Ode all'Abbazia nel Querceto

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L'"Abbazia nel querceto" è un olio su tela del 1809 di Caspar David Friedrich, pittore romantico tedesco.

Proprio l'altro giorno avevo in mano i miei vecchi appunti di storia dell'arte, e sono incappata nelle mie riflessioni su questo dipinto che aveva attratto particolarmente la mia attenzione.

L'opera ritrae una processione di frati che, mestamente, portano le ceneri di un loro confratello deceduto.
L'edificio al quale si recano è una vecchia abbazia (che ricorda molto quella di Eldena, in Germania) diroccata, usata ormai solo come cimitero, di cui non resta altro che la monofora centrale in pieno stile gotico, ubicata in un querceto nudo e scheletrico.

È un dipinto certamente cupo e tetro, viene quasi "spezzato" in due dalla fitta e bassa nebbia che avvolge la parte bassa del quadro. Gli alberi sono più sagome rinsecchite che querce vere e proprie, i frati sembrano fatti della stessa materia delle croci nere sparse sul terreno arido, l'alba crescente pare "bloccata", come se non volesse decidersi a illuminare la scena.
Se notate, in alto nel centro destra, spicca una mezzaluna... chiaro riferimento religioso all'Avvento di Gesù, come anche l'alba color grigio-rosea, che rinvia al tema della vita eterna, e i tre cerchi della monofora che fanno riferimento alla Trinità.
L'abbazia stessa, in decadenza, destinata alla rovina, è una dura critica alle istituzioni religiose di quel tempo.
Inoltre, se fate attenzione, osservate la disposizione dei frati... sembra che ognuno se ne vada per i fatti propri, non è così? Alcuni a gruppetti sulla destra, altri al centro, altri ancora a sinistra da soli o in coppia. Più che un corteo funebre sembra un cupo ritrovo di persone smarrite. Che sia anche questo un riferimento all'ipocrisia della Chiesa, tema che il pittore aveva molto a cuore? Personalmente, credo di sì.

Questo capolavoro mette a nudo la sua anima spoglia, vuota, scolorita, desolata, scheletrica e oscura.
Trovo che Friedrich sapesse esprimere in arte l'essenza che vedeva con gli occhi della mente come pochi altri suoi contemporanei.

E vorrei dunque dedicare a questo dipinto una poesia da me composta:

Ode all'Abbazia nel Querceto,
Che v'entra dentro,
Nelle ossa il freddo.

Taci, luce divina,
La morte vinci spergiura,
Oscura i cuori dei tuoi fedeli,
Scheletri opachi spiccano malsani.

Luna,
Tetra,
Non ridere della mia anima.

Avete nascosto nei cancelli la vita,
Di acqua santa è bagnata,
Nelle mani d'oro dolcemente cullata,
E mai restituita.

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