Capitolo 12

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Aprii improvvisamente gli occhi. Mi sentivo come se un camion mi fosse passato sopra, fermandosi per qualche ora sul mio corpo, tanto ero stanco. Pensavo che dormire avesse potuto ricaricarmi, invece ero più a terra di prima. Sbadigliai rumorosamente, e dovetti sfregare più volte le palpebre per via delle tante lacrime di sonno che tormentavano i miei zigomi. Tesi le braccia verso l'alto per stiracchiarmi e mi girai verso il fianco sinistro. Sussultai. Ausipan era seduto sul bordo del letto, a qualche centimetro dai miei piedi scalzi. A quanto ricordavo li avevo ancora messi quando mi ero coricato.
"Finalmente ti sei svegliato, avevo paura dormissi per tutta la notte!"
Dalla mia bocca uscì qualche verso strano, che però fece spuntare un ghigno sulle pallide labbra di Ausipan. Gli bastava davvero poco per renderlo felice. Mi chiesi se il suo sorriso non fosse altro che un tic nervoso.
"E' ora di cenare! Su, sistemati e andiamo."
"Non ho molta fame in realtà." Dissi mentre mi infilavo una maglietta blu scura a maniche corte. Una piccola parte di me temeva che Ausipan avesse fissato il mio petto nudo per tutto questo tempo. Okay, il mio corpo non era poi così male, ma non aveva nulla da invidiare a normali palestrati. E a me andava bene così.
"Troppo tardi, la pizza è arrivata poco fa." Sbuffai. Con quali soldi l'aveva pagata?
Mi tirò per un braccio e mi costrinse ad alzarmi. Mentre scendevamo le scale, si fermò a metà rampa, proprio davanti a me.

"Ti volevo chiedere..."
Incrociai il suo sguardo, curioso e allo stesso tempo imbarazzato.
"Sì?"
Sospirò.
"Dove...dove hai preso questo quadro?" Domandò avvicinandosi ad un dipinto appeso proprio nel mezzo della parente. Il quadro raffigurava una prateria al tramonto, dove non c'era erba bensì spighe di grano giallissime. A sinistra una mamma oca guidava i suoi piccoli verso uno stagno nascosto da un pagliaio deforme, mentre a destra vi era un piccolo casale con un vecchio mulino. In mezzo spuntavano due persone, un uomo e una donna. Non più giovani, ma nel pieno della loro passione amorosa. Lui la fissava con occhi nero carbone, mentre lei li teneva socchiusi, in preda alla gioia più totale. Si vedeva che erano felici insieme. Era uno dei ritratti più belli che avevo in casa, tuttavia non seppi mai chi lo dipinse o chi lo comprò. Dubitavo che mio padre lo avesse comprato: per lui i soldi erano sacri, non andavano sprecati per porcherie del genere. Era più plausibile pensare che fosse un dipinto della mamma. Sì, doveva essere senza dubbio suo. Inoltre si spiegava perché mio padre non lo avesse ancora tolto.
"Non lo so, è sempre stato qui."
"Davvero molto bello."
"Già." Ammisi. Quando però incrociai gli occhi di Ausipan, qualcosa non mi convinse. Fu solo un attimo, brevissimo, ma mi parve che volesse dirmi altro e che per qualche ragione non potesse dirmelo. Probabilmente era una delle mie solite paranoie. 

Mangiai una buonissima pizza con la salsa tonnata e peperoni. Una combinazione inusuale ma squisita, almeno per me. Ausipan non volle assaggiare neanche un pezzo, aveva detto che aveva finito di mangiare poco prima che mi svegliassi. Dopo cena, mi aiutò a lavare i piatti: io lavavo e lui asciugava. Di tanto in tanto gli ponevo qualche domanda sul futuro, ma lui era sempre molto evasivo. Si giustificava dicendo che non era autorizzato a fornire dettagli sui prossimi anni. Che noia. Più tardi ci sedemmo sul divano e continuammo a parlare per un po'. Finalmente ero riuscito ad addentrarmi nei meandri oscuri della sua vita privata.
"Hai una ragazza nel tuo tempo?" Chiesi spontaneamente.
"Ragazza?" Ripeté meravigliato.
"Oh scusa, non pensavo fossi...sì cioè, ho capito. Nel senso, ti piacciono i ragazzi giusto? Non c'è assolutamente nulla di male, è..."
"Frena, di cosa stai parlando?"
Di cosa stavo parlando? Okay, magari il mio continuo farfugliare imbarazzato non era molto comprensibile, ma avrà sicuramente afferrato il concetto. A volte rimpiangevo di non farmi i fatti miei.
"Lascia perdere. Ehm, quale sport ti piace?"
"Diciamo che non ne vado pazzo, ma ogni tanto mi piace andare allo stadio della mia città. Lì si possono vedere ogni giorno gli allenamenti delle ginnaste. E' grazie a loro che mi piace così tanto la ginnastica artistica. A te invece?"
"Oh...è insolito, però...A me piacciono in generale tutti gli sport con la palla, ma anche altri come il nuoto. Amo l'acqua."
"Come fai...io al solo toccarla esplodo."
"Esagerato, non è così male."
"Sarà, ma se la tocco per me è finita." Disse con uno sguardo duro, serissimo. Chissà a cosa si riferiva. Con la coda dell'occhio vidi una macchiolina grigia spuntare dalle lunghissime ciglia di Ausipan, doveva essere semplicemente un po' di polvere. Probabilmente si era infilato sotto tutti i mobili della casa pur di pulire e passare il tempo. Allungai la mano per togliergliela.
"Ma che fai?" Disse dandomi uno schiaffetto sulla mano.
"Hai una cosa nell'occhio, aspetta che te la tolgo." Risposi toccandogli una ciglia. Avvertii una strana sensazione alle dita.
Si scostò nervosamente.
"Non toccarmi." 
"Non ci sto provando, se è questo che pensi Ausipan." Dissi scherzando. Guardando le mani però, notati che in una tenevo qualche ciglia. Come gliele avevo strappate? Ne presi una, ma non sembrava essere naturale. Sembrava...di plastica. Portava le ciglia finte? Cominciai a dubitare del sesso di Ausipan. Insomma, il suo carattere, i suoi gusti, non erano proprio da ragazzi. Magari erano semplicemente gusti, o forse nel futuro le cose erano cambiate, ma la sua voce non era proprio da ragazzo. Sembrava più quella di un bambino in fase di crescita. E poi Ausipan non era un nome adatto ad un maschio. A pensarci bene però non lo era nemmeno per una femmina. Tuttavia non potevo certo chiederglielo, mi avrebbe sicuramente spedito nell'era dei dinosauri.  Anche se, conoscendomi bene, avrei fatto di tutto per togliermi quello stupido dubbio. Davvero. E non dovevo neanche aspettare tanto tempo.

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