Capitolo 18

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"C'è qualcosa che ancora ci sfugge." Disse Ausipan non appena la comunicazione con l'uomo mascherato si concluse.
"Ti riferisci a quello che è successo un minuto fa? Anche io sono un po' scettico a riguardo, ma è impossibile credere che sia stato tutto un bluff." E in effetti era proprio così. Insomma, perché mai qualcuno avrebbe dovuto mentire su una cosa del genere? Anche se c'era sempre la possibilità che quel video lo avevamo visto solo noi. In quel caso allora era stata una mera presa in giro. Certamente, era un'ipotesi da non escludere del tutto. Ci trovavamo in campo minato in piena regola, non potevamo sapere cosa ci sarebbe successo col passare del tempo.
"No no, non parlo dell'uomo." 
"Oh." Ero sicuro che si riferisse proprio a quello.
"E quindi cos'è che non capiamo?"
"Tutto questo. Voglio dire, il Quartier Generale ha rilevato, non si sa come, delle strane onde provenire da questo posto che all'apparenza sembra essere una normalissima fabbrica. Noi veniamo qui per indagare, qualcosa ci addormenta e ci ritroviamo all'interno di un edificio apparentemente senza uscita. Perlopiù, il mio Cubo-tempo è sparito misteriosamente e la città è da un po' di giorni senza energia elettrica."

In effetti, il suo ragionamento non faceva una piega. Era come se stavamo seguendo passo dopo passo tutti i punti di un piano macchinato da chissà chi al fine di ottenere chissà che cosa. 
"Cosa proponi di fare?"
"Prima di tutto dobbiamo trovare un modo per uscire di qui..."
"Sì ma, come facciamo per il Cubo-tempo? Senza di esso non possiamo tornare a casa."
"Ban, è più importante uscire di qui." Non sapevo come controbattere. E in ogni caso, lo avremmo ritrovato, in un modo o nell'altro.
All'improvviso Ausipan si avvicinò lentamente verso la finestra vicina al mega-schermo. Alzò la vecchia serranda, che cigolò fastidiosamente. Chiusi un attimo gli occhi quando percepii i caldi raggi solari pervadermi il viso. Amavo prendere il sole, ma non procurarmi delle scottature. Infatti, d'estate, quando andavo al lago vicino casa, mi passavo sempre un po' di crema solare, anche quando non ce n'era bisogno. Era una forte paranoia a cui non riuscivo assolutamente a rinunciare. 

"Che stai facendo?" domandai quando lo vidi staccare un pezzo di cartone da uno scatolone abbandonato all'angolo.
"Devo controllare una cosa." spiegò tornando alla finestra. Cos'aveva intenzione di fare? Si sedette sul davanzale come se nulla fosse, io al posto suo sarei già svenuto per l'altezza. Poi mi ricordai per la milionesima volta che lui non era un umano, quindi certe cose che per me risultavano essere bizzarre o paurose per lui potevano anche non esserle. Per un attimo mi balenò una brutta idea in testa. Fece penzolare le sue corte gambe sul vuoto. Che avesse intenzione di buttarsi?
"Ehm, Ausipan?" Mi avvicinai lentamente, temevo che avrebbe reagito male. Non è facile capire cosa passa per la testa di un computer. Non mi rispose, ovviamente. Tuttavia, alzò il braccio destro mostrando la sua mano chiusa in un pugno, che stringeva il pezzo di cartone. La mia curiosità cresceva proporzionalmente alla mia ansia. Dovevo smetterla di essere così paranoico. 

Allungò la mano davanti a sè e, con lo sguardo fisso sull'orizzonte, la aprì, liberando il pezzettino che volò librandosi come una piuma nel cielo. Ormai ero praticamente poggiato sul davanzale, e per fortuna Ausipan rimase immobile. Continuammo a guardare il cartone per molti secondi, fin quando scomparve dalla nostra visuale. Dovevo ancora capire il suo scopo.
"Mmh, peccato." Mormorò alla fine. Lo guardai con aria interrogativa. Davvero non riuscivo a comprendere. Poi tornò il suo solito sorrisone sulle sue labbra metalliche.
"Niente di che. Pensavo solo che ci fosse un campo di forza o un qualcosa del genere. Beh, comunque sia, adesso possiamo andare."
"Hai trovato l'uscita?" 
Rimase un po' in silenzio, come se stesse riflettendo attentamente su qualcosa di molto importante. Speravo con tutto il cuore che avesse trovato un modo per andarcene da lì, avevamo molte cose da risolvere ancora. 
Si girò, continuando a fissarmi sorridendo imperterrito.

"Oh sì, è proprio qui, davanti ai tuoi occhi." Spiegò, mentre allungò un braccio in direzione del vuoto. Solo dopo un po' capii dove voleva andare a parare.
"Tu sei fuori di testa, anzi di CPU." Ad essere onesti quell'ultima frase potevo proprio risparmiarmela. 
"Io vado, se tu vuoi restare qui finché non muori di stenti fai pure." Mentre terminò di pronunciare l'ultima parola, si diede una spinta con le braccia, per poi buttarsi come se nulla fosse. Era successo tutto troppo in fretta per avere il tempo materiale di rendermi conto di ciò che stava succedendo. Il mio cervello capì che Ausipan si era gettato davvero dal quarto piano solo quando i miei occhi non riuscivano più a vederlo. Era sparito, puff. Magari aveva qualche marchingegno di salvataggio, come un paracadute o un dispositivo antigravità. Mi sedetti sul davanzale con le gambe penzoloni, proprio come aveva fatto lui, cercando di riuscire a vederlo da quella posizione. Niente. Probabilmente era stato divorato dalle rose artificiali.

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