11. Stay with me

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«Sei stanco?»
Gli chiesi preoccupata. Stava camminando da più di due ore ormai, senza mai fermarsi, e mi portava in braccio.

«No, non preoccuparti. Non pesi molto»
Disse disinvolto, continuando a camminare. Ma si vedeva che era affannato. Io non potevo camminare. Quella dannata tagliola mi aveva ferito mezza gamba, in quel momento dolorante e immobile.

Eravamo stremati entrambi, e in più avevo un male cane, ma cercavo di non pensarci, e stringevo i denti pur di non sentire il dolore.

Mi aggrappai ancor di più a lui, e sistemai la testa nell'incavo del suo collo. Ormai non avevo dubbi. Per la prima volta in vita mia, mi ero innamorata di qualcuno, e sempre per la prima volta, i pensieri negativi non tornavano a tormentarmi. Infatti, l'amore ha anche questo potere: per quanto doloroso possa essere passato che ti porti addietro, esso riesce a sconfiggere anche quello, e regala felicità anche nei momenti più tristi. Soltanto tramite un sorriso della persona amata tutto si mette a posto, e tu sei la persona più felice del mondo.

Mi appisolai leggermente. La strada era deserta, c'eravamo solo noi.

«Siamo quasi arrivati» mi sussurrò lievemente.
Sbadigliai ed emisi un suono indecifrabile. Volevo soltanto dormire. Saranno state le due del mattino, e il povero James camminava continuamente, senza mai fermarsi, portandomi con sé tra le sue forti e possenti braccia.

Ecco. In quel momento, stavo bene. Se non avessi avuto una gamba quasi a brandelli, avrei potuto dire che stavo bene...

«Siamo arrivati» disse James, prima di poggiarmi delicatamente sul muretto di una casa. Una casa mai vista prima.
Lui prese una chiave da sotto lo zerbino, la imbucò nella serratura ed aprì la porta.

Mi riprese con sé, mezza dormiente, ed insieme entrammo in casa.

Accese la luce, motivo per cui dovetti chiudere momentaneamente gli occhi, che fino ad allora avevano visto solo il buio.

Davanti a noi si estendeva un corridoio, da cui sbucavano diverse porte.
Nella stanza a destra, si protraeva un tavolo rettangolare in legno, con quattro sedie disposte intorno e una cucina sempre in legno. Alla nostra sinistra invece, la camera da letto.

James mi portò lí, e mi stese sul letto dolcemente. Era un letto matrimoniale, e ai lati sorgevano due comodini.

«Torno subito, aspettami qui»
«D'accordo» annuii convinta, e lo seguii con lo sguardo mentre si allontanava.

Quella doveva essere per forza casa sua.
Mentre mi guardavo intorno, per focalizzare meglio l'ambiente circostante, la mia attenzione si focalizzò su una foto incorniciata, retta su uno dei due comodini, quello a destra del letto.

Ritraeva una ragazza sorridente, una ragazza molto bella e solare, con un sorriso da mozzare il fiato. Non pensavo fosse la foto di sua madre da giovane, era troppo recente per ritrarre una donna negli anni '80. La ragazza in foto avrà avuto si e no una ventina d'anni.

«Eccomi»
Sobbalzai sul posto. Ero talmente assorta nei miei pensieri da non averlo sentito varcare la soglia.

Si sedette sul bordo del letto, e aveva in mano delle bende, del disinfettante e un sacchetto di batuffoli di cotone.

Solo in quel momento mi resi conto che avevo i pantaloni a brandelli, zuppi di sangue, e la gamba... beh, quella stava messa proprio male.

Con un gesto improvviso e veloce, strappò la metà rotta e insanguinata dei pantaloni, e la buttò per terra.
Prese una quantità abbondante di bianco cotone, e lo intinse in quel liquido trasparente contenuto in una boccetta blu.

You're not Alone • James Maslow Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora