Capitolo 2

34 10 2
                                    

Avevo passato gran parte del pomeriggio a pensare a quello stupido disegno. Era capitato proprio il giorno dopo che lo avevo sognato, non poteva essere una coincidenza. L'unica ipotesi plausibile che mi era venuta in mente era che qualcuno avesse preso l'analizzatore REM senza che me ne accorgessi e avesse visto il mio sogno, ma era comunque qualcosa di irreale. Non avevo detto nulla a Lheksia; non c'era nulla da dire, in fondo. Mi stavo fasciando la testa per qualcosa di banale, ma era sempre meglio di stare appresso i monologhi sui film contemporanei di Lheksia. Dio, ne era drogata. Ogni giorno ne scaricava almeno 5 su un sito Internet, e mi chiedevo quando trovasse il tempo per guardarli tutti. E non le importava il genere, bastava che fossero usciti a Dicembre. Se li finiva tutti, cominciava quelli dello scorso mese. Per lei era una questione di vita o di morte. Una volta mi costrinse a guardarne uno con lei, ma guardare non era proprio il termine appropriato. Diciamo che anche se avessi voluto, le mie continue lacrime di sonno mi impedivano di vedere anche solo la mia mano, figuriamoci uno di quei film sdolcinati e romantici. Va bene, mi piaceva essere dolce con Lheksia, ma se lo facevano gli altri mi dava fastidio. Uno dei miei tanti controsensi.

-"Mi stai ascoltando? Non hai aperto bocca per tutto il pomeriggio."- mi chiese Lheksia scostandosi una ciocca di capelli neri dalla fronte.

-"Ero sovrappensiero."- dissi inutilmente, perché era scontato che fossi da tutt'altra parte. Com'era prevedibile, non sapevo dire le bugie, o meglio, a seconda delle circostanze sapevo mentire benissimo -e credo avessi ereditato questa dote da mio padre-, ma il più delle volte finivo per balbettare e rovinare tutto.

Quando mi appoggiò la sua piccola mano sulla mia spalla sporgente, mi chiese a cosa stessi pensando. Le inventai qualche scusa sull'Accademia, e anche se avevo visto che non mi aveva creduto, fece cadere lì la cosa. In quel momento avevo proprio bisogno di mangiare qualcosa, possibilmente di dolce. Ero ghiotto di pasticceria, soprattutto per le torte al cioccolato. Ogni volta che mangiavo un pezzo la mia bocca si trasformava automaticamente in uno stereo che riproduceva solo versi apparentemente osceni, ma a me non imbarazzava. Anzi, Lheksia lo trovava lontanamente sexy.
Mi ero ricordati che vicino a dove eravamo noi c'era una gelateria molto buona.

-"Ti va di andare da..."- mi fermai quando mi sembrava di aver sentito qualcuno pronunciare il mio nome.

-"Ban, qualcuno ti stava chiamando."-

-"Allora non l'ho immaginato."-
Mi girai per vedere se c'era effettivamente qualcuno che mi stesse chiamando. Tra la folla, avevo visto soltanto un uomo intento a cercare qualcuno. Poteva avere massimo trent'anni. Poi vide che lo stavo guardando, e allora fu colto come da un lampo e capì che ero io colui che stava cercando.

-"Scusa, tu sei Oli'em Ban?- disse con occhi speranzosi. Chissà da quanto tempo mi stava cercando.

-"Beh sì, perché?"-

-"Oh, finalmente!"- lanciò gli occhi al cielo, come quando un atleta si getta a terra dopo aver corso per chilometri e chilometri. Stava cercando freneticamente qualcosa sul grande borsone scuro che prima non avevo notato. Dopo aver buttato a terra qualche busta viola, prese una scatola di cartone sigillata con della carta velina trasparente. Sopra c'era scritto il mio nome, ma nessun indirizzo.

-"Grazie al cielo ti ho trovato. Questo pacco è per te. Spero sia l'ultima volta che debba consegnare un pacco senza il suo indirizzo."-
Presi timidamente l'oggetto. Non aspettavo alcun pacco, e poi come aveva fatto quel tizio a trovarmi senza indirizzo o numero di Fahnio? Stavo per fermarlo, ma vidi che Lheksia stava già toglieno l'involucro dalla scatola. Non mi ricordai quando l'avesse presa.

-"Chissà cos'è. Non sei curioso?"-

-"Un po'."- ammisi, anche se ero decisamente curioso. Raramente ricevevo qualcosa tramite il corriere, e spesso erano raccomandate di mio padre.

La voce del tempoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora