9. I'm not alone

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Ci fu una svolta decisiva nel nostro rapporto...

Qualche settimana dopo, accadde qualcosa, qualcosa che fu un piccolo passo in avanti per noi due.
Nelle solite ore in cui ci permettevano di uscire, successe l'impensabile.

Uscimmo normalmente, come tutti i giorni. Ormai avevo fatto l'abitudine a quello stile di vita, sebbene non mi fossi mai adattata per niente al cibo, e mai ci sarei riuscita.

Ricordo che me ne stavo tranquilla, seduta su un muretto, senza fare nulla. Semplicemente guardavo il cielo sereno di fine giugno, e pensavo, spaziavo con la mia mente verso gli argomenti più assurdi.

Senza che me l'aspettassi, mi arrivò una pallonata nello sterno.
Sobbalzai, e afferrai subito il pallone. Mi guardai intorno, ma non vidi nessuno.

"A qualcuno piace scherzare" pensai tra me e me.

Presi il pallone, e iniziai a palleggiare con le mani, giusto perché non avevo nient'altro da fare.

Solo dieci secondi, e fui colpita da un altro pallone.
Mi infuriai.
«Adesso mi sen...» le parole mi morirono in gola, quando davanti a me si presentò un James sorridente più che mai, e l'incazzatura mi passò subito.
Non mi sarei mai aspettata di vederlo così: spensierato, amichevole. Per una volta mi stava dando delle attenzioni, sebbene essere presa a pallonate non fosse l'attenzione che avrei voluto da lui.

Lo fissai incredula, quasi spaventata.
Non poteva mica essere vero, forse era tutto solo frutto della mia fervida immaginazione.
Ma non era affatto così.

Lui era davvero davanti a me, con un sorriso a trentadue denti, e mi fissava con aria divertita

«Ti va una partita?»
Chiese iniziando a palleggiare quello che credo fosse il terzo pallone che prese dal deposito.

«Se volevi giocare non c'era mica bisogno che me lo chiedessi tirandomi pallonate addosso... Potevi dirmelo e basta...»

Questo mio commento sembrò divertirlo, in quanto scoppiò in una risata, che contagiò subito anche me.
Infatti, subito dopo mi ritrovai anch'io a ridere.

Mi passò la palla, e insieme cominciammo a giocare, a passarci quella palla a vicenda.
Improvvisammo qualche tiro libero.
Io mi parai davanti quella che avrebbe dovuto essere una porta, senza rete però...

Passò così il pomeriggio. Lo trascorremmo giocando, ridendo e scherzando, proprio come vecchi amici. Finché non accadde, ciò che cambiò praticamente tutto, ciò da cui tutto scaturì...

Feci finire il pallone lontano dal campo, e insieme andammo a recuperarlo.
Non riuscendolo a trovare, ci dividemmo a cercarlo.

Feci un giro completo del carcere, e ben presto mi ritrovai in un luogo lontano da dove ero partita.
Ero sola, in un posto abbandonato, proprio al limite delle mura che chiudevano questo edificio dal mondo circostante.
Cercai con lo sguardo quel benedetto pallone, ma non lo vidi.
Stavo per tornare indietro quando il mio sguardo finì su una buca. Una buca piuttosto strana.
Mi avvicinai alla buca, mi abbassai cautamente, e notai che era piuttosto profonda.
Presi l'elastico che tenevo sempre come un bracciale, e raccolsi i miei ricci biondi in una coda bassa disordinata. Era tecnicamente impossibile fare di quei capelli una coda non dico perfetta, ma per lo meno lontanamente "normale".

Lo chiamai. «James!»
Lui venne dopo alcuni secondi.
«L'hai trovato?»
«Deve essere qui dentro. Ma dico, non potevi prenderne un altro dal deposito?»
«Questo era l'ultimo...»
«Certo, pure sgonfio...»
Rise alla mia battuta. Tra noi si respirava un'aria di amichevolezza. Finalmente era sparita quella sorta di barriera che si era creata tra noi due fin dal primo minuto. Se non era sparita del tutto, almeno stavamo cominciando a dialogare.

You're not Alone • James Maslow Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora