Capitolo 24 - Facilis Descensus Averno

5 0 0
                                    

La fiamma tremolava sulla mano di Ellen mentre procedevano nello stretto corridoio dalle pareti di pietra, camminavano da molti minuti ormai e sembrava non avere fine.
Finché non trovarono un'altra grande porta che si aprì con una leva uguale a quella accanto alla tomba.
Giunsero inaspettatamente in una stanza circolare ancora buia.
Dagon, in testa si voltò verso di lei e le porse le mani a coppa.
-Passa la fiamma-
-Come?-
-Posso toccarla, non sono un demone qualsiasi-
Ellen incerta avvicinò la fiamma e la lasciò scivolare tra i suoi palmi come fosse fuoco liquido.
Dagon si avvicinò ad una parete e versò quel fuoco in un canalino addossato al muro che distribuì la fiamma su tutte le pareti, coperte di una sostanza infiammabile che non avevano notato e l'intera sala fu illuminata.
Loch girò attorno alla porta che avevano appena attraversato, dall'altra parte sembrava vuota, che magia.
-Come si suol dire: benvenuti all'Inferno- disse Dagon in maniera teatrale, allargando le braccia.
-Un'accoglienza calorosa- commentò Loch di rimando.
-Credimi è meglio così. Adesso mi seguirete, dobbiamo stare molto attenti e ricordate, se ci trovano, se ci vedono io dovrò immediatamente fingere di avervi appena catturati, lo stesso vale per Moona-
I tre annuirono, l'ansia cominciava a salire.
Seguirono Dagon in un corridoio più grande che li condusse fuori da quello che visto all'esterno era tale e quale al Partenone, solo molto più piccolo e più scuro, piuttosto minaccioso.
Si trovavano in quello che doveva essere il "paesaggio" infernale.
Il cielo era un'unica massa di nubi nere e rosse che formavano una spirale dove doveva trovarsi il centro.
Un sentiero conduceva ad una cittadina che poteva somigliare a New Orleans in miniatura, solo completamente nera.
Molto più lontano, si vedeva il Castello Nero, alto, intricato, coperto di guglie e pinnacoli, finestre gotiche talmente grandi da poterle vedere anche dall'orizzonte, sottili ponti sostenuti da arcate altissime affondavano le loro radici in un enorme lago scuro su cui il castello intero sorgeva come sospeso e lo abbracciava, lo attraversava a suo piacimento con ballatoi e torri sparse che si perdevano nella nebbia che si faceva più fitta quando la vista si allontanava e più rara nella zona abitata.
-Wow, è eternamente Halloween qui-
-Che ti aspettavi? Se lo descrivono così cupo vorrà dire qualcosa. Pur considerando che anche noi ci siamo evoluti nei secoli...e si, se te lo stai chiedendo,al tuo paparino piace molto la vecchia New Orleans-
Questo chiarì tutti i loro dubbi.
-Perfetto-
-Dove incontreremo mia sorella?- Ellen andò dritta al sodo.
-Al Dante's, un pub all'angolo tra la via principale e un vicoletto cieco, è piuttosto isolato e anche se è molto frequentato persiste un detto: ciò che accade al Dante's, rimane nel Dante's.
A questo proposito, Judy non può entrare nella cittadella, sarebbe palese la sua provenienza.-
-E come farà a raggiungere il castello?-
-Sta tranquilla Ellen, ci separiamo qui ma riuscirò a trovare una via più incognita, ci ricongiungeremo quando sarete entrati.-
Lei annuì di rimando.
-Allora siamo pronti. Tu sei un angelo caduto che si è finalmente unito a noi, tu sei un'ibrida appena trasformata, tu e Moona sarete quasi identiche se non per le ali,ma credo che nessuno farà domande.-
-Speriamo almeno che abbia scelto un tavolo appartato-
-Questo dipende solo da lei, ma conoscendola avrà preso le sue precauzioni. Su forza andiamo.-
Si addentrarono nella cittadella con una tranquillità impenetrabile, l'insegna a neon del pub si intravedeva subito, il piccolo agglomerato di case era evidentemente riservato ad una parte limitata della popolazione.
Ellen su bloccò davanti alla porta, finché non avvertì le mani di Loch sfiorare le ali nere senza piume.
-Ehi, andrà tutto bene-
Dopodiché Dagon abbassò con forza la maniglia dopo averle lanciato un'occhiata di incoraggiamento ed entrò per primo facendo cigolare la porta in legno pesante.
I suoi occhi rossi scrutarono per intero il pub, salutò Harold, il barista, e trovarono una chioma nera nel tavolino piu lontano e isolato.
Si diresse con sicurezza e le poggiò una mano sulla spalla, la sentì sussultare e voltarsi di scatto.
Si alzò lentamente mentre guardava le altre due persone venire verso di lei, finché quella piccola ragazza, sua sorella, non si fermò.
Ebbero modo di guardarsi, la figura minuta ma formosa di Ellen,quella snella ed alta di Moona,le ali nere coperte di piume, quelle spoglie e lisce, i loro capelli identici, con poca differenza di lunghezza, la pelle bianca di porcellana,i lineamenti uguali a quelli della madre, gli occhi che assumevano due colorazioni doverse di azzurro, blu elettrico da un lato e quasi viola dall'altro, che si riempirono presto di lacrime.
-Sorellina...-
L'effetto di quella singola parola,non solo nello spirito, una scarica di brividi sulla schiena, le lacrime uscirono dagli occhi.
Si avvicinò alla sorella lentamente e lei, che era alta almeno una testa in più, aprì le braccia per stringere a se quella ragazzina, poggiando il mento sui suoi capelli.
-Quanto abbiamo aspettato...-
-Ho perso il conto dei giorni- rise Ellen, che si staccò e la guardò di nuovo.
-Dobbiamo parlare di così tante cose-
-Sediamoci-
-Neanche il tempo di guardarci in faccia e dobbiamo complottare su come uccidere nostro padre, ottimo direi.-
-Già...a proposito di questo, abbiamo convenuto tutti che l'unico modo è prosciugarlo-
-Ci costerà tantissimo. Dobbiamo uscirne vive, senza spingersi oltre il limite-
-Tanto io non ne uscirò viva lo stesso,alla fine.-
Moona rimase impietrita, Dagon le prese una mano.
-Samael, ricordi? Posso rischiare tutto.-
Passarono degli istanti di completo silenzio, finché Moona non si alzò di scatto.
-Ci conviene andare. È già abbastanza buio, passeremo per il giardino monumentale, inosservati-
Tutti annuirono ed insieme uscirono dal pub per poi spiccare il volo per una breve distanza.
Si fermarono ad un cancelletto di ferro nero che Ellen aprì senza problemi con un solo gesto.
-Pare che a papà piaccia molto l'arte- commentò camminando di fianco a sua sorella, ancora non si capacitava di poterlo dire.
-È così.- rispose scrutando le enormi sculture che popolavano quei giardini scuri.
-Dunque...non so cosa dire- cominciò Ellen.
-Non c'è molto da dire in fondo. Raccontami come è iniziata la storia, come hai scoperto tutto?-
-Per colpa sua- indicò con gli occhi Loch dietro di lei.
-È caduto dal Paradiso una sera in cui presa dalla rabbia stavo per compiere il rito della pazzia sulla mamma...-
-Cosa??-
-Ehi, tu non hai idea di com'è pensare di esser stati abbandonati! La odiavo.-
-Ragionevole.-
-Fatto sta che è piombato proprio nella chiesetta dove mi trovavo, interrompendomi.-
-Allora dovrei ringraziarlo- disse lanciandogli un'occhiata divertita.
-Esatto! Se avessi avuto un'altra traiettoria le cose sarebbero ben diverse adesso!- esclamò lui allineandosi ad Ellen e prendendole una mano.
- E a quanto pare sono andate benissimo le cose...-
-Tralasciando qualche dettaglio- disse Ellen gettando uno sguardo alle sue ali senza piume.
-Spero non sospetti qualcosa. Quando ha mandato Samael a ucciderti...debe aver capito che attingi dal suo potere-
-Devo coglierlo alla sprovvista-
-Per questo lui non dovrà vederti fino alla fine- intervenne Dagon.
-E come?-
-Devi colpire il suo cuore, al centro dei sotterranei del Castello. È li che ha rinchiuso la fonte della sua magia, poi se l'è cavato e lo ha blindato in una cripta.-le rispose.
-Amorevole...-
-Credo sia perché non voleva più provare amore, dopo vostra madre...- disse con amarezza, ma solo Moona poteva capire perché.
-Dici...che potrebbe averla amata?-
-Lucifero non conserva le sue prede se intende ucciderle, lo fa subito. È rimasto con lei per 5 anni, con una figlia che non sa di aver avuto davanti fino ad ora-
-Non sa ne anche che io esisto-
-No ed è meglio così,magari sarai tu a dirglielo sul momento- Dagon le rivolse un sorrisetto storto e maligno -sarà divertente.- ridacchiò.
-Siamo arrivati, per fortuna non ci passa nessuno di qui, è il posto preferito di papà quando esce di giorno-
-Stiamo calpestando suolo sacro quindi-
-Direi più suolo blasfemo-
Estrasse dalla tasca della giacca una piccola chiave arrugginita che aprì una porticina in un angolo, si trovavano sul lato in cui il Castello poggiava sulla terraferma, le mura viste dal basso erano ancora più mastodontiche, ciclopiche, tetre e bellissime.
Entrarono stando attenti che la porta non cigolasse, addentrandosi nei corridoi che andavano ad allargarsi mano a mano che procedevano verso il centro, scrutando ad ogni angolo se ci fosse qualcuno di passaggio.
Fino ad una sorpresa, non gradita, una figura snella e scura che si parò loro davanti sovrastata dalle ali, gli occhi penetranti neri come la pece, che subito si posarono su Ellen.

Cemeteries Of London (IN PAUSA) Where stories live. Discover now