29. Club M

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[Piccolo spazio autrice: in qualsiasi punto della storia, se troverete parti scritte in corsivo vuol dire che non è Jodie a narrare secondo il suo punto di vista, bensí è un narratore esterno che racconta. Buona lettura!]

Sebbene avesse avuto quella reazione efferata ed improvvisa, alla fine James si convinse a dirigersi verso il luogo del club, e senza fare storie come al suo solito. Anzi, al contrario, sembrava non aspettasse altro.

Dopo aver imboccato diverse curve, accompagnati da un intramontabile silenzio, sbucammo in quella che veniva solitamente indicata con il nome di Riverside Avenue, una zona dedicata principalmente a motel e locali notturni. Uno di questi era proprio il Club M, nightclub di Olivia.

Lo riconoscemmo per mezzo di un inequivocabile graffito a forma di "M" posizionato al centro del muro.
James parcheggiò la Chevrolet ed uscì da essa, seguito da me.

Mi affrettai a raggiungerlo, dato il passo estremamente accelerato che portava, quasi come se avesse fretta di entrare lì dentro. E questo mi insospettiva. Cos'era successo lí dentro?

Ma i miei sospetti erano destinati ad essere messi da parte in quanto appena avvistai Olivia dallo spiraglio della porta, mi concentrai soltanto a raggiungerla e salutarla, e ai miei sospetti non ci pensai più. Attorno a me si spandeva un'enorme sala, con molti tavoli, una console da DJ con impresso il marchio del locale, un tavolo da bar con diverse sedie.

«Jodie!» esclamò tutta felice appena mi vide entrare.
«Olivia» dissi poco prima di andarle incontro e salutarla con un abbraccio.

«Ero sicura che saresti venuta, ma non così presto!» esclamò felice staccandosi dall'abbraccio.
Poi si accorse di James ed educatamente gli strinse la mano, presentandosi.
«Piacere, James»
«Olivia» rispose lei agitando la stretta.
«Sai che Jodie mi ha parlato di te?»
«Ah, davvero?» chiese James spostando lo sguardo su di me.
«Spero per lei che abbia detto cose buone» affermò sorridendomi, al che gli feci una linguaccia, proprio come fanno i bambini capricciosi.

«Allora, a cosa devo la visita? » domandò con un sorriso smagliante in volto.
«Olivia, ho bisogno di un favore » affermai implorandola con lo sguardo.
«Si, dimmi tutto»

Guardai prima James, il quale non aveva la minima intenzione di parlare, poi Olivia. Esitai un po', ma alla fine riuscii a parlare. Certo che un po' di vergogna la sentivo.
«Potresti assumere qualcuno di noi due a lavorare per te?»

Nel momento in cui le porsi questa domanda, un'uomo si avvicinò a noi, un'uomo non dall'aria fiduciosa, con capelli grigi lunghi, un pizzetto dello stesso colore e uno sguardo che non destava particolare simpatia.

«Olivia!» chiamò, al che lei si voltò e gli sorrise ampiamente.
«Kipling» si voltò nuovamente verso di noi e ci informò che quello era suo marito, nonché proprietario del club.
Mi voltai verso James e rimasi sorpresa dalla sua espressione che scrutava quell'uomo da cima a fondo, e lo guardava con odio.
Non mi risultava che si conoscessero. James abitava a New York, casa sua era lì, e non riuscivo a capire in che modo potessero essersi incontrati.

«Loro sono Jodie e James » disse all'uomo accanto a lei. Quest'ultimo strinse la mano a James, il quale sembrò piuttosto riluttante, e prese lentamente la mia per baciarmela, guardandomi negli occhi.
Certo che quell'uomo era inquietante, e fu così che presi la decisione di far assumere lui, io ne avevo fin abbastanza di passare le notti intere sui cubi a ballare con la musica a palla, e in più non mi andava di lavorare per tipi all'apparenza così loschi.

You're not Alone • James Maslow Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora