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Sei mesi dopo 

''chi a che fare con me deve soffrire''  

Era il classico freddo di Febbraio,il mio compleanno era appena passato,ero diventata più grande,più consapevole.

Che dire,mi trovavo su un treno ad alta velocità,una valigia piena di dolore.

Stavo andando dalla mia Taccio.

Appena mi arrivò la chiamata fu una distruzione di me stessa,fu un suicidio istantaneo.

Vale era partita il giorno prima,gli altri erano già nel nostro posto. Volevano starmi vicino anche se non c'era bisogno. 

Prima di salire sul treno mi sono bevuta mezza bottiglia di Bourbon. Il  punto della situazione qual è? Michael mi aveva contattato,mi inviava lettere,e mi aveva chiamato tutte le sere,ci siamo promessi di aspettarci,che questa estate ci avremmo riprovato,che lui avrebbe provato ad essere più sensibile e ad amarmi come ne ho bisogno e io gli ho promesso che sarei stata sempre al suo fianco dandogli tutte le attenzioni possibili.

Tutte queste promesse ovviamente si sono distrutte,dopo la chiamata di sua madre,piangeva,era disperata. Non capivo,neanche dopo che me l'avesse detto. Gli altri lo seppero poco dopo,non da me. Mi chiamarono e io dissi che avevo già fatto il biglietto. 

Ero così felice,quell'anno scendeva tanta neve al nord,aveva reso gli alberi bianchi,pieni di neve fresca e non c'era più quell'odore di smog. Anche se il mio mare era dentro di me,appena guardavo la mia bottiglia. 

Piansi tutto il viaggio,fumai tantissimo e l'alcol mi faceva provare meno dolore. Pensavo che appena fossi scesa giù le cose si sarebbero aggiustate,ma in me lo sapevo. Sta volta l'ho perso veramente.

Le persone non erano felici sui vagoni,io ero sola,guardavo fuori dal finestrino. Non ero felice nemmeno io,strano,stavo andando dalla mia taccio.

Provai a chiamare Michael,molte volte,ma mi rispose la segreteria telefonica,così gli mandami molti messaggi insultando,dicendoli che non pensavo che dovessi soffrire così tanto,che se sapevo che sarebbe finita così non ci avrei mai provato. Ma di lui nulla. Alla fine gli dissi di tornare,che io lo stavo aspettando. Ma anche in quel messaggio non ci fu nessuna risposta.

Dal finestrino si intravedeva il mare,il mare d'inverno,che si stava preparando per l'arrivo del sole.A taccio non nevicava,c'era un cielo grigio,ma i fiocchi lì non scendevano mai.

Mi faceva male la testa. Inviai un messaggio a sua madre dicendole che mi sarei fatta vedere il giorno dopo il mio arrivo,che non ce la facevo ad andare a casa loro in quelle condizioni.

Sapevo che erano tutti a casa mia. Lo sapevo,sapevano anche quanto fossi vulnerabile,quanto stessi rischiando di perdere anche me stessa in questo labirinto,perchè è così quando ami una persona. Perchè io amo michael.

Appena scesi riconobbi il mio luogo,la mia città,le persone che camminavano,le mamme con i figli per mano,sempre felici e calorosi,loro non cambiavano mai,gente che si salutava da una macchina all'altra creando traffico e le persone dietro che aspettavano senza andare in escandescenza,tanto anche loro lo facevano,volevo passare da cosi tanti luoghi. Il ''the sun'' non c'era,era vuoto,ancora non avevano montato i lidi,infatti non c'erano ombrelloni,c'era solo spiaggia,coppie amorose che camminavano,gente con il proprio cane che giocava rincorrendosi a vicenda. E poi c'ero io che stavo andando a casa mia,a piedi,non me la sentivo nemmeno di prendere un passaggio,infatti volevo sbrigarmi così che nessuno mi potesse vedere e caricare su come fanno al loro solito,ma anche se volevo muovere le mie gambe veloci,non riuscivo,la valigia mi faceva andare lenta o forse era il mio cervello.

Seppi solo che appena fui davanti alla porta di casa,mi accesi una sigaretta e tirai un calcio alla porta spalancandola,Andrea venne subito verso di me e mi prese la valigia portandomela in camera. Rimasi sullo stipite della porta,gli altri si avvicinarono a me,guardandomi come un reperto archeologo,scoppiai a piangere come una bambina,loro mi abbracciarono. Mi portarono in cucina e mi fecero sedere su una sedia. Mi diedero un posacenere e il destino volle che fossi ancora nella stessa casa a piangere per la stessa persona di sempre.

Nessuno parlava,si misero a fumare insieme a me. C'era il silenzio a casa,neanche la radio accesa,lo strumento che non mancava mai,dove c'ero io,c'era casino. Ma sta volta no,mi portavo dietro rimorsi e sensi di colpa. Puzzavo di alcol,me lo sentivo addosso.

Jacopo mi fece una tazzina di the caldo con un po' di limone.

<<Fa freddo,non siamo abituati a stare qui in queste condizioni>>

Dissi con la voce rauca e bassa.

Nessuno mi rispose.

<<Mi ha lasciato,è finita veramente>>

Proprio così,michael mi aveva lasciato,il suo corpo l'abbandonò,il suo cuore non riuscì più a battere nemmeno per se stesso,lasciandolo addormentarsi in un sonno profondo per sempre.

Succede proprio così,michael morì,la gelida notte del 7 febbraio. Svegliandomi nella notte,un incubo mi aveva fatto passare la voglia di dormire,la stavo cedendo a lui e un'ora dopo mi arrivò la chiamata di sua madre. Non si sa per cosa ci avesse lasciato,non si sa se fosse per quella merda,se fosse per lo stile di vita o semplicemente per il pensiero che nessuno l'amasse,per malinconia e solitudine.Michael,senza di me,era solo.

Poteva avere tutte le donne del mondo,ma avevo ormai capito che voleva me,che avrebbe fatto di tutto,stava smettendo,almeno così credo.

<<ho sentito sua madre,domani abbiamo il funerale>>

Mi disse luisa.

Le annuì.

<<Mi sento morire dentro>>

La colpa è mia,non doveva andare così,dovevamo reagire insieme,ce lo avevamo promesso,io con lui e lui con me. Mi doveva dare la forza per andare avanti al nord. Ma in verità dovevo dargli io la forza,non mi sono accorta di nulla,non mi sono accorta che giorno dopo giorno,stava diventando sempre più stanco. Non l'ho potuto aiutare,e io aiuto sempre tutti.

Un'altra morte,dopo barbie,eccoci qua.

Sapevo che tutti stavamo pensando a quello,perchè nel bene o nel male,michael era entrato a tutti. Anche con l'odio che provocava.

<<Vado a farmi una doccia>>

Dissi alzandomi. Appena girai l'angolo,loro si misero a parlare,dicendo che una botta così non serviva a nulla,che non doveva succedere,non adesso. 

Io volevo una famiglia,io volevo un bambino,io volevo sognare con lui.

Mi spogliai e mi guardai allo specchio,il mio tatuaggio sempre lì,lo sfiorai e mi venne la pelle d'oca,dopo di lui nessuno mi toccò,nessuno riuscì ad avermi. Volevo solo di essere di una persona,appartenere a lui. Mi provocai leggeri brividi e mi abbracciai da sola. La collana era lì,me la sfiorai e chiusi gli occhi,le lacrime scendevano silenziose,il getto dell'acqua calda era aperto e appena entrai mi ustionai la pelle,non respiravo per via del calore che mi rubava tutto l'ossigeno,mi sentivo in un grembo materno.Caddi per terra,strisciando sul muro,l'acqua mi scendeva sui capelli,mi buttai la testa sopra le ginocchia e pensai a tutti i nostri momenti,alle nostre voglie e alle nostre litigate.

Dovevo essere forte. 

Ma in me lo sapevo,non avrei mai amato una persona così tanto come ho amato lui. 

Nessuno era degno del mio amore quanto lui.

Mi addormentai nel nostro letto,guardando il mare dalla finestra come tante altre volte che avevo fatto con lui,la sua maglietta mi stringeva in me,e aggrappata al cuscino dove dormiva lui,cercavo il suo odore che ormai dopo tutto quel tempo non c'era più che era scomparso. 

Quella sera dormì da sola,non volli nessuno,volevo stare con i miei pensieri. La delusione di non avercela fatta. Aveva vinto lui.Mi ero promessa di non stare male,ma questo male è troppo forte.

La coperta mi teneva al caldo e immersa nel buio totale con solo la luna che brillava in alto e illuminava le strade,rimasi sveglia a bere e fumare,tutta la notte.

Lasciando che Michael mi mangiasse dentro anche a me. 


Resta EstateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora