38. Io volevo te.

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Avete presente la sensazione di pace e protezione che si prova quando ci si è tra le braccia della persona giusta? Quella che si ama? Sì?

Anche io, ma ad un certo punto ci avevo perso le speranze. Credevo che non mi sarei sentita mai più in quel modo, dato che questo è l'unico posto nel quale posso dire di essere a casa e né con Aaron, né con qualcun altro avrei mai avvertito lo stesso.

Prima di incontrarlo per la seconda volta non credevo all'amore. Cioè, sì, ma sapevo che alla mia età nulla si avvicinava a quel sentimento: le nostre erano solo delle cotte, quelle che durano qualche mese e che passano subito perché poi ti infatui di qualcun altro. Avevo quindici anni quando ho smesso di cercare la mia "anima gemella".

Sedici, invece, quando l'ho incontrato per la seconda volta.

Il tempo passava...e ho capito che non era una semplice cotta, la nostra. Non quando, più i giorni passavano, più m'innamoravo; più litigavamo e più lo volevo vicino a me; più si avvicinava, più avevo voglia di sentire le sue labbra sulle mie.

Non quando, nonostante abbia passato un anno senza Brian, non sia mai riuscita a dimenticare ciò che provo per lui.

I miei pensieri vengono interrotti dalla sua mano destra, la quale -che prima aveva subito un brutto colpo-, si posa sul mio fianco. E se gli facesse male? Mi era sembrato di vedere una maschera di dolore sul suo viso e del sangue...interrompo quindi il bacio e sussurro, tentando di bloccarlo: "A-aspetta..."

Lui si allontana dal mio viso con gli occhi ancora chiusi, poi li riapre, incontrando il mio sguardo preoccupato. "Cosa c'è?"

Gli prendo il braccio e gli mostro la mano. "Prima ho visto che avevi battuto il muro e avevi fatto una smorfia di dolore..."

"Oh, è solo questo." Lui la guarda, poi accenna un sorriso e muove le dita velocemente, sotto il mio naso. "Vedi? È tutto okay."

"Sicuro? Ho visto anche del sangue-"

"Jackie, non ho nulla. E non c'è nulla. Sì, ammetto di essermi fatto un po' male, ma è stato solo in quell'attimo, poi non ci ho pensato più ed è passato perché avevamo problemi più gravi da risolvere. Non preoccuparti."

Esamino ancora una volta la mano, accigliata: forse, quella del sangue è stata solo una mia impressione...in quel momento ero così stordita e addolorata psicologicamente che dovevo aver pensato al peggio anche lì. Sì, deve essere andata così.

"D'accordo. Menomale." Quindi mi avvicino ancora una volta al suo volto, ma Brian si allontana con un sorrisetto di scherno. Incrocio le braccia al petto con un po' di difficoltà, dato che siamo praticamente attaccati e cerco di assumere l'espressione più delusa e offesa che abbia mai fatto in vita mia. È sempre il solito.

"Pff...Non mi sei mancato per niente." Mento.

Scuote il capo mentre gli angoli della sua bocca raggiungono quasi gli occhi. Ma non è felicità, è un ghigno bello e buono: si sta prendendo gioco di me.

"Ah, davvero?"

"Sì, davvero." Ribatto.

Il biondo cenere, questa volta, si fa ancora più vicino, arrivando quasi a sfiorarmi il naso con il mento. Ammetto che è diventato molto più alto, rispetto a com'era anno fa, e questo non fa altro che alimentare il mio disagio perché io, purtroppo, sono rimasta sempre la stessa. Non sono cresciuta nemmeno di un centimetro.

Sembra accorgersene anche lui, infatti mi precede, abbassando il capo e sussurrando: "Guarda un po', ti ho superato."

"Questo non vuol dire che io sia bassa." Per la mia età sono nella media: non può dire che abbia qualche centimetro in meno rispetto al normale! È lui che è troppo alto!

Io volevo te. [#2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora