Capitolo 7

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In preda a quelle emozioni, poggiai le mani sopra quelle di Bahamus, che continuavano a stringere violentemente il mio collo. Stavo perdendo sempre più lucidità, e dovevo fare davvero in fretta o sarei morto. Feci leva con tutte le mie forze per cercare di strappargli le mani, ma era irremovibile. Quell'essere aveva veramente una forza spaventosa, innaturale. Tutta la determinazione che si era creata in me svanì di colpo. Stavolta gli occhi si chiusero da soli, ormai non controllavo più il mio corpo. Le mie braccia si abbandonarono nuovamente senza più alcun briciolo di forza. Almeno non avevo rimpianti, ci avevo provato fino all'ultimo. Una strana lucina bianca si stava facendo largo tra il buio che vedevano i miei occhi chiusi, chissà, probabilmente era la luce che vedeva chiunque fosse in procinto di morire. Ma in tutto questo, Ausipan dov'era? Era stato veramente ucciso oppure se l'era data a gambe? Non aveva importanza pensare a quelle cose ormai. Non sentivo più le gambe, e il resto del mio corpo. 

"Sì finalmente!" Esclamò Bahamus, la voce rotta dallo sforzo. Era finita. 

Udii in lontananza un rumore sordo e forte, e qualche istante dopo caddi a peso morto a terra. Non riuscivo ad aprire gli occhi, il mio corpo era troppo scosso dai colpi di tosse che mi tormentavano. Ma a fatica, l'aria cominciò a rientrare nei miei polmoni. Quant'era bello respirare. Delle mani velocissime toccarono il mio fianco, per poi risalire rapidamente fino ad arrivare al collo. Due dite si poggiarono sulla parte in basso a destra, probabilmente Bahamus stava controllando se fossi morto, ma non aveva sentito il mio continuo tossire? 

Quelle stesse mani scesero più in basso, fermandosi proprio sul cuore, massaggiandolo dolcemente. Potevo percepire il calore anche attraverso i vestiti, era molto calda. Con un grande sforzo, riuscii ad aprire lentamente gli occhi. Tutto ciò che vedevo era una massa di capelli scuri sfocati, il resto si muoveva in maniera disordinata. Cominciai a dubitare che si trattasse veramente di Bahamus, lui non aveva nemmeno la testa. Una voce profonda e familiare si insinuò nelle mie orecchie, facendomi capire che ero ancora vivo, e che avevo ragione: non era Bahamus.

"Dai, apri gli occhi." Ci misi un po' a comprendere a chi appartenesse quella voce. Non era  di Ausipan, bensì di Elvenar. Perché era lì? E proprio in quel momento poi...Mise una mano sotto la mia schiena per aiutarmi ad alzarmi. D'istinto perlustrai la zona circostante, per vedere se Ausipan si trovava nei paraggi. Con mio grande disappunto, non lo vidi.

"Sta tornando, è andato a prendere una cosa, o almeno così mi ha detto." Scioccato, riuscii soltanto a spalancare la bocca, anche se avrei voluto dirgli tante di quelle cose...riusciva a leggermi nel pensiero? Forse ero ancora stordito.

"No, non so leggere le menti altrui Ban." Sgranai gli occhi. Mi prendeva in giro?

"Sì, come no."Dissi. Un'espressione accigliata calò sul suo volto turbato. 

"Dico sul serio. Ma non è il momento di perdersi in chiacchiere. Ausipan mi ha detto di andare alla spiaggia non appena ti saresti svegliato."

Spiaggia? Intendeva quella dove quel Lienk o come si chiamava mi aveva lasciato?
"E' la spiaggia in cui ti sei risvegliato per la prima volta, lì vicino ci siamo incontrati, te lo ricordi?"

Spazientito, soffocai un sospiro rumoroso. Che senso aveva fingere oramai? Si rendeva solo più ridicolo, di certo non era un tipo furbo.

"Ci sei Ban?" Lì per lì gli gettai un'occhiataccia, ma erano le forti emozioni che avevo vissuto poco fa a rendermi così nervoso ed irritato, o almeno così credevo. Era stupido prendersela con lui, in fin dei conti mi aveva semplicemente salvato. E poi doveva avere delle buone ragioni per non confidare i suoi segreti ad uno pseudo-sconosciuto. Feci qualche passo, traballando un po'. Sentivo un buco allo stomaco, ma ciò di cui avevo più bisogno era l'acqua: la mia gola era un camino acceso e scoppiettante. Proprio in quel momento, Elvenar mi allungò una bottiglia d'acqua fresca. Che coincidenza pensai, e sicuramente lui lo aveva intuito poiché fece un mezzo sorriso ironico. Bevvi tantissimo. Nonostante il fatto che Elvenar riuscisse a leggermi il pensiero fosse inquietante, non diedi di matto. Gli avvenimenti recenti mi avevano scosso abbastanza, ora ero semplicemente un uovo senza tuoro o albume. Camminammo silenziosamente fino alla sua macchina. La testa mi premeva forte come un tamburo, e poggiarla sul morbido sedile dell'automobile fu un grande sollievo. Non riuscivo nemmeno a pensare, figuriamoci a ciò che mi era successo. Forse non era così male però, in certi momenti dimenticare era la cosa migliore e indolore che si potesse fare, anche se non era una soluzione definitiva. Presto avrei dovuto capire cosa mi era successo.

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