Capitolo 14

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"Da quanto tempo?" Domandai improvvisamente rompendo il silenzio imbarazzante che si era instaurato tra me ed Ausipan. 
"Da quanto tempo cosa?" 
Non sapevo nemmeno io a cosa alludevo, tuttavia mi accorsi che gli stavo ancora toccando il braccio meccanico. Era proprio strano. Voglio dire, la pelle era decisamente più bianca rispetto alla mia, e non c'erano né nei né peli, ma tralasciando questo il suo corpo poteva benissimo sembrare quello di un normale essere umano. Eppure avrei dovuto accorgermene prima. Non mangiava mai, non aveva soldi con sé e indossava sempre gli stessi vestiti. Inoltre, si spiegava la sua spiccata tendenza a sorridere in situazioni disperate. Essendo un androide non poteva avere sentimenti, anche se ogni tanto sembrava di essere serio, per esempio poco dopo che tornammo dal viaggio temporale. Mi aveva consolato, e poi un androide non si eccita pensando a come passare un compleanno di un conoscente. La sua allegria non poteva essere collegata ad alcun tipo di tecnologia robotica. Le emozioni non possono essere riprodotte artificialmente. Ma una cosa era certa: Ausipan non era un androide tradizionale. 
"Come...come fai?" Esordii tentennando. All'inizio parve non capirmi, quindi gli spiegai tutta la mia opinione su di lui e sui sentimenti.
"Beh, è normale che tu non lo capisca. Ti ricordo che io vivo nel futuro, e ovviamente la scienza ha fatto passi da gigante. Invece la vostra è talmente obsoleta che neanche può essere definita tecnologia."
Feci una smorfia, pur sapendo che aveva ragione. Io vivevo in un'epoca abbastanza evoluta, ma è normale che gli anni a seguire lo siano ancora di più.
"Possiamo dire che sono un esperimento. Oltre ad avermi costruito con un aspetto quasi umano, il mio processore è in grado di riprodurre i sentimenti, proprio come fate voi persone. In parole povere, possiedo un sistema di intelligenza artificiale che impara ed evolve autonomamente, anche se per apprendere correttamente ha bisogno di un input, di una spinta da parte di qualcuno che conosca quella determinata cosa che devo imparare."

"Mmh...credo di aver capito. Quindi anche in questo momento stai imparando qualcosa da me?" Ero sempre più incuriosito. Da  non crederci, nel futuro esisteranno cose che nemmeno riuscivo ad immaginare. Non mi sarebbe dispiaciuto avere la possibilità di ammirarle, un giorno.
"Ad essere sinceri in questo preciso istante no, non sto apprendendo nulla. Da te ho imparato a non sorridere."
Wow, se non altro adesso avevo avuto la consapevolezza che non sprizzavo felicità da tutti i pori. Non ci rimasi male comunque, perché bisogna atteggiarsi a seconda degli eventi. O almeno così pensavo.
Cominciai a sbadigliare. A dire il vero faticavo già da un po' di tempo a tenere gli occhi aperti.
"Va bene. Adesso perdonami, ma ho veramente bisogno di riposare qualche ora. Continuiamo domani." Dissi sdraiandomi sul letto. Appena poggiai la testa sul cuscino, ebbi l'impressione di non dormire per almeno 3 giorni. Tutta la stanchezza che avevo accumulato si era concentrata in quel momento. Allungai un braccio per spegnere la luce, quando fui nuovamente interrotto da Ausipan.
"Un'ultima cosa." Mi girai e vidi che il suo volto era sprovvisto del sorriso. Cattivo segno.
"Dimmi..."
Mi fissò ancora per qualche istante, e per un attimo mi parve che un'ombra gli attraversò gli occhi. Non sembrava tristezza o dolore, forse si trattava di compassione? 
"Buon compleanno, Ban."
Colto alla sprovvista, mi limitai a balbettare un 'grazie' banale, ma non si offese. Probabilmente non aveva ancora imparato questa emozione, e speravo di non essere io a insegnargliela.
Chiusi velocemente gli occhi, riaprendoli un secondo dopo. Avevo ancora un dubbio.
"Aspetta...ma tu, essendo artificiale, non hai bisogno di riposare. Prima facevi finta di dormire?"
"Diciamo di sì. Quando chiudo gli occhi non mi addormento mai. Non credo di esserne in grado."
"E quindi come passi il tempo? Non ti annoi?"
"Non credo di essere capace di annoiarmi."
Quella sua ultima affermazione fu sufficiente a zittirmi. Che idiota che ero, un robot, per quanto all'avanguardia, non poteva annoiarsi.

Appena li aprii, gli occhi videro la fastidiosa luce solare prorompere dalla mia finestra. Mi arrivava praticamente in faccia, poiché le tende erano scostate. Ed era strano, perché io avevo l'abitudine di chiuderle sempre la sera prima, così da svegliarmi un po' tardi quando non dovevo andare a scuola. Anche se, guardando l'orologio, vidi che non era poi così presto. Mancavano solo due ore a mezzogiorno. Solitamente mi svegliavo a quell'ora.
Mi strizzai gli occhi e mi misi a sedere. Ausipan non era in camera e il letto era già sistemato. Doveva avere la mania dell'ordine. Mi domandai se all'inizio non fosse che un semplice robot per le pulizie. Quel pensiero mi fece sorridere un pochino. Prima di alzarmi mi stiracchiai un po' la schiena, adoravo sentire il rumore che producevano le mie ossa. Andai in bagno per lavarmi la faccia con un bel getto d'acqua fredda. Oggi c'era una bella giornata, un po' troppo poco fredda per essere in pieno inverno.
Scesi al piano di sotto, andando in cucina. Non c'era nessuno. Chissà dov'era finito Ausipan.
Presi il Fahnio e lo accesi. Mi attendevano ben 53 messaggi di auguri, a cui risposi ad una decisa sì e no. Il primo era quello di Lheksia ovviamente. Il resto erano amici o compagni di classe. Neanche l'ombra di un messaggio da parte di mio padre. Era da un po' che non lo vedevo o sentivo, ma era difficile sentire la sua mancanza. Perché lui era la mancanza.
Poco dopo mi sedetti sul divano mangiando mezza vaschetta di gelato che era avanzata dall'estate precedente. Mentre ingoiai l'ultima cucchiaiata il mio Fahnio prese a squillare. Era Lheksia. Non mi andava molto di rispondere, ma era da un po' che non la sentivo. Mi mancava la sua voce, dovevo ammetterlo.

"Ehi." Dissi freddamente.
"Buon compleannoooo!" Esclamò allungando di troppo l'ultima vocale. Anche se apparentemente poteva sembrare qualcosa da infantile, la sua voce allegra riuscì in qualche modo a strapparmi un sorriso, il che era strano: il mattino ero solitamente apatico, o almeno non era così semplice farmi ridere. Forse era la sua mancanza a provocarmi quella sensazione di felicità. Parlammo per un po', e in tutti questo mi disse che era passata a casa mia la sera per darmi il regalo ma io non le avevo aperto. Poi mi ricordai che ero andato al Gruxeon, e dopo mi ero ritrovato nell'Africa di 11 anni prima. Scacciai immediatamente quel ricordo, non era il momento e non volevo rovinare fin da subito il mio compleanno.
Continuammo a chiacchierare per un altro po'. Alla fine Lheksia riuscì a convincermi a mangiare qualcosa la sera stessa, tanto per festeggiare un pochino. E l'idea non mi dispiaceva, era tanto che non passavamo del tempo insieme, dopo tutto. Ma forse era meglio se Ausipan fosse venuto con noi, insomma, non mi andava di lasciarlo solo in casa. E se fosse tornato mio padre? Improbabile. Ad ogni compleanno aveva sempre trovato una scusa per non venire, anzi, non si giustificava proprio. Per lui era più che normale non fare nemmeno una telefonata il giorno del compleanno del suo unico figlio. Speravo ogni giorno di non diventare come lui da grande. Anche se ormai ero diventato grande, seppur da poche ore. A proposito, dov'era finito Ausipan?
Cominciai ad ispezionare ogni singola stanza della casa. Non lo vedevo da quando mi ero svegliato e il che era preoccupante. Mentre mi trovavo nella camera degli ospiti, sentii un piccolo rumore sordo provenire dal soggiorno, poi qualcosa rompersi. Doveva essere vetro, probabilmente qualcuno aveva spaccato un vaso o peggio, una finestra. 

Scesi cautamente le scale. Chi diavolo c'era in casa? Non avevo sentito nemmeno la porta sbattere, e non era così facile entrare. Appoggiandomi alla parete, vidi che c'era un'ombra riflessa sul pavimento ferma proprio davanti a me, dai contorni un po' incerti. Non potevo sporgermi di più, altrimenti chiunque fosse stato mi avrebbe visto. Riuscii a deglutire a fatica. Era passato qualche minuto ma l'ombra giaceva ancora lì, immobile. Il cuore stava accelerando. Dovevo seriamente iniziare a portare le pillole con me, sarebbe stato molto più utile. 
Finalmente la sagoma accennò un passo in avanti, nella mia direzione, ma non provai certo sollievo o felicità, bensì paura. Tremavo come una foglia tormentata dal forte vento autunnale, soprattutto perché non udivo alcun passo, vedevo soltanto l'ombra avanzare. Che cos'era?
Un altro rumore fece crescere sempre di più la mia preoccupazione, ma stavolta proveniva dal piano di sopra, proprio in cima alle scale. Ottimo, ero in trappola. Rassegnato, salii un gradino. Senza rifletterci troppo, rivolsi un pensiero ad Elvenar, così a caso. Chissà cosa avrebbe fatto se si fosse trovato nella mia medesima situazione. 
"Ban! Ci sei? Sono qui sopra." Udire la voce di Ausipan fu come tuffarsi in una piscina calda in pieno inverno: un sollievo quasi impossibile da percepire realmente.

Non risposi perché ero ancora in preda alla paura, tuttavia quando rivolsi il mio sguardo verso la porta del soggiorno, notai con grande stupore che l'ombra  si era completamente dissolta. Provai sollievo e paura nello stesso istante. Cercavo di convincermi di aver immaginato tutto. Invano. Ero ancora di spalle quando avverti una mano poggiarsi sulla mia schiena, facendomi trasalire nervosamente.
"Ma sei pazzo?!" Esclamai dopo essermi voltato.
"Ehi ehi, come mai tanto nervosismo?"
"Poco fa ho sentito qualcosa rompersi, poi c'era un'ombra e tu...che hai combinato?"
Chiesi meravigliato. In effetti Ausipan non era conciato proprio bene. C'erano delle scintille sul suo braccio destro, come se si fosse danneggiato. Inoltre portava una benda in un occhio proprio come facevano i parti, e portava un sacco blu a pois sulla spalla. Mai vista prima. Dove l'aveva presa? Ma la domanda giusta era un'altra: come aveva fatto ad entrare...dal piano di sopra?

Come se mi potesse leggere il pensiero, Ausipan rispose mentre corse ad abbracciarmi.
"Menomale! Temevo ti fossi dimenticato di me!"
"Perché avrei dovuto?" Volevo aggiungere che non ci vedevamo soltanto da qualche ora, ma preferii tenere quella considerazione per me.
"Non noti nulla di diverso in me?"
"A parte quell'orrenda bandana e quella strana borsa a pois che porti sulle spalle? No."
Rise. Io invece sbuffai, leggermente spazientito.
"Sono appena tornato da una missione, nel 2098. Caspita, l'Inglalia di quell'epoca è davvero qualcosa di fenomenale!"
"Ingla cosa?"
"Ops, ho detto troppo. Fa finta di nulla."
Per una volta acconsentii senza protestare. Sul mio sguardo però si era dipinto il senso di curiosità unito alla speranza, e fortunatamente Ausipan capì ciò che volevo sapere.
"E' andato tutto bene stavolta." Disse andandosi a sedere sul divano.
"Quindi sei riuscito a sconfiggere il Lienk?"
"Beh sì, più o meno. Non ci è stata alcuna vittima, e sono riuscito a non far esplodere un buco nero temporale. Tuttavia..." quell'improvviso cambio di tono non presagì nulla di buono.
"Il Lienk mi è scappato, mi dispiace." Ecco appunto.
A me dispiaceva più per lui. Voglio dire, aveva appena salvato un'intera epoca, nessuno si complimentava per questo suo gesto altruistico, e si preoccupava di non aver catturato il responsabile. In quel momento provai un po' di compassione per Ausipan.

"Ce la farai la prossima volta, ne sono sicuro." Affermai sinceramente. 
"Grazie...che giorno siamo oggi?"
"Non ti ricordi? E' il mio compleanno. 2 gennaio 2034."
Si alzò di scatto, sorpreso.
"Quindi ho perso soltanto una manciata di ore?"
Annuii velocemente.
"Oh...meglio così."
"Vuoi qualcosa da bere o da mangiare? O ti vuoi riposare un po'? Sarai stanco."
Stavo cercando di non farmi raccontare circa quello che aveva fatto nel 2098. Non mi ero ripreso del tutto dal viaggio disastroso che avevo fatto.
Mi guardò malissimo. Era davvero strano senza il suo sorriso.
"Vuoi forse uccidermi Ban?"
"Perché dici così..." Ah già, dimenticavo che Ausipan fosse un androide. Di certo bere non gli avrebbe fatto bene.
"Scusa. Devo ancora metabolizzare questo fatto che non sei umano, come il resto delle cose."
"Mi sorprende che tu ancora non mi abbia posto una domanda abbastanza ovvia."
Puntai i miei occhi sui suoi, decisamente più belli dei miei. Provai a pensare a una domanda qualsiasi, ma non mi venne nulla in mente. Gliene avevo già fatte tante, in fin dei conti.
"Quale?"
"Non mi hai ancora chiesto perché nel mio tempo si servono di robot per viaggiare nel tempo.
In effetti, era una domanda lecita e abbastanza ovvia da fare. Dovevo decisamente migliorare la mia abilità investigatrice.




Note dell'autore


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