Capitolo 15

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Continuò a guardarmi per un istante che sembrò durare un'eternità.
"Possiamo saltare la parte in cui ti chiedo ingenuamente perché nel tuo tempo si servono di robot per viaggiare nel tempo?" Domandai esasperato.
Agitò violentemente la testa, e per tutta risposta sbuffai alzando gli occhi al cielo. Alla fin fine Ausipan era un pezzo di pane, o meglio di metallo, ma a volte riusciva ad essere veramente snervante. Ed infantile.
"Ausipan, grande gioia del mio cuore, perché nel tuo tempo fanno viaggiare nel tempo degli ammassi di ferraglia anziché persone in carne ed ossa?" Mi stupii io stesso del fastidiosissimo tono di voce che ho usato per pronunciare quella frase. L'infantilità di Ausipan stava per travolgermi. Dovevo porre rimedio, o non mi avrebbero cacciato dall'Accademia. E non potevo certo permettere una cosa del genere. Non so se sarebbe stato più insopportabile il fatto che mio padre mi avrebbe indubbiamente rinfacciato quanto fosse errata la mia decisione o se fossi stato sbattuto fuori a calci per un motivo così futile. All'Accademia delle Doti Superiori c'erano davvero poche regole, ma appena uno studente violava una sola di essa, veniva espulso all'istante, senza diritto di ricorso.

Mi accorsi solo due minuti dopo che Ausipan mi aveva già spiegato tutto per filo e per segno, mentre io ero troppo impegnato a fantasticare sulla mia nuova scuola.
"Hai capito?" Risposi di sì mentre feci cenno di no col capo.
"Meglio così. Adesso, cosa..."
"Puoi sempre rispiegarmelo, se vuoi." Precisai interropendolo. Ecco che il suo sorriso sparì all'istante. Un giorno avrebbe tirato fuori una pistola laser e mi avrebbe sparato senza pietà, ne ero sicuro.
"Sai Ban, per qualche strana ragione, tra tutti gli umani che conosco - e ne ho incontrati davvero tanti - tu sei l'unico che riesce a togliere il mio bellissimo sorriso dalle mie bellissime labbra d'acciaio." Da dove gli era venuta tutta questa ironia? L'aveva appresa da me in così poco tempo? Se fosse stato così, avrei dovuto fare seriamente più attenzione. Mi sentivo come se fossi stato catapultato nel bel mezzo di una radura, e intorno a me non ci fosse nient'altro a parte mine nascoste sotto terra. Un passo falso, e sarei saltato subito in aria. Chissà perché però avevo la sensazione di essere l'unico capace di fargli cambiare umore, il che non mi mise a disagio. Forse una volta sì. Il vecchio me non avrebbe apprezzato una cosa del genere, tuttavia adesso quel discorso non mi faceva né caldo né freddo. Anche se bisogna precisare che Ausipan era un androide - cosa dimenticavo continuamente -, il che rende le cose più facili e allo stesso tempo più difficili da accettare, a seconda dei vari punti di vista. 
"Va bene, messaggio ricevuto." Non credevo che avrei detto ciò che stavo per dire...
"Mio carissimo angelo custode della mia incolumità, saresti disposto a ripetermi, cortesemente..." Okay basta avevo superato i limiti, perfino per me stesso."
"Insomma, ripeti quello che hai detto un secondo fa, grazie."
"Dimentichi la parolina magica." O Dio mio.
"Per favore?" 

Chiuse gli occhi per negare ciò che avevo appena detto.
"Grazie? Ti supplico?"
"Ausipan. Devi dire semplicemente questo." Quanto poteva essere triste il fatto che definiva il suo stesso nome come 'la parolina magica'? Era troppo persino per un androide, figuriamoci per me.
"Ausipan. Ripetimi. Ciò. Che. Hai. Detto. Un. Minuto. Fa." Dissi scandendo bene ogni singola parola.
"Meglio di no. Non mi piace ripetere le cose." Avevo seriamente perso le staffe.
"Non può piacerti o meno una cosa, sei un androide, hai un chip al posto del cervello. Persino le tue presunte emozioni non sono vere." Sbottai, consapevole del fatto che non si sarebbe offeso, dato che non aveva sentimenti.
Un secondo dopo si udì una specie di bip bip provenire da Ausipan, ponendo fine a quella conversazione stupida ed idiota. Ringraziai santi che nemmeno esistevano, probabilmente.
"Una chiamata dal quartier generale? Non fiatare Ban."
Mi irrigidii non appena vidi Ausipan alzarsi e camminare nervosamente per la stanza, avanti ed indietro. Non parlò quasi mai, si limitava semplicemente ad annuire. Era un gesto stupido che però tendevano a fare anche gli umani, poiché nessuno poteva vederci mentre parlavamo al telefono. 
Dopo circa 5 minuti buoni buoni passati ad abbassare la testa, Ausipan terminò la sua chiamata con quella che doveva essere il suo comandante, o almeno qualcuno che lavorava con lui. Capii che si trattava di una donna dal suo"Sì signora", che ripeteva inespressivo ogni due secondi. Ad un tratto mi immedesimai in Ausipan. La mia vita era di gran lunga più noiosa della sua, ma almeno non passavo le giornate a viaggiare nel tempo stancandomi e rischiando perpetuamente la pelle. E poi, non mi trovavo così male nella mia routine. In un certo senso, mi piaceva annoiarmi.
"Ci sono problemi." Indugiò.
"Mi dispiace davvero andarmene proprio adesso, il giorno del tuo compleanno ma è urgentissimo."
Mi si accapponò la pelle quando vidi che era davvero serio. La sua espressione non prometteva nulla di buono.
In un attimo tirò fuori il suo Cubo-tempo dal suo borsone che aveva sistemato all'angolo della stanza. Non lo avevo nemmeno notato.

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