21. Secrets

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"E tanti cari saluti alla dieta" disse sarcastico notando il mio piatto già pieno.
"Sazia gli affamati, disse un tale..."
"Si, ma il problema é che saziare te é una vera impresa".
Nascose un evidente sorrisino sotto il naso, motivo per cui dedussi che il senso della frase non era quello che intendevo io, ma molto più oscuro e nascosto dietro due occhi maliziosi, come il sorriso che aveva tentato di nascondere per rimanere serio.

"Mi ricordi come sono riuscita a scappare con te?" ribattei inarcando un sopracciglio.

In tutta risposta, rise e scosse la testa, continuando a scegliere tra le varie bontà esposte in forma di buffet.

Su quei tavoli attaccati tra loro, e ricoperti da una tovaglia gialla di tessuto molto spesso, c'era di tutto e di più, una vera tentazione per il palato.
A cominciare dalle bevande, si proseguiva alle fette biscottate con i vari tipi di marmellata, e alcuni tipi di frutta.
Nel tavolo di mezzo, era concentrato il mio interesse: cornetti, cioccolato per riempirli, crostate, torte al cacao, e tanto, ma tanto altro.
Avevo optato per tre cornetti, con altrettante vaschette di crema alla nocciola, qualche fetta di torta al cacao, una fetta di crostata, mentre il povero James teneva ancora in mano il piatto vuoto, a eccezione di un cornetto e una fetta di crostata.

Il mio interesse si spostò subito sulla macchina del caffè, posta accanto ad una montagna di diversi tipi di tazze apposite per ciascuna bevanda che la macchina offriva.

Premetti il pulsante in corrispondenza della scritta 'caffè corto', e subito dopo un liquido marrone riempì la piccola tazza che tenevo in mano.

Fui imitata da James, il quale mi seguì, andando a sedersi di fronte a me.

"Dovremmo trovare una casa, lo sai, vero?" chiesi afferrando una bustina di zucchero dal vassoietto posizionato nel bel mezzo del tavolo.
"Si, avevo già pensato a questo. Oggi stesso mi darò da fare, cercherò un lavoro e una casa"

E continuavo a girare il caffè con il cucchiaino, fissando il vuoto, mentre innumerevoli dubbi e domande cominciavano a nascere e a farsi vivi nella mente. Non ero sicura che non avremmo corso rischi. E nonostante fossimo sull'altra sponda dello stato, sentivo che da un momento all'altro i poliziotti avrebbero potuto irrompere e catturarci, quando meno ce lo saremmo aspettati. E a tal punto, sarebbe stata davvero la fine.

"Sei sicuro di quello che stiamo facendo?"
Non sapevo neanch'io da dove mi fosse venuto quella domanda. Era sorta spontaneamente. Non ero assolutamente pentita di essere scappata insieme a lui, poiché io lo amavo e insieme a lui sarei potuta andare dovunque, se soltanto me lo avesse chiesto. Dunque, perché avevo dei dubbi?

Per un momento parve spiazzato, non si aspettava una domanda del genere, e francamente nemmeno io.

"Che vuoi dire?"

Già, che volevo dire?

"Cioè, sei sicuro che qui siamo al sicuro?"
Mi guardò con sguardo interrogativo, scrutandomi attentamente
"Sì, un poco contorta come frase, ma si capisce. Pensi davvero che qui non corriamo rischi?"

"Fidati. Venire qui era la cosa migliore. Per tutti e due" disse prima di bere qualche sorso di caffè dalla sua tazza marrone.

Addentai ciò che mi capitò sottomano, era la torta al cacao.

"Perdona la mia impertinenza ma... perché proprio a Los Angeles? Insomma, ci sono molti altri posti"

"Fidati. Staremo bene qui"

A quel punto cominciai ad alterarmi seriamente. Io ero dentro quella storia esattamente quanto lui, e avevo il diritto, se non il dovere, di sapere il motivo preciso per il quale avevamo affrontato quasi due giorni di viaggio in auto attraversando gli Stati Uniti, da sponda a sponda. Ne avevo eccome il diritto!

You're not Alone • James Maslow Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora