"Ora dove si va?" domandai all'uomo alla mia sinistra, intento a fare retromarcia.
"A cercare casa, non possiamo vivere in un albergo per tutta la vita" rispose semplicemente, senza neanche guardarmi in faccia.
Ecco. Tale e quale a mio padre, ora faceva la parte dell'offeso, quando invece quella offesa avrei dovuto essere io.
Quando gli sarebbe passata? O meglio, quando ci sarebbe passata?Mi voltai verso il finestrino per tutto il viaggio, fissando le persone che vagavano continuamente tra il caos di una Los Angeles attiva, viva.
Inesorabilmente, la mia attenzione cadde su una famigliola: madre con un sorriso mozzafiato, padre dai lineamenti fortemente maschili ma con un'espressione da bambino, abbracciato alla loro figlia di almeno dodici anni. Sembravano così sorridenti, così spensierati, sembravano così felici.Un briciolo di nostalgia e di rimpianto si fece vivo nel mio cuore in quel momento, ricordandomi che ormai io non potevo più godere del privilegio di cui beneficiava quella bambina, attaccata a suo padre.
Tieniteli stretti finché puoi, non allontanarti mai da loro, perché non esisteranno per sempre. Sii felice con loro finché puoi. Amali più che puoi, perché anche loro ti amano.
Avrei voluto dire questo alla bambina, avrei voluto che sapesse questo.Sentii l'auto rallentare progressivamente, finché non si fermó del tutto. Mi riscossi e posai lo sguardo su una modesta casa sormontata da un cartello 'VENDESI O AFFITTASI' e con scritto il numero di telefono al quale rivolgersi.
"James, noi non abbiamo un telefono" gli feci notare.
"Useremo quello pubblico, guarda, lì c'è proprio una cabina"Voltai lo sguardo sulla cabina, e poi su di lui.
"James, quella cabina avrà più di trent'anni, non funziona, è rotta, andata..." almeno uno tra questi aggettivi lo avrebbe capito.
"Non si sa mai..." disse guardandomi inarcando un sopracciglio, con quello sguardo capace di scatenare un brivido improvviso sulla schiena.Uscì dall'auto, e io con lui. Si avvicinò al telefono, mentre io lo guardavo con le mani ai fianchi, pronta a dirgli 'te l'avevo detto io'.
Come era naturale che accadesse, il telefono, con l'input di una moneta, cominciò a emettere bip, cosa che mi fece guadagnare un'occhiata da James, che in quel momento faceva la ruota come un pavone. Era scontato che avesse ragione lui, solo che per una volta avevo sperato di potergli dire la solita frase che dicono tutte le donne ai loro mariti: 'te l'avevo detto io!'
E invece, il destino era tanto bastardo da farmelo apposta, e in più mi faceva andare in bestia il fatto che probabilmente quella era l'unica cabina telefonica funzionante del pianeta."Pronto? Salve, chiamo per quella casa da affittare..."
Mi avvicinai, ascoltando ciò che diceva la persona al di là della cornetta.
"Ah bene" rispose una voce maschile.
"É già lì?" continuò la voce.
"Guardi, siamo davanti casa sua, e ci interesserebbe affittarla"
"Va benissimo, sarò lì fra un momento"James rimise la cornetta al suo posto, per poi voltarsi lentamente verso di me, con uno strano ghigno sul volto.
"E così era rotto eh? Be', a meno che non abbia appena immaginato la conversazione con il tizio della casa, non so davvero con chi ho appena parlato"Feci un sorrisetto di circostanza e lo spintonai scherzosamente, si fa per dire, verso l'auto.
"Ehi, vacci piano con quelle zampacce!" mi rimproverò scherzosamente, anche questo si fa per dire.
"E muoviti, non fare il bambinone" lo schernii, al che mi rispose con una linguaccia talmente buffa da farmi scappare un risolino.
STAI LEGGENDO
You're not Alone • James Maslow
Fanfiction•Ispirato a 48 hours to live• Una giovane solitaria, rimasta orfana all'età di diciassette anni, di conseguenza sviluppa un carattere freddo, privo di emozioni, che la porterà ben presto a commettere un passo falso, motivo per cui finirá in prigione...