Capitolo 20

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Continuai a camminare senza fermarmi. I miei piedi urlavano pietà, eppure non mi lamentai neanche per un momento. Passarono minuti, ore, giorni, forse anche di più. Non ricordavo esattamente, e non era nemmeno necessario. Da quando mi ero allontanato da Ausipan non avevo fatto altro che camminare. Mi ero fermato di tanto in tanto per riposare, o per mangiare qualcosa. Era essenziale non sostare troppo, il pericolo era sempre in agguato. 
"Siamo quasi arrivati." Disse Zosima, rompendo una volta per tutte il silenzio imbarazzante che vigeva tra di noi. Non l'avevo ancora perdonata per ciò che aveva fatto, ma almeno avevo ricominciato a rivolgerle la parola.
Annuii silenziosamente.
"Quanto ancora pensi di tenermi il muso? A volte sei proprio un bambino." Sospirò.
Non la degnai nemmeno di uno sguardo, figuriamoci di una risposta. Forse aveva ragione però. Quella situazione era diventata a dir poco ridicola, e non era certo per colpa sua.

"Avresti potuto pensarci due volte prima di farmi credere che Ausipan fosse morto. Quale mente malata passa la notte a costruire un fantoccio simile all'amico di un umano?"
"Ammettilo dai, ti sei preso un bello spavento." Disse dandomi una pacca sulla spalla.
"Vorrei vedere te al mio posto. Cosa avresti fatto se avessi visto la tua migliore amica distesa per terra priva di vita?" Stavolta la guardai negli occhi. Fui felice di averle fatto sparire quel suo sorriso impertinente dalla faccia, anche se capii che non volendo le avevo risvegliato brutti ricordi. Me ne resi conto immediatamente, il suo labbro tremava troppo nervosamente.
"Lascia stare."
"No, hai ragione. Stavolta credo proprio di aver esagerato."
"Non parliamone più." Cercai di trovare una scusa per cambiare velocemente argomento.
"Da quanto tempo siamo in viaggio?" Prima di rispondermi diede una rapida scorsa al suo orologio da polso.
"Trentuno ore e 9 minuti."  
Sospirai. 
"Per quanto tempo ancora dobbiamo proseguire?" Chiesi esasperato.
"Non ne ho idea. Potremmo essere vicinissimi, come potremmo essere ancora molto lontani."
"Non sei di aiuto."
Inaspettatamente lei sorrise. E quelle sue labbra, piegate verso l'alto, la rendevano ancora più bella. Chissà com'ero conciato. Avevo una voglia matta di farmi una bella doccia rinfrescante. I miei capelli erano molto sporchi e spettinati. Speravo soltanto che Ausipan stesse bene.

Poco dopo aver compreso che quello che pensavo morto non era Ausipan, bensì un semplice fantoccio fatto da Zosima per prendermi in giro, incontrammo l'androide vero e proprio. In effetti, il robot fasullo non aveva alcuna lucina, mentre Ausipan ne aveva sempre una accesa, anche quando era disattivato. Ovviamente non era consapevole dello scherzo di Zosima, ma a quanto pare da quando lui si buttò dalla finestra a quando lo feci anch'io, passò un'ora bella piena. Ciò fu possibile perché quelle strane rose emanavano un campo di distorsioni temporali che alterava il tempo a casaccio, o almeno così mi aveva spiegato lui. Anzi ci era finita bene. In quel lasso di tempo Ausipan aveva fatto la conoscenza di Zosima, ma lui non si perse sugli allori. Alla fine disse che aveva capito chi ci aveva rinchiusi in quella stanza. E chi poteva essere se non la nostra cara Zosima? Tuttavia quando lo venni a sapere non mi arrabbiai più di tanto, mio malgrado. Chissà quanta altra pazienza avrei potuto avere.

"Oh guarda là! Lo scoglio di cui parlava Ausipan! Sarà quella giusta?" Indicò Zosima speranzosa.
"Suppongo di sì. Anche perché non ne ho visti altri, dev'essere per forza quello che stavamo cercando." Beh, in effetti, era raro trovare un masso nel bel mezzo della campagna. Durante il tragitto Zosima mi aveva spiegato che in quel periodo dell'anno si coltivavano soprattutto ciliegie e gelsi, ma anche altri tipi di verdure come la rucola o la misticanza. In effetti era proprio vero. Ovunque guardassi c'erano tantissimi alberi, e non riuscii a scovarne uno secco. I proprietari ci tenevano davvero molto. Non mi sarebbe dispiaciuto se un giorno, magari quando avrei avuto una casa tutta mia, mi fossi dedicato al giardinaggio. In un certo senso mi piaceva molto coltivare e veder crescere giorno dopo giorno ciò che seminavo: era come creare la vita, in un certo senso. Quella campagna si estendeva per diversi ettari, e in lontananza riuscii a intravedere anche un podere con un mulino ad acqua, anche se non ne ero del tutto sicuro per via della distanza.

Ci avvicinammo cautamente allo scoglio. Quando avevo trovato Ausipan, stava facendo il giro dell'edificio in cui eravamo stati rinchiusi. Aveva scoperto che la trasmissione mondiale dell'uomo mascherato si trasmetteva tramite un sistema ad ingranaggio, che fungeva come un autentico segnale Wi-Fi: in poche parole, il computer da cui era partito il video emanava dei segnali, che a loro volta si diffondevano tra i vari computer e smartphone grazie ad internet, innescando così una reazione a catena inarrestabile. E il filmato era partito proprio da quel posto. Non poteva essere una semplice coincidenza. Qualcuno ci aveva attirati lì, e poi, aveva approfittato del momento giusto per portarci là dentro, per darci un posto in prima fila davanti ad una dichiarazione di guerra su scala globale. Io ed Ausipan avevamo avuto solo la sfortuna di incappare in una ragazza vivace come Zosima. Per un momento, dubitai persino di lei, ma a detta di Ausipan, era difficilissimo riuscire a trasmettere un video a tutto il mondo nello stesso istante, e ad essere onesti Zosima non aveva l'aria molto intelligente. 

Dopo che Ausipan mi spiegò tutto, ricevette una chiamata dal suo Quartier Generale, quello del suo tempo. Purtroppo persi tutta la conversazione, perché avevo dovuto allontanare Zosima da lì. Non potevamo rischiare che venisse a sapere la verità su di noi. Appena ebbe chiuso la telefonata, riuscimmo a parlare per pochi minuti da soli, poiché Zosima era andata a fare 'un giro di ricognizione', o almeno così aveva detto. Poco importava.
Ausipan mi disse che non si sa come, al Quartier Generale avevano trovato il suo Cubo-tempo proprio sul tetto. Un altro soldato, probabilmente anche lui androide, venne a prenderlo per verificare di persona. Tuttavia, poco prima di andarsene, Ausipan non perse certo tempo e lasciò istruzioni a me e a Zosima, su un bigliettino di carta. E per fortuna che non mi aveva detto tutto a voce. Ogni venti minuti rileggevo il suo messaggio per essere sicuro di ciò che stavo facendo. Lo ripresi e lo rilessi, anche se ormai non c'era più bisogno perché lo avevo imparato quasi a memoria.

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