza gli occhi al cielo. «È mia madre, ora devo andare.»
Ci saluta entrambi con un cenno del capo. Le urla continuano.

Lei si gira e inizia a camminare verso la tenda. «Dios mìo mamà, no grites!»  

James dietro le mie spalle fa una piccola risata sottovoce. «El fuego latino.»
Alzo gli occhi al cielo. Vengo interrotta da una voce femminile che ci chiama dall'interno della tenda.
«È ora dell'esecuzione...» mi dice James spalancando il pesante drappo di cotone dietro di lui e sparendo dietro di esso. Lo seguo all'interno.

L'ufficio di Cressida è ben organizzato, pulito e decisamente funzionale. Una scrivania di legno, tre sedie, qualche cassettone e un paio di librerie straripanti di libri. Il pavimento è anche qui nuda e grezza terra scura. 

Ci sediamo di fronte alla scrivania, due pesanti occhi chiari che ci fissano dall'altra parte.
«Buongiorno.» ci saluta lei per prima. 
«Buongiorno.» rispondo io. «Ciao mamma.» dice James in contemporanea.
Ho un leggero sussulto, per un secondo mi ero dimenticata della relazione che li lega. 

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